Storia

Carlo Emanuele II di Savoia: la storia del Duca innamorato

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Carlo Emanuele II lanciò il Piemonte verso la ripresa economica, promulgando nuove riforme sociali e amministrative

Oscurato per gran parte della sua adolescenza dalla figura della madre Cristina di Borbone, Carlo Emanuele II di Savoia viene ricordato come uno dei primi monarchi sabaudi che si avvicinò veramente al suo popolo.

In vita si trovò a dover “piemontesizzare” il Ducato che si stava lentamente tramutando in una piccola Parigi, data la francofilia della Madame Reale.

Vittima per gran parte della sua vita delle strategie matrimoniali della madre, Carlo Emanuele II dimostrò più volte di avere il cuore facile. E, così, innamorarsi dell’ennesima principessa che arrivava a corte era ormai diventata una consuetudine.

Durante il suo regno il Duca decise che era il momento per il Piemonte di diventare un grande stato e la capitale Torino una grande metropoli.

Alla sua reggenza infatti si devono le commissioni dei progetti per molti luoghi simbolo di Torino.

Carlo Emanuele II di Savoia

Carlo Emanuele II di Savoia nasce a Torino nel 1634

Nato nell’ormai capitale del Ducato di Savoia, Carlo Emanuele II fu il secondogenito di Vittorio Amedeo I e di Cristina di Borbone

Quest’ultima, sorella di Luigi XIII, divenne erede al trono nel 1638 con la morte precoce del fratello Francesco Giacinto.

Durante gli anni della guerra civile piemontese tra i “madamisti” e i “principisti“, sostenitori di Tommaso Francesco di Savoia-Carignano, visse sotto la tutela della madre. La sovrana lo allevò istruendolo alla totale dedizione verso la causa francese e tenendolo lontano da ogni responsabilità di governo.

Con la fine del conflitto nel 1642, alla corte di Torino rimaneva ancora una forte influenza straniera, apprezzata e accolta dalla gran maggioranza dei cortigiani.

Le dame indossavano vestiti francesi e a Palazzo si parlava la lingua franca.

Il cuore di Cristina di Borbone, insomma, batteva ancora per la sua patria natia e non per il Ducato di Savoia del quale era duchessa.

L’esercito francese occupava ancora la pianura piemontese tra presidi e accampamenti, sfruttando del vitto offertogli dalle tasche reali, i soldi dei cittadini sostanzialmente.

Ma solo negli anni che seguirono il corpo di spedizione transalpino cominciò a ritirarsi, abbandonando il suolo piemontese 12 anni dopo la fine della guerra.

Nel 1659, infatti, la fine della guerra franco-spagnola, con la firma della Pace dei Pirenei, permise al Ducato di Savoia di reintegrare alcuni territori. Grazie al Trattato di Cherasco sancito ai tempi di Vittorio Amedeo I.

Dopo quattro anni morì Cristina di Borbone per la felicità di molti cortigiani e anche in parte dello stesso Carlo Emanuele II.

Nonostante il Duca fosse sovrano legittimo dall’età di 15 anni, la guida del Ducato di Savoia rimase per molto tempo nelle mani della madre.

La Madama Reale cercò in ogni modo di allontanare il figlio dagli affari di governo, circondando di belle donne e festose amicizie per distrarlo.

Con l’intento di assicurare un erede al trono alla dinastia sabauda, Cristina di Borbone architettò il matrimonio del figlio con una sua nipote, Giovanna Battista di Savoia-Nemours.

Carlo Emanuele appena la vide se ne innamorò subito, mandando tuttavia all’aria i piani della madre che avrebbe preferito evitare l’invaghimento del figlio.

Come conseguenza Cristina annullò, quindi, il matrimonio per poi far arrivare a Torino un’altra nobile francese, Giovanna Maria di Trécesson.

Inevitabilmente Carlo Emanuele dimenticò senza troppi problemi la cugina, per innamorarsi delle nuova arrivata. I due non si sposarono mai ma al contempo ebbero tre figli.

Il Duca si sposò poi nel 1663 con la nipote di Luigi XIV, Francesca d’Orleans

Fu un matrimonio felice, ma sfortunatamente di breve durata.

Francesca perse la vita un anno dopo le nozze nel 1664 e Carlo Emanuele si trovò, così, senza la madre e senza la sua amata.

Per questa ragione decise quindi di convergere tutte le sue attenzioni verso il Ducato.

Quando la madre Cristina era ancora in vita, si trovò a guidare uno stato stremato dalle guerre. Dotato di un sistema politico-burocratico ancora lacerato dalle divisioni tra filo-francesi e filo-spagnoli.

Con il proposito di superare la soggezione agli ordini materni, Carlo Emanuele II decise di riprendere alcune linee tradizionali dell’espansionismo sabaudo, come il recupero di Ginevra e di altre terre savoiarde, insieme all’annessione di Genova.

Tuttavia dovette prima fare i conti con l’ingerenza politica della corte di Parigi, che si manifestò subito in merito alla questione ginevrina.

I piani del Duca trovarono quindi nel 1667 l’opposizione della Francia.

Quest’ultima che non intendeva consentire alcun tipo di iniziativa indipendente del governo di Torino.

In compenso il bilancio dei primi anni del regno di Carlo Emanuele II di Savoia fu più che positivo. Nel campo delle politica interna, grazie a tutta una serie di riforme che mirarono ad affermare l’autorità del principe e ad avviare un programma di intervento di tipo mercantilista nell’economia.

Il Duca si impegnò per potenziare il commercio e l’industria del Piemonte, grazie all’aiuto del ministro Giambattista Turchi, detto anche “il Colbert piemontese“.

Le attività intraprese da Carlo Emanuele II consolidarono lo stato per legittimare le stesse ambizioni espansiva sabaude sostenute da una radicale riforma dell’ordinamento militare.

A seguito del licenziamento dei mercenari, il Duca costituì 5 nuovi reggimenti militari completamente piemontesi. Ma anche la ristrutturazione delle fortezze danneggiate durante la guerra e il ripristino della Cavalleria.

Queste iniziative consentirono quindi di tentare nel 1672 la conquista della Repubblica di Genova, che purtroppo non ebbe effetto a causa dell’ancora insufficiente preparazione tecnologica e strategica dell’esercito ducale e della pronta reazione della Repubblica Ligure.

Malgrado il negativo esito militare e diplomatico, Carlo Emanuele II riuscì a mantenere fino alla morte la fama di Duca intento a limitare il potere delle grandi famiglie aristocratiche e aperto alle richieste dei ceti popolari.

Nel 1661 infatti, il Duca istituì una sorta di primordiale Scuola Pubblica, finanziata con i soldi del Comune.

E allo stesso modo si impegnò per migliorare la qualità della vita dei suoi sudditi, bandendo l’accattonaggio e commissionando all’Ospedale di Carità la cura dei vagabondi e dei mendicanti.

Carlo Emanuele II di Savoia

Carlo Emanuele si impegnò fortemente anche per rinnovare la capitale

Torino vide un nuovo periodo di splendore, ripreso poi dai regni di Giovanna Battista di Savoia-Nemours e da Vittorio Amedeo II.

La corte sabauda richiese l’intervento di celebri artisti italiani, tra i quali Carlo di Castellamonte e Guarino Guarini, che diedero vita ad alcuni dei più celebri luoghi simbolo dal capoluogo piemontese.

Durante il regno di Carlo Emanuele II infatti vennero creati il Castello di Rivoli e Piazza San Carlo. Così come anche si progettarono la Cappella della Sindone, la chiesa di San Lorenzo e la Chiesa dell’Immacolata.

Il Duca perse la vita nel 1675, aveva solo 41 anni

Contrasse la malaria e sul letto di morte strinse fino alla fine le mani del suo primo vero grande amore, Giovanna Battista, che aveva sposato nel 1665, insieme a quelle del figlio ed erede al trono Vittorio Amedeo II.

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