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Vittorio Amedeo I di Savoia: un Re senza identità

Da Simone Nale

Luglio 12, 2021

Dipinto di Vittorio Amedeo I di Savoia

Vittorio Amedeo I di Savoia nacque a Torino l’8 maggio del 1587

Figlio secondogenito di Carlo Emanuele I e di Caterina di Spagna, trascorse gran parte della sua infanzia fuori dai confini del Ducato di Savoia.

Dopo la morte della madre, le speranze di ereditare la corona spagnola portarono Carlo Emanuele a inviare i suoi tre figli alla corte di Madrid. Qui completarono la loro educazione.

Era il 1603 e Vittorio Amedeo I non era neanche vent’enne quando insieme Filippo Emanuele ed Emanuele Filiberto si trovava in una corte sconosciuta e anche a tratti ostile nei confronti dei principi piemontesi.

La situazione peggiorò drasticamente quando, alla morte del fratello primogenito Filippo Emanuele nel 1605, divenne erede al trono del Ducato.

Un nuovo peso politico per il quale dovette tornare a Torino in modo da partecipare alle attività paterne. Iniziando un duro tirocinio politico-militare in pieno stile Savoia.

Carlo Emanuele considerava infatti i propri figli come dei coadiutori del potere regale. Affidandogli spesso incarichi diplomatici e missioni delicate per le quali non erano ancora qualificati nel migliore dei modi.

Proprio in quest’ottica infatti, Vittorio Amedeo I di Savoia venne di nuovo inviato in Spagna nel 1613. Un trasferimento per risolvere le controversie sulla successione dei Gonzaga (alleati alla Spagna) sul trono del Monferrato.

Tuttavia il viaggio si risolse in una vera e propria debacle diplomatica

Questa fece presagire un nuovo conflitto armato all’orizzonte, dal quale il Piemonte non poteva tirarsi indietro.

Le vicende di quegli anni contribuirono da un lato a temprare il carattere del giovane principe, già di natura riservata, mentre dall’altro invece l’educazione militare giovò per la chiamata alle armi in difesa del Ducato di Savoia.

Occasioni nelle quali Vittorio Amedeo I dimostrò di avere grandi doti di coraggio e carisma. Ciò nonostante agli occhi del padre appariva comunque eccessivamente prudente e poco incline a grandi progetti e imprese rischiose.

Superati ormai i trent’anni d’età cominciarono a palesarsi gli intricati progetti matrimoniali, che in primo momento videro il rifiuto delle proposte spagnole. Ma poi nel 1619 si conclusero con un solenne matrimonio con la sorella di Luigi XIII di Francia, Maria-Cristina di Borbone, la futura “Madama Reale”.

I nuovi coniugi restarono a Parigi durante i primi mesi di nozze, per poi raggiungere Torino in modo da dare inizio ai festeggiamenti.

Nella capitale del Ducato subalpino, Cristina portò quella spensierata atmosfera che ormai da tempo si respirava a Parigi, lanciando feste e attività mondane. Eventi a cui quali Vittorio Amedeo I di Savoia partecipava spesso ma malvolentieri, preferendo lunghe passeggiate nelle campagne torinesi sebbene amasse suo moglie profondamente.

In questo modo la politica sabauda cominciò ad orientarsi al di là delle Alpi. NAcque così l’idea di un disegno di una grande coalizione “mittel-europea” contro l’Impero Spagnolo.

Ma una volta apertasi la secondo crisi di successione per il trono di Mantova nel 1627, contesto appunto tra Francia e Spagna, la posizione stessa del Ducato sabaudo compromise fortemente il suo status quo.

Ritratto in età giovanile di Vittorio Amedeo I Savoia

La morte di Carlo Emanuele I nel 1630 lasciò al principe un paese in forte instabilità politica

Presa consapevolezza della situazione di stallo, il nuovo Duca cominciò a delineare una dignitosa politica di pace, raggiungibile solo attraverso un’alleanza con la Francia.

Il primo passo vide la firma di una tregua d’arme il 4 settembre del 1630, a Rivalta. Dopo cui ci fu la stipulazione della pace generale tra la Francia e la Casa d’Austria, con la concessione del Monferrato al Duca di Savoia.

Eppure tutte queste manovre politiche non furono abbastanza per far sì che le truppe transalpine abbandonassero il Piemonte.

I negoziati che portarono al successivo Trattato di Cherasco nel 1631, assicurarono al Regno franco il possesso di Pinerolo, stabilendo una perpetua minaccia alle porte subalpine.

Un fatto che esplicitava la ripresa di una politica d’espansione in Italia e che faceva perdere al Piemonte quella sua storica funzione di “muraglia della Penisola italiana”.

Dall’amicizia francese Vittorio Amedeo I non ne trasse mai grandi vantaggi.

Anzi ben, presto si rivelò troppo pericolosa ed invadente da sopportare.

Il dramma di questa situazione sfociò nell’opposizione anti-francese del principe Tommaso di Savoia-Carignano, nel 1634. Questo gesto, chiaramente ispirato dal porre il regno al riparo dalle angherie francesi, contribuì di fatto a smorzare l’arroganza dei ministri d’oltralpe.

Di questo passo, rinacque nel 1635 una rinnovata lega antispagnola tra la Francia, i duchi di Savoia, Mantova, Modena e Parma.

Ma nonostante il trattato, era evidente come la politica internazionale di Luigi XIII continuasse a osteggiare l’aspirazione sabauda di annettere la Lombardia.

Volontà che si possono vedere dai piani di guerra di entrambi i monarchi. Vittorio Amedeo I di Savoia desiderava una risoluta conquista di Novara e di Milano, mentre Luigi XIII mirava a isolare il nemico da Genova e dai porti del Mediterraneo.

Per la guerra non si dovette aspettare molto. Malgrado le prime vittorie per i Savoia nel 1636 e all’inizio del 1637, Vittorio Amedeo I morì improvvisamente per cause incerte. Lasciando, così, alla moglie Cristina la reggenza per il figlio Francesco Giacinto, poi dopo sostituito da Carlo Emanuele II.

Vittorio Amedeo I lasciava un regno sull’orlo di una guerra civile, ma senza dimenticare quel consenso popolare che le sua magnanimità gli aveva portato.

Fu da molti ritenuto come “un buon principe verso i suoi popoli” . Il Duca di Savoia, infatti, fu in grado di gestire magistralmente lunghi anni di sofferenza, segnati da carestie, pestilenze epocali e pressioni politiche.

Riordinando lo stato sia a livello economico che amministrativo, in modo da conservare quel senso di dignità e prestigio ormai diventato così labile anche in grandi momenti di slancio.

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Simone Nale

Laureato in Scienze Umanistiche della Comunicazione all'Università di Torino. Appassionato di storia della televisione e nuovi media