Storia

Guido Gozzano, il poeta torinese amato dai giovani

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Guido Gozzano dedicò la sua breve vita alla poesia e all’amore per Torino

Forse il maggiore tra i nostri poeti crepuscolari, il malinconico, ma ironico Guido Gozzano è sicuramente uno tra i più celebri scrittori torinesi.

Andando indietro nella storia genealogica di Guido Gozzano si scopre che il nonno, Carlo Gozzano, fu medico nella Guerra di Crimea. Un benestante borghese, appassionato di letteratura e proprietario di terre e ville nel comune di Agliè.

Suo figlio Fausto (futuro padre di Guido), invece, era ingegnere e costruì la rete ferroviaria che collega Torino con le Valli del Canavese. Dopo la morte della prima moglie, con la quale ebbe cinque figlie, Fausto Gozzano sposò la giovane Diodata Mautino.

La giovane donna aveva diciannove anni il giorno del matrimonio. Amava del teatro e dell’arte, era figlia di un ricco senatore, un altro possedente terriero alliadese. Fu proprio dal padre che Diodata ereditò la Villa del Meleto di Agliè.

Dal matrimonio tra Fausto e Diodata nacquero Erina, Arturo, Carlo, il nostro Guido e infine Renato. Guido fu appunto il quartogenito della famiglia.

Nacque precisamente il 19 dicembre 1883 nella casa dei genitori di Via Bertolotti 2 a Torino. Trascorse un’adolescenza dissipata, alternando Torino alla villa del Meleto di Agliè.

Gli studi liceali furono decisamente travagliati: iscritto al Liceo Classico Cavour, Guido venne bocciato al secondo anno. In seguito fu mandato in un Collegio di Chivasso.

Ma tornato a Torino nel 1898, suo padre morì di polmonite due anni dopo. Fu proprio in ricorrenza della morte del padre, che Guido scrisse la sua prima poesia nota: “Primavere romantiche”. I versi dedicati alla madre vennero pubblicati postumi nel 1924.

Guido Gozzano diventerà poi avvocato, ma a dire il vero l’attività di poeta avrà sempre la meglio.

Guido conseguì la maturità solo nel 1903 al Collegio Nazionale di Savigliano.

Stesso anno in cui pubblicò, sulla rivista torinese “Il Venerdì della Contessa“, i suoi primi versi dall’inequivocabile stile dannunziano.

Iscrittosi poi alla Facoltà di legge sempre nel 1903, durante i suoi studi universitari, Guido preferì sempre seguire i corsi di letteratura italiana tenuti da Arturo Graf, che lo introdusse nel circolo della Società della Cultura.

Proprio nell’ambiente della Società della Cultura fece conoscenza con numerosi scrittori tra cui Massimo Bontempelli, Giovanni Cena e Francesco Patonchi con i quali costituirà il gruppo dei crepuscolari torinesi.

L’aggettivo dei crepuscolari non è un caso. La poetica di Guido Gozzano si distingue per un profonda malinconia che ruota attorno al tema dell’inutilità e della fragilità della vita.

Ma allo stesso tempo, il suo pessimismo viene sempre smorzato da una sottile ma solare e dissacrante ironia. Non è un caso che, nella serate torinesi con i suoi amici, Guido fosse proprio l’anima della festa.

Guido e la sua compagnia di amici scorrazzavano per tutti i bar di Torino. Passando dal Molinari di via Santa Teresa fino al Caffé Baratti di piazza Castello, dove compose la celebre poesia “Le Golose“.

Un’immagine di Gozzano che sembra contrastare con quella di un personaggio riservato, dai tratti aristocratici. Insomma, gli anni universitari di Guido furono all’insegna della goliardia e del divertimento. Ma nonostante la fama non tanto lusinghiera.

La Società della Cultura fu occasione di studi e conoscenze influenti nella sua produzione letteraria.

In quegli anni ebbe modo di leggere e approfondire Nietzsche e Schopenhauer. In parallelo maturò una più attenta considerazione poetica dalla lettura dei moderni poeti francesi e belgi, oltre che dalle opere dello stesso Arturo Graf e di Giovanni Pascoli.

Lentamente cominciò così ad abbandonare l’estetismo dannunziano, avvicinandosi sempre di più a quel caratteristico Decadentismo ribelle.

Nel 1906, Guido conobbe la scrittrice Amalia Guglielmetti, con la qual ebbe una relazione tormentata. In quegli anni si dedicò principalmente alla creazione di un volume che raccogliesse i suoi lavori. Il risultato fu “La via del Rifugio“, una raccolta di 30 poesie che venne favorevolmente accolta dalla critica.

Sfortunatamente i problemi di salute non gli diedero mai tregua.

A disturbare la soddisfazione per il successo tanto sudato, fu la diagnosi di una lesione polmonare all’apice destro nel 1907. La malattia lo costringerà a viaggiare alla ricerca di climi marini e più miti come soluzione del male.

Nonostante i problemi fisici, nel 1908 Guido Gozzano decise di abbandonare gli studi giuridici e di dedicarsi interamente alla poesia. Nel 1911 pubblicò il suo più importante libro, “I Colloqui“. Il successo del libro valse a Gozzano numerose collaborazioni in qualità di giornalista.

Con l’aggravarsi della malattia arrivò il lungo viaggio in India

Fu così che nel 1912 si imbarcò in direzione del subcontinente indiano, alla ricerca di climi più adatti insieme all’amico Giacomo Garrone. Purtroppo il viaggio non gli diede il beneficio sperato, ma lo aiutò comunque a scrivere.

Tuttavia i versi scritti durante la permanenza in India furono distrutti dallo stesso Guido che li riteneva osceni. Gli unici due versi che si salvarono, uscirono poi sulla stampa e vennero pubblicati postumi nella raccolta “Verso la cuna del mondo. Lettere dall’India”.

Presto però la malattia prese il sopravvento sulla salute di Guido.

Il 16 luglio del 1916 venne ricoverato all’ospedale di Genova in seguito ad una violenta emottisi.

Morì il 9 Agosto dello stesso anno, un mercoledì, al crepuscolo. Solo i famigliari, e i pochissimi amici che non erano al fronte, rimasero a dargli l’estremo saluto nel cimitero di Agliè.

il poeta torinese morì giovanissimo all’età di 32 anni.

Al giorno d’oggi Guido Gozzano è letto e amato da tutti i giovani.

Tra i suoi temi essenziali c’è sempre stata la tanto amata Torino che raccoglieva tutti i suoi ricordi. Accanto a alla Torino delle serata goliardiche con gli amici, assai più cara fu la Torino Antica, quella sabauda e un po’ polverosa, fonte della nostalgia del poeta.

Nel corso della sua vita, si dimostrò interessato anche al teatro e alla cinematografia. Lavorando alla sceneggiatura di un film su Francesco D’Assisi, ma in particolar modo, coltivò un personale fascino per le canzoni popolari.

Scrisse Torino d’altri tempi, una canzone che richiama la sua vocazione nostalgica parlando di una Torino settecentesca sulle tracce della principessa Carolina di Savoia. Accanto a Torino compare sempre la campagna canavesana.

Un luogo di contemplazione dove Guido si ritirava a scrivere nell’incantevole villa di famiglia di Agliè, oggi casa-museo.

Guido Gozzano è considerato l’ultimo dei grandi poeti classici.

Fu un autore che riuscì a modellare una corrente, quella estetica, già esistente, in modo del tutto personale. Parte infatti dalla poesia dannunziana per poi allontanarsene, attuando un processo di conversione anche spirituale.

Il poeta Torinese riuscì a distaccarsi dall’estetismo, riducendo al minimo le componenti dannunziane, modificando il suo stile, e rendendolo sempre meno lirico e più prosaico. Gozzano fu un poeta solitario, un’anima sofferente, sia per la sua malattia fisica, sia perché desiderava una vita diversa da quella che gli era toccata.

Questo dissidio interiore caratterizzò non solo la sua esistenza civile, sociale ed etica, ma anche la sua poetica. Ciò nonostante, Guido Gozzano rimarrà per sempre un punto di riferimento per i torinesi e per la sua Torino.

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