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Carlo Emanuele IV di Savoia: il Re esiliato

Da Simone Nale

Luglio 11, 2021

Ritratto di Carlo Emanuele IV dopo i 20 anni

Con un Regno alla deriva e i francesi alle porte delle Alpi, Carlo Emanuele IV fu il primo Re di Casa Savoia a abbandonare Torino e il Piemonte.

Scappò nella povera Sardegna dove ebbe modo di organizzare, o quanto meno tentare, la riconquista del proprio Regno. E al contempo affinò la propria devozione religiosa nella quale, da sempre, era riuscito a trovare sollievo.

Nonostante soffrisse di una grave forma di epilessia e distinto da un fragilità psicologica, Carlo Emanuele IV non si tirò mai indietro dall’affrontare le avversità. Tanto nella vita quanto nel svolgere il proprio dovere reale.

Il Re di Sardegna infatti dovette fare i conti con il continuo ribollio repubblicano dei vicini francesi. Quest’ultimo, conclusosi,con l”ascesa di Bonaparte, che non ci pensò due volte a invadere e assoggettare i cugini sub-alpini.

Il ritiro spirituale diventò presto una prassi per l’ultimo dei Carlo Emanuele. A a tal punto da distinguere la sua monarchia per un forte orientamento verso la religione e una fede indissolubile rivolta alla Chiesa per la quale sempre si spese.

Carlo Emanuele IV di Savoia nacque a Torino il 24 maggio 1751

Figlio maggiore di Vittorio Amedeo III e dell’infanta di Spagna Maria Antonietta Ferdinanda, Carlo Emanuele era il primogenito di dodici figli

Era, quindi, l’erede al trono del Regno di Sardegna.

I primi anni d’infanzia alla corte di Torino misero alla luce i tratti del suo temperamento timido e introverso. Ma soprattutto i dolori di una fisionomia ricorrente in quasi tutti i figli di Vittorio Amedeo III.

Gli attacchi epilettici e le crisi nervose presto diventarono evidenti diventando sempre più gravi, fino a manifestarsi con maggiore frequenza in età adulta. Quando i doveri di Stato richiedevano piene capacità decisionali e lucida professionalità.

Dati gli innumerevoli problemi del principe, gli venne fin da subito assegnato come precettore ed educatore il barnabita, e poi futuro cardinale, Giacinto Sigismondo Gerdil.

L’opera del celebre pedagogo si rivelò tuttavia controproducente. Per quanto efficaci gli insegnamenti sul piano gnoseologico, l’educazione religiosa prevalse sulle conoscenze del principe.

Portando così, a un eccesso di devozione, previdente sul piano individuale, ma che lo distraeva nella pubblica responsabilità, predisponendolo ad atteggiamenti fatalistici e rinunciatari.

Con la salita al trono del padre due anni prima, il 5 settembre del 1775 Carlo Emanuele IV di Savoia sposò a Chambery la principessa Maria Clotilde Adelaide. Sorella dello sfortunato Re di Francia Luigi XVI condannato a morte durante la Rivoluzione francese.

Moneta di Carlo Emanuele IV del 1797

I tumulti d’oltralpe segnarono profondamente la crescita adolescenziale di Carlo Emanuele IV

Le vicende di quegli anni divisero la stessa famiglia reale dall’interno.in particolare aprirono una frattura tra l’erede al trono e sui fratelli minori. Questi, coltivando evidenti posizioni contrastanti con quelle del Principe di Piemonte, diedero vita a una conventicola raccolta intorno alla figura del Duca d’Aosta.

Il disaccordo, inizialmente di carattere politico e contrario all’orientamento esitante di Carlo Emanuele IV, sfociò presto anche nella sfera privata ma non senza qualche contraddizione.

Vittorio Amedeo III aveva perso la guerra contro Napoleone. E al momento della firma dell’Armistizio di Cherasco del 1796, che discuteva una vergognosa alleanza con la Francia, Carlo Emanuele IV si schierò apertamente dalla parte de fratelli nel manifestare la propria opposizione.

Nella stessa circostanza, cercò anche di dissuadere il padre dal rinunciare alla possibilità di abdicare, dimostrando un inclinazione per nulla bramosa nel cingere la corona.

Tuttavia, Vittorio Amedeo non restò sul trono ancora per molto. Colpito da una grave forma di apoplessia, morì all’età di 70 anni nel 1796, lasciando al figlio un regno servo e sull’orlo della bancarotta.

I francesi, già padroni di Nizza e della Savoia, si erano impadroniti anche delle principali fortezze piemontesi. Concedendo allo stesso tempo la proliferazione di circoli giacobini e repubblicani in ogni angolo del Regno.

Pertanto, una volta salito al trono Carlo Emanuele IV dovette subire inerme le continue umiliazioni napoleoniche. Finché il 6 dicembre del 1798 fu costretto a cedere tutti i territori rimanenti nella penisola italiana, mantenendo solo la sovranità sulla Sardegna.

Torino e il Piemonte erano ormai perduti . Il rifugio sull’isola del mediterraneo seguì di pari passo a una situazione che neanche un consumato politico sarebbe riuscito a risolvere.

Re di Sardegna ma “Fortis cadere, cedere non potest

Nonostante l’arrivo nella terra dei nuraghi, il pericolo di possibili attacchi della flotta francese diventava con il passare dei mesi sempre più incombente.

La Sardegna era ancora un’isola fortemente arretrata sia a livello economico che politico, e incapace di autodifendersi da eventuali incursioni ostili.

Il lavoro degli ultimi Viceré sardi era di un’insufficienza disarmante. Così Carlo Emanuele IV annunciò numerose riforme per l’isola e aprì i porti alla flotta inglese.

La protesta lanciata contro la privazione dei suoi Stati di Terraferma aveva dato i suoi frutti e così i Savoia riuscirono a garantirsi la protezione dell’ammiraglio Nelson, mentre il contingente militare russo-austriaco si impegnava a liberare la città di Torino dell’oppressione.

Dopo un soggiorno di 10 mesi, Carlo Emanuele IV decise di lasciare l’isola per tornare in patria.

Ma allo sbarco nel porto di Livorno lo accolsero più problemi di prima. I russi avevano infatti lasciato il Piemonte nelle mani degli austriaci, che non erano disposti a sostenere il suo ritorno.

Le circostanze portarono il Re a dirigersi verso Firenze, dove erano riusciti a fuggire diversi dei suoi sudditi piemontesi, tra i quali Vittorio Alfieri.

Ritratto di Carlo Emanuele IV del 1815 circa

Ma il rientro dei Savoia in Italia non passò di certo inosservato all’occhio di Napoleone.

Il Granducato di Toscana venne occupato senza indugi nel 1799. Carlo Emanuele IV e Maria Clotilde si trovarono a viaggiare in diverse Città d’Italia, alla ricerca di alleanze per poter finalmente ristabilire la loro sovranità.

Il primo incontro li portò a Foligno, dove insieme a Papa Pio VII entrarono in seguito a Roma per trovare un po’ di riposo prima di dirigersi a Frascati.

Il soggiorno tra i borghi dei castelli romani coincise con l’avvio di nuovi negoziati con Napoleone, che tuttavia portarono a un nulla di fatto.

Approfittando della morte improvvisa dello Zar di Russia, il primo console francese decretò l’annessione del Piemonte alla Repubblica Francese, scatenando l’ira di Carlo Emanuele IV di Savoia.

Il Re sabaudo aveva le mani legati e non avendo nessuna possibilità di ristabilire il suo trono continuò a spostarsi tra Napoli e Roma per elaborare trattative diplomatiche alternative, ma senza successo.

Il 1802 e una forte febbre tifoidea gli portarono via la sua amata Maria Clotilde.

Una tragedia che lo stravolse profondamente e che in quello stesso anno lo convinse ad abdicare in favore di suo fratello Vittorio Emanuele I.

Da lì in avanti Carlo Emanuele IV di Savoia condusse una vita più austera. Stabilì stretti rapporti con i gesuiti grazie ai quali restaurò la Compagnia di Gesù che era stata soppressa nel 1773.

All’età di sessantaquattro anni si ritirò nel noviziato dei Gesuiti presso il Quirinale sotto la tutela del Papa. Qui vi trascorse gli ultimi anni della sua vita, dedito solo alla preghiera e alla scrittura di biografie.

Carlo Emanuele IV di Savoia morì il 6 ottobre del 1819, poco dopo la visita di suo nipote Carlo Alberto.

Venne sepolto in abiti religiosi e le sue sue spoglie riposano oggi a pochi metri dal Quirinale stesso. Nel palazzo che diventerà in futuro la dimora ufficiale dei Re d’Italia.

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Simone Nale

Laureato in Scienze Umanistiche della Comunicazione all'Università di Torino. Appassionato di storia della televisione e nuovi media