Alla scoperta dei canali di Torino

Anche se Torino punta sempre più sul turismo, la sua impronta industriale del 1800 non è scomparsa e la si può trovare ancora. Specialmente, nei numerosi corsi d’acqua che erano usati per alimentare le vecchie grandi fabbriche che giacciono in diversi punti della città, per lo più in periferia.
La maggior parte dei canali istituiti dal 1700 in poi, ad oggi non sono altro che dislivelli nel terreno, strade calpestabili o piccoli canali in secca.
Un esempio sono i canali del Martinetto, Michelotti e dei Molassi.
In zona San Donato per alimentare gli opifici, sulla riva destra del fiume Po – oggi si può intravedere la paratia sulla sinistra da Lungo Po Luigi Cadorna – e in piazza Vittorio Veneto.
Oltre in zona Borgo Dora lungo le vie del Fortino per alimentare i mulini e i battitoi.

Differente è il caso del canale Ceronda che, derivato dall’omonimo torrente, e stato costruito per promuovere lo sviluppo industriale in città a seguito della perdita da parte di Torino della funzione di capitale d’Italia.
Ha spesso cambiato ruolo passando da forza idraulica nel 1870 a possibilità di produzione elettrica nel 1931. Fino a divenire utile per il raffreddamento dei macchinari nello stabilimento Fiat ex Grandi Motori e per la pubblica utilità, ovvero fognatura, servizio antincendi e pulizia neve.
Grazie al Ceronda vi è stata l’unione del Comune di Torino con la Smat per usufruire dei vecchi canali d’acqua per la produzione di energia elettrica.
Il Ceronda ad esempio possiede ad oggi 23 “salti”, 8 sul ramo sinistro e 15 sul destro poco identificabili ad occhio nudo.
Proprio questi salti sono essenziali per la produzione di energia tramite delle turbine idrauliche verticali.
In tutta Torino ci sono esattamente 6 canali su 15 utilizzabili a tale scopo.
A seguito di numerosi calcoli il Comune ha definito un ricavo di 15-20 milioni di kWh, ovvero l’energia elettrica necessaria per 15000 case, con un investimento di 10 milioni circa.
D.G.