Storia

18 febbraio 1861: l’Italia è nata a Torino

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Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e i suoi successori il titolo di Re d’Italia.

Il Parlamento Subalpino, nel giorno solenne della seduta reale, coll’ entusiasmo della riconoscenza e dell’affetto, acclamava Vittorio Emanuele II Re d’Italia.”

Con queste parole, scritte dal Presidente del Consiglio dei Ministri, conte Camillo Benso di Cavour in occasione della relazione sull’apertura dei lavori del primo parlamento italiano. Riunito a Palazzo Carignano il 18 febbraio 1861, si sanciva l’inizio del Regno d’Italia, poi ufficializzato nella solenne proclamazione del 17 marzo dello stesso anno.

Le linee guida per l’assetto istituzionale della neonata nazione vennero dallo Statuto Albertino, promulgato sotto Carlo Alberto nel 1848. E rimasto in vigore fino al 1946, quando la monarchia dovette fare i bagagli, sconfitta dalle urne e da sé stessa.

In realtà, l’opera politico-militare, ispirata in gran parte da quella straordinaria mente di Cavour, non si poteva ancor definire conclusa. Mancavano ancora pezzi di territorio da riunificate.

C’erano le regioni dell’est ancora in mano all’impero di Francesco Giuseppe (Veneto, Trentino, Trieste)

Mentre la vecchia teocrazia pontificia e romana, che come un dinosauro cocciuto, si ostinava a non estinguersi, protetta dal potente Napoleone III.

Quest’ultimo caduto poi in disgrazia con la dolorosa batosta di Sedan, inflittagli dalla Prussia, non una nazione con un esercito, piuttosto un esercito-nazione, marciante, guerriero e disciplinatissimo.

18 febbraio 1861: l'Italia è nata a Torino
Copertina della Domenica del Corriere con disegnati Vittorio Emanuele II, Cavour e Garibaldi

Forse, il primo desiderio di Italia Unita arrivò paradossalmente da uno straniero.

Con la discesa di Napoleone I la penisola conobbe nuove forme di governo e nuove idee moderne e rivoluzionarie che furono come una scossa per uomini appassionati.

Ci fu la carboneria, con le sue cospirazioni e riunioni segrete ed incappucciate, che come un’entità pestifera complottava di azioni esplosive, guerriglia, rivoluzioni di strada.

Ci fu la primavera dei popoli del 1848 che portò anche negli stati italiani un nuovo vento di cambiamenti, di speranze, di coscienza risorgimentale.

E poi ci furono le imprese militari, regolari ed irregolari (i mille), che con vicende alterne, brucianti sconfitte e gloriose vittorie presero a calci nel sedere austriaci, fantocci e feudalismi.

Ma cos’è stato il Risorgimento?

Si può intendere questo insieme di azioni politico-militari come una splendida avventura, un sogno realizzato, una grande ambizione nel diventare uno stato grande e forte.

Sogno che poi certo si disincantò, con gli innumerevoli problemi di una Patria mai efficacemente compiuta, e con uno spirito tutt’oggi non unito. Comunque, resta il fatto che l’impresa, davvero straordinaria, riuscì nel suo intento iniziale, quello dell’unificazione a tutti costi. I nostri antenati osarono, vincendo.

E rimane l’idea assolutamente avventurosa del progetto.

Pensiamo alle violente sfide nei campi di battaglia al nord, all’opera machiavellica  del conte di Cavour, al gioco delle diplomazie e delle alleanze, e naturalmente al coraggio di quei garibaldini che come folli si imbarcarono in un colpo di mano di un’audacia quasi unico nella storia.

Partirono meno di mille, in un’armata guerrigliera e un po’ sgangherata ma determinatissima nel picchiar duro per realizzare l’ambizione più grande: il tricolore.

E a noi piemontesi, nel bene dei nostri ideali e nel male di certi metodi colonialisti ed arroganti, va riconosciuto il merito di aver donato il contributo maggiore alla causa.

Dopo il 476, con il crollo di quello che rimaneva dell’Impero d’Occidente, gli italiani rimasero separati per secoli e secoli, contesi da Longobardi, Bizantini, Carolingi, Arabi, Normanni, Svevi, Spagnoli, Francesi, Austriaci e divisi in ducati, marchesati, repubbliche marinare, comuni coi scudi crociati, mura guelfe e ghibelline, stati clericali, regni veri e fasulli, in un ampio e vecchio mosaico di poteri, bandiere e guerre.

Nel 1861 dunque iniziò una nuova epoca, dettata dal desiderio della classe dirigente di allora di gettare le basi per uno stato che potesse entrare nel ristretto club delle grandi potenze europee e che acquistasse una posizione egemone in tutta l’area mediterranea; posizione che le apparteneva per diritto storico e geografico.

Il 18 febbraio1861,  la sera di Torino capitale venne illuminata dai fuochi d’artificio sparati in cielo dalla Gran Madre di Dio, mentre i palazzi del centro fecero festa e la musica di bande militari e concertisti si diffuse nelle vie e nelle piazze.

Il mese successivo, il Senato e la Camera dei Deputati proclamarono il Regno d’Italia e una nuova e più importante corona fu posta sul capo del Re soldato.

F. Mosso

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