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Amedeo VIII: l’antipapa di Casa Savoia

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L’intricata storia del primo Duca di Savoia e dell’ultimo antipapa della Chiesa Cattolica

Seicento anni di storia ci separano da un Medioevo sub-alpino ricco di intrighi e personaggi spesso dimenticati nel corso del tempo.

Uno di questi è proprio Amedeo VIII di Savoia, leggendaria figura degli albori della casata sabauda che è passato alla storia per essere il primo Duca di Savoia. Ma soprattutto antipapa della Chiesa Cattolica, sebbene in circostanze particolari.

Amedeo VIIII fu un abile politico e un astuto diplomatico per il suo tempo. A lui dobbiamo il consolidamento dell’Università di Torino, così come l’ascesa del capoluogo piemontese, che durante il suo regno ottenne un potere amministrativo rilevante.

La sensazionale capacità di negoziare accordi e alleanze, gli portarono il soprannome di “Pacifico” tra le corti del suo tempo. In quanto, eccellente temporeggiatore che sapeva esattamente quando muovere le proprie pedine a favore degli interessi del Ducato.

Castello di Chambery

Amedeo VIII di Savoia nasce a Chambery il 4 settembre del 1383

Figlio primogenito di Amedeo VII il Conte Rosso e nipote del Conte Verde, Amedeo VIII ebbe un’infanzia tutto tranne che facile.

Rimasto orfano all’età di circa otto anni, il principe erede si trovò durante l’ adolescenza in mezzo ai giochi di potere infiammati dai vassalli del regno.

Secondo il testamento post-mortem del padre la reggenza provvisoria della corte sabauda venne affidata non alla madre, Bona di Berry. Andò , infatti, all’ava Bona di Borbone che godeva del consenso del consiglio dei grandi feudatari.

Ma ben presto la corte sabauda divenne teatro di lotte e diatribe.

Le misteriose circostanze della morte di Amedeo VII, portarono all’ipotesi di un avvelenamento: la principale sospettata fu la vecchia Bona di Borbone

Il governo venne quindi conteso tra i favorevoli e gli avversari. La contessa, così, per ottenere l’appoggio dell’unico rappresentante maschio della famiglia, Amedeo principe d’Acaja, rinunciò, a nome del giovane Amedeo, ai diritti di sovranità feudale che il Conte Rosso aveva fatto riconoscere al principe in maggiore età.

La crisi interna sembrava ormai sull’orlo di sfociare in una guerra civile. Soprattutto quando, nel 1393, il Re di Francia Carlo VI intervenne direttamente per sedare gli scontri.

L’ordine venne ristabilito e la reggenza andò nelle mani della vecchia contessa di Borbone. A patto,però, che venisse assistita da un consiglio comprendente anche il principe d’Acaja.

Mentre il giovane conte sarebbe dovuto restare a Chambery in attesa di celebrare al più presto le nozze con la figlia del Duca di Borgogna.

Pertanto, nell’ottobre dello stesso anno, Amedeo VIII, sebbene avesse ancora dieci anni, celebrò formalmente il matrimonio con Maria di Borgogna.

Ma il governo rimaneva ancora saldamente nelle mani di Bona di Borbone e dei due tutori del principe, Aimone di Aspremont e Oddone di Villars, anche se non per molto.

L’inadeguatezza della madre e della nonna portarono il consiglio, sotto influenza del Duca di Borgogna, a cacciarle dallo Stato sabaudo.

I Borgognoni regnarono così indirettamente sulla Contea per quasi un decennio fino al raggiungimento della maggiore età di Amedeo, al quale nel 1403 gli venne consegnata Maria di Borgogna.

Amedeo VIII l'antipapa di Casa Savoia
Amedeo VIII l’antipapa di Casa Savoia

Il regno di Amedeo VIII iniziò nel pieno della Guerra dei Cent’anni

A cavallo tra il XIV e il XV gli inglesi avevano ormai consolidato il controllo su gran parte dei territori transalpini. Snvhe se il futuro intervento di Giovanna d’Arco avrebbe lanciato la riconquista, la monarchia francese era ancora molto debole.

La guerra aveva prosciugato tutte le risorse e con queste anche la possibilità di continuare la penetrazione nella penisola italiana, iniziata nell’età precedente.

Di fronte alla crisi transalpina Amedeo VIII seppe fin da subito cogliere la palla al balzo. Avviò, infatti, una politica di espansione nella pianura padana e di salvataggio delle signorie indipendenti dalle brame francesi.

Così inaugurò subito la sua attività assorbendo nello stato la Contea di Ginevra e vari altri feudi del Vaud.

Le mire espansionistiche di Amedeo VIII portarono poi al assedio del feudo di Saluzzo, conclusosi con una vittoria, e al consolidamento dei territori liguri e della signoria sabauda di Nizza.

Ma l’avvenimento più importante della carriera politica di Amedeo VIII di Savoia fu senza dubbio la riunificazione degli stati sabaudi nel 1418, quando si estinse dopo sole tre generazioni il ramo primogenito dei Savoia-Acaja.

Pertanto, morto Ludovico di Savoia-Acaja senza eredi, Amedeo giunse a Torino per prendere possesso del feudo, eliminando ogni possibilità di affermazione di rami illegittimi.

Prese forma uno stato sabaudo compatto che a questo punto doveva per forza affermarsi nel panorama politico italiano, modificando la condotta della dinastia, allontanandola dalla Borgogna verso la penisola italiana.

Una strada che era già stata portata avanti con lungimiranza qualche anno prima.

Quando il Conte steso seppe mantenere i buoni rapporti con l’Impero, assicurandosi l’infeudazione e giurandogli fedeltà.

Nel 1416 infatti, l’imperatore Sigismondo, passando per Chambery, concesse ad Amedeo VIII il titolo di Duca di Savoia.

La concessione di questa prestigiosa carica politica collocava definitivamente la Casata sabauda nell’orbita imperiale. Riconoscendola, di fatto, come unico rappresentante della tradizione borgognona.

Pertanto, ottenuto questo titolo e con l’inglobazione dei feudi piemontesi di Vercelli e Mondovì nel 1418, Amedeo VIII creò il principato di Piemonte. Econ esso il rispettivo titolo che affidò da subito al suo figlio primogenito.

Tuttavia, il neo Duca non poteva ignorare le questioni con gli altri regni transalpini.

Il Ducato di Savoia aveva sia un piede in Francia che uno in Italia

E per questa ragione si trovò a dover affrontare entrambi i contesti e le conseguenti problematiche.

Da sempre immischiati negli affari francesi, i Savoia non potevano permettersi di estraniarsi dalle questioni transalpine, fatte di intrighi e questioni territoriali.

Amedeo VIII doveva pur sempre salvaguardare gli interessi del suo regno e per questo decise di attuare una politica francese di grande prudenza. Cercò di non farsi coinvolgere negli scontri, portando avanti una linea di fredda esecuzione dei trattati.

L’ascesa di Giovanna d’Arco stravolse i piani di Amedeo VIII

Le gesta della paladina cattolica a Orléans e Reims avevano fomentato le piazze del Ducato sabaudo. E il Duca a valutò l’ingresso in guerra dalla parte della Borgogna (quindi a fianco degli inglesi, contro la Francia), ma alla fine prevalse sempre la neutralità.

Giovanna d’Arco venne presto imprigionata per eresia e messa a processo. Ma nel frattempo Amedeo VIII di Savoia progettò insieme al principe di Orange l’invasione e la spartizione del Delfinato francese.

L’incursione portata avanti dal principe fu fallimentare e divenne così l’ultimo tentativo di cacciare la monarchia francese dalla regione alpina.

Ritornando sui suoi passi, il Duca di Savoia continuò a concentrarsi sulla tattica degli arbitrati, in modo da assicurare al Ducato quella pace che gli serviva più di ogni altra cosa.

Ma il suo intervento ormai non era più desiderato. Amedeo venne completamente escluso dalle trattative per la pace del 1435 tra il Re di Francia Carlo VII e il Duca di Borgogna. I Savoia adesso erano soli e la situazione si divenne presto completamente avversa.

Ciò nonostante, il proseguimento “Guerra dei Cent’anni” permise al Duca di convogliare di nuovo l’attenzione verso l’Italia, schierandosi apertamente contro i Visconti di Milano.

L’alleanza con il Marchese del Monferrato fruttò l’annessione di nuovi territori nel Vercellese. Presto, però, l’inasprimento dei conflitti tra il Ducato di Milano e le repubbliche di Firenze e Venezia alterarono i piani dello status quo sabaudo.

Amedeo non poteva permettere né il trionfo del Duca di Milano, né la sua rovina e l’occupazione della Lombardia da parte dei veneziani.

Pertanto entrò in primo momento nella lega antimilanese per poi trattare con Filippo Maria (Duca di Milano). Gli offrì la propria neutralità a patto di avere la cessione della città di Vercelli e della linea del Sesia.

Condizioni che vennero esaudite nel 1434 quando i Visconti, sconfitti nella guerra contro le repubbliche, furono obbligati a ricorrere all’alleanza sabauda.

Amedeo VIII in questo modo era riuscito ad aumentare il peso del Ducato sulla penisola italiana, vincolandosi alleanze e accordi. Insomma per una politica neutralista di enorme successo.

Amedeo VIII l'antipapa di Casa Savoia

Ma le ambizioni del Duca erano assai maggiori

Con il matrimonio tra sua figlia Margherita e Luigi III d’Angiò, erede della regina di Napoli Giovanna II, i Savoia erano riusciti ad assicurarsi un importante alleanza con la Casata provenzale e napoletana.

Ma la morte prematura del duca angioino nel 1434 e quella della Regina l’anno seguente, fecero fallire le aspirazioni del Duca in questo settore.

Preso da una profonda crisi spirituale, Amedeo VIII di Savoia ormai cinquantenne decise di abbandonare la vita attiva per ritirarsi insieme ad alcuni suoi consiglieri di corte e amici.

La morte della moglie Maria, e quella del figlio primogenito poi, influirono enormemente su quelle che sembravano vecchie tendenze del suo spirito.

In quest’ottica, seguendo le nuove aspirazioni spirituali e le esigenze dello stato, creò un ordine religioso-cavalleresco di San Maurizio, eleggendo come sua residenza il Castello di Ripaglia sul lago di Ginevra.

Il 16 ottobre del 1434, Amedeo lasciava ufficialmente il governo dello stato, in favore del figlio Ludovico, Principe di Piemonte, per ritirarsi nella sua nuova dimora elvetica.

Dal Castello di Ripaglia intendeva seguire comunque le faccende e le trattative diplomatiche dello stato, in modo da giostrare il governo del figlio.

Ma l’abbandono della politica da parte di un monarca così potente e apprezzato in tutta Europa per la sua saggezza fece molto scalpore tra i suoi contemporanei.

A tal punto da finire nei pensieri dei Padri del Concilio di Basilea, quando nel 1438 il loro dissidio nei confronti della Chiesa di Roma era ormai arrivato sulla via del conflitto aperto.

Le controversie tra i prelati che accusavano Papa Eugenio IV di simonia ed eresia furono talmente accese da portare alla deposizione del pontefice.

Il concilio vaticano venne quindi diviso, tra i cardinali di fiducia del Papa a Ferrara e i vescovi controcorrente a Basilea, che proseguirono con l’elezione di un nuovo pontefice.

Il seggio venne proprio offerto ad Amedeo VIII di Savoia, che dopo una lunga esitazione accettò la proposta dei cardinali.

Amedeo VIII l'antipapa di Casa Savoia
Papa Niccolò V

Il Duca venne eletto Papa il 5 novembre del 1439, con il nome di Felice V.

Tuttavia la sua autorità venne riconosciuta solo nei suoi stati e in alcune contee della Germania. Il Re di Francia Carlo VII e l’Imperatore Federico III, invece, si mostrarono esitanti in attesa del da farsi.

Amedeo VIII di Savoia, ora Felice V si mise all’opera fin da subito per procurarsi l’appoggio dei capitani di ventura italiani. L’obiettivo era in modo da espellere Eugenio IV ed impadronirsi di Roma e anche Avignone, ma i tentativi fallirono.

L’antipapa sabaudo si ritrovò presto in un bel ginepraio dal quale bisognava allontanarsi il più presto possibile.

Con le monarchie ora sostenitrici della Chiesa di Roma, la mediazione del Re di Francia nel 1449 fece raggiungere un accordo tra Felice V e il nuovo Papa vaticano, Niccolò V.

Amedeo VIII rinunciava così alla tiara per “favorire l’unità dei cristiani” un gesto che non cadde inosservato al nuovo pontefice. Quest’ultimo, infatti, le concesse vari uffici e onorificenze ad Amedeo, insieme al titolo cardinalizio della suburbicaria di Sabina.

In seguito all’abdicazione, Amedeo VIII continuò ancora a consigliare il figlio in politica, per poi morire a Ginevra nel gennaio del 1451.

Sepolto a Ripaglia, la sua tomba venne poi distrutta dai Bernesi nel 1536.

Le spoglie del Duca furono poi recuperate da Emanuele Filiberto e portati a Torino: diventata nel frattempo Capitale del Ducato Savoia al posto di Chambery

Qui Carlo Alberto li rinchiuse poi nel monumento dedicatogli all’interno della Cappella della Sindone.

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