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Conbipel a rischio fallimento, sul lastrico 1600 dipendenti

Da Simone Nale

Aprile 14, 2021

Lo storico marchio d’abbigliamento non regge il contraccolpo della recessione economica e adesso Conbipel ha due mesi di tempo per evitare il fallimento.

Questa è la situazione in cui si trova la catena di Cocconato d’Asti, leader da più di sessant’anni nel settore tessile e che adesso rischia di chiudere l’attività a causa della Pandemia.

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Dopo lo slancio degli anni Ottanta, Conbipel ha contribuito alla rivoluzione del fast fashion italiano, anticipando le odierne catene di distribuzione della moda low cost.

Tuttavia sembra che l’emergenza sanitaria abbia dato il colpo di grazia a una compagnia che non è riuscita a mettersi al riparo dalla crisi dell’ultimo anno.

Recentemente infatti, il commissario straordinario, nominato dal Ministero dello Sviluppo Economico, Luca Jeantet, ha invitato diverse azienda da tutto il mondo per ricercare un compratore che salvi i 1600 dipendenti in Italia, 430 solo Piemonte, e che rilanci il brand nel mercato dell’abbigliamento.

Parliamo di un marchio che nel corso degli anni è diventato un pezzo indissolubile del nostro costume e che adesso rischia di svanire insieme all’azienda della famiglia Massa, ora proprietà di un fondo privato d’investimento.

Conbipel rischia quindi un fallimento dal quale non potrà più recuperarsi, ma dopo un lungo periodo di ricerca, la commissione di “salvataggio” potrebbe aver individuato potenziali acquirenti ai quali è stato spedito un invito a manifestare un interesse entro il 3 di giugno.

L’obiettivo è quello di salvaguardare in primo luogo i posti di lavoro e un gruppo amministrativo che nonostante le difficoltà del periodo è comunque riuscito a mantenere un equilibrio finanziario.

Al momento, dei 190 negozi Conbipel distribuiti in tutta Italia, solo 50 sono momentaneamente aperti, a fronte della chiusura imposta a gran parte degli esercizi commerciali con lo scopo di ridurre i contagi nel Paese.

Una crisi che dura dal 2017

Le difficoltà del commercio al dettaglio e del mercato dell’abbigliamento, nel caso di Conbipel, hanno progressivamente causato una riduzione del fatturato, peggiorata anche dalla crisi della collezione donna dell’azienda, fondamentale per il bilancio.

In aggiunta, l’ascesa dell’e-commerce e del fenomeno degli outlet della moda hanno gravato su uno scenario che si è poi aggravato con l’arrivo della Pandemia.

In ritardo nella trasformazione digitale, l’azienda astigiana non è riuscita a rispondere alle prerogative del mercato moderno.

Sviluppando un portale online solo nel settembre del 2019 e continuando a pagare ingenti costi di struttura sia per il personale dipendente che per il mantenimento delle sedi in Italia.

Insomma, tutta una serie di costi non comprimibili che alla fine hanno seguito di pari passo anche un’errata strategia di finanziamenti, che non è bastata a imporre uno stile innovativo nel corso degli anni.

Le collezioni di Conbipel si sono rivelate a lungo andare inadatte alla penetrazione nel mercato internazionale e contemporaneo, nonostante i numerosi tentativi di ristrutturazione dell’ultimo decennio.

Appare evidente quindi come il momento attuale non sia uno dei più vantaggiosi per tentate un salvataggio.

Ma le manifestazioni d’interesse ci sono e fanno ben sperare per un’azienda che ha ancora grandi risorse in riserbo.

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Simone Nale

Laureato in Scienze Umanistiche della Comunicazione all'Università di Torino. Appassionato di storia della televisione e nuovi media