Storia

Ritrovate impronte di dinosauro in Piemonte

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Sono state ritrovate delle impronte di dinosauro in Piemonte.

Si tratta di splendide testimonianze di vita di oltre 250 milioni di anni fa, che sono state rinvenute in provincia di Cuneo.

Precisamente, i ritrovamenti sono avvenuti sull’altopiano della Gardetta, in un’area compresa nel Comune di Canosio, sulle Alpi Cozie. Si tratta di tracce davvero suggestive, che hanno anche trovato una certa popolarità.

Le impronte, infatti, sono state immortalate e pubblicate sulla rivista Peer J da geologi e paleontologi dell’Università di Torino, degli atenei di Roma Sapienza e di Genova, del Museo delle Scienze di Trento e dell’Istituto e Museo di Paleontologia dell’Università di Zurigo. 

Queste tracce, che sono visibili nell’Alta Val Maira, sono venute alla luce grazie al lavoro svolto dal geologo Enrico Collo e da Michele Piazza. Dagli studi è emerso come milioni di anni fa la zona indicata non fosse inadatta per lo sviluppo di forme di vita.

Anzi, qui c’era posto per insediamenti animali grazie alla presenza dell’Oceano Alpino, conosciuto anche come Ligure-Piemontese.

I cambiamenti climatici e l’evoluzione del suolo hanno poi portato alla scomparsa di queste fonti d’acqua, che sono state in seguito coperte dalla catena montuosa che oggi conosciamo come le Alpi.

Prima si ipotizza che ci fosse un mare caldo e basso, circondato da coste con caratteristiche tipiche dei deserti, come quello del Mar Rosso. Le impronte che sono state lasciate in riva al mare che sorgeva in passato sono state collocate nell’era del Triassico (si parla di centinaia di milioni di anni fa, tra i 250 e i 300 in totale).


 Un lascito di questo periodo sono le pareti verticali di Rocca la Meja. Sono anche ben visibili gli strati contorti del gruppo Punta Eco-Rocca Brancia, del Bodoira-Monte Giordano e del Cassorso.

Impronta fossile dinosauro in Piemonte
Ritrovate impronte di dinosauro in Piemonte

La possibilità di visitare i ritrovamenti

Questi luoghi dal forte valore storico e simbolico sono stati già scoperti circa 13 anni fa, nel 2008. Solo un anno dopo, nel 2009, è arrivata anche la conferma di uno dei massimi esperti del settore, il professorHeinz Furrer dell’Università di Zurigo.

Quest’ultimo ha dato appoggio alle tesi sulla veridicità delle impronte, che sono state attribuite al Ticinosuchus ferox, tradotto in “coccodrillo feroce del Ticino”. Il nome è dovuto alla sua scoperta nella parte rivolta verso l’Italia della confinante Svizzera.

L’area in questione, invece, è finita all’attenzione degli studi dei geologi già qualche anno prima. Fu lanciato nel 2001 il progetto Patrimoni Geologici Italiani, che includeva questo genere di aree.

Finora, queste meraviglie sono state rese disponibili al pubblico grazie all’impegno proprio di Enrico Collo.

Il geologo si è sempre attivato per organizzare visite guidate, con tour e itinerari proposti durante le domeniche estive dell’anno. Ogni anno sono state numerosissime le prenotazioni, viste le partecipazioni in gruppo e il folto numero di interessati. Chissà che anche quest’anno, nonostante le anomalie portate dalla diffusione di virus, non ci sia l’opportunità di ammirare da vicino queste meravigliose testimonianze di un mondo che non c’è più.

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