Torino, lo Smart working va per la maggiore, ma bar e ristoranti ne soffrono

Addio alla pausa pranzo: con gli uffici chiusi a Torino e il ricorso al lavoro agile le conseguenze socio-economiche si fanno sentire
Il lockdown è finito da un pezzo ormai, ma a Torino lo Smart working rimane la soluzione preferita, sia nel pubblico che nel privato.
Sono numerosi gli uffici che, ad oggi, sono ancora chiusi preferendo continuare con il lavoro agile.
Uno su tre i dipendenti che non si recano più sul posto di lavoro, ma svolgono la propria attività da casa, proprio come facevano durante il periodo di emergenza sanitaria.
Si tratta di lavori per cui non serve la presenza effettiva in loco e che si possono eseguire con un pc e niente più.
Ma questa rivoluzione del mondo del lavoro, imposta dalla situazione emergenziale, ha portato con sé tanti pro quanti contro. Il minore impatto sul traffico (e sul clima) dovuto ai minimi spostamenti è evidente, ma come non pensare a tutti i bar e ristoranti che guadagnavano proprio sulle pause-pranzo di operai e impiegati?
Tanti aspetti della vita quotidiana sarebbero da riformulare, data la profonda affermazione dello smartworking a Torino.
Pubblico e privato puntano sul lavoro agile
Non solo le aziende più moderne, anche la pubblica amministrazione sta andando sempre più verso questa direzione.
Attualmente più del 20% dei dipendenti pubblici lavora da remoto: 1600 impiegati comunali sono stati appena confermati in regime di smart working permanente. Niente più caffè con i colleghi, dunque. Le scrivanie rimarranno vuote ancora per molto e le pause si faranno a casa.

Le imprese, secondo i dati di Confindustria, fanno affidamento al lavoro agile per il 28% dei casi. Un caso esemplare lo presenta Reale Mutua che durante il lockdown ha proseguito la sua attività a pieno regime con il 99% degli impiegati in smartworking. Ora i 1493 lavoratori ritornano in ufficio a rotazione, seguendo il piano “Back to reality“, ritorno alla normalità.
Ma sicuramente non abbandoneranno la soluzione del lavoro da remoto: in queste settimane, infatti, solo il 12% di loro si trovava in sede, mentre gli altri continueranno le attività a distanza.
Ma c’è chi non vuole proprio tornare alla “normalità” e studia nuovi modelli organizzativi per adattare le esigenze dell’azienda al nuovo metodo di lavoro.
Così anche la città si dovrà adattare ai cambiamenti portati dal Covid: con la prevalenza dello smart working a Torino, si dovrà ripensare a tutto il sistema di locali ed esercizi che offrivano servizio di pausa-pranzo e non solo.
La Regione contro lo smart working
In realtà, non tutti sono favorevoli alle trasformazioni del mondo del lavoro portate dal Covid.
L’assessore regionale Marco Gabusi, per esempio, è tra coloro che vogliono assolutamente tornare alla normalità. Un conto è la situazione di emergenza, un altro conto è pensare ad un futuro fatto di lavoro agile, “le ricadute socio-economiche sarebbero drammatiche”, come direbbe l’assessore.
In Regione solo il 12% degli impiegati è tornato a lavorare in ufficio, mentre gli altri continuano con il lavoro agile. Ma appena la situazione si stabilizza, i vertici faranno in modo che tutto torni com’era prima.