Le moschee torinesi

Da dieci luoghi di preghiera a due moschee ufficiali. Questa potrebbe essere la trasformazione di Torino per quanto riguarda i centri di culto islamici. In Italia le moschee ufficiali per ora sono solo tre: una a Roma, una a Segrate (Mi) e una a Catania. A Torino potrebbero presto essercene ben due, tutte in una volta. I circa 30.000 musulmani presenti in città per ora hanno a disposizione dieci locali adibiti a centri culturali/luoghi di preghiera: la Moschea di Torino in via Cottolengo 7 bis, la Moschea della Pace in corso Giulio Cesare 6, la Sala di preghiera riservata alle donne in via Berthollet 24, le Sala di preghiera in via Nizza 19, via Saluzzo 18, via Piossasco 9, via Chivasso 10, corso Vercelli 140, corso Regina Margherita 162, via Baretti 31. Difficile classificarle come moschee, ancor più difficile stabilire la differenza tra luoghi religiosi e centri culturali islamici. I locali elencati sono sempre apparsi inadeguati a svolgere la funzione di moschea e ad ospitare tutti i Musulmani di Torino. Proprio per questo, l’iter per la costruzione di una grande moschea è cominciato sin dal 2007. A far notizia è la nuova moschea di via Urbino, che andrebbe a sostituire la Moschea della Pace di corso Giulio Cesare: l’ex fabbrica di tessuti di via Urbino 5 diventerebbe la quarta moschea ufficiale d’Italia. Le polemiche non sono mancate, innanzitutto perché il via libera al progetto è stato dato dal Comune di Torino il 30 dicembre 2010, nel pieno delle festività natalizia, Sala Rossa semi-vuota e dibattito inesistente. Dal punto di vista politico, la voce contraria più rilevante è stata quella della Lega Nord, che ha mosso come principale obiezione la problematica geo-sociale. La zona di via Urbino è ad alta concentrazione di stranieri, le differenze etniche e sociali costituiscono un equilibrio delicato. Tanto che qualcuno ha proposto di costruire una nuova grande moschea all’interno di un capannone industriale al fondo di corso Vercelli: zona più isolata, spaziosa, con maggiore disponibilità di parcheggi. Anche perché la moschea di via Urbino potrà contenere al suo interno circa 700 fedeli, non abbastanza per soddisfare tutti i musulmani di Torino, e probabilmente neppure i tanti presenti nel quartiere. Il rischio di uno scenario simile a quello di viale Jenner a Milano, insomma, è concreto.
Anche dal punto di vista della Costituzione, ci sono dei “se” e dei “ma”. E’ vero che la Costituzione italiana promuove e incoraggia la libertà di culto, ma è altrettanto vero che l’articolo 8, dando il diritto ai culti a-cattolici di organizzarsi secondo propri statuti che non siano contrari alla legislazione italiana (esempio: infibulazione, lapidazione, non possono essere ammesse), al comma 3 auspica che siano stipulato Intese tra Stalo italiano a culti a-cattolici. Tale Intesa, tra Stato italiano e Islam, non è mai stata disputata.
Insomma, dal punto di vista ideologico ci sarebbe tanto da dire, ma alla fine la Lega ha optato per la via burocratica e tecnica, presentando ricorso al Tar del Piemonte. Secondo il Carroccio, infatti, il progetto della moschea sarebbe irrealizzabile senza una variazione del piano regolatore che non è mai stata approvata.
Il Tar del Piemonte però si è recentemente pronunciato in modo favorevole rispetto alla realizzazione della moschea in via Urbino. Secondo la sentenza, «Le procedure adottate dal Comune di Torino per consentire la realizzazione della moschea sono formalmente corrette». Il tribunale amministrativo ha pertanto dichiarato il ricorso della Lega «inammissibile per difetto di legittimazione e interesse a ricorrere». Secondo l’ufficiale giudicante della seconda sezione del Tar piemontese, non si è infatti ravvisato «sussistere alcun stabile collegamento territoriale tra il luogo di residenza dei ricorrenti e quello interessato dall’intervento edilizio». Per costruire la moschea e il relativo centro socio-culturale, l’associazione onlus La Palma ha intenzione di ristrutturare con il contributo economico del governo del Marocco, un edificio esistente in un quartiere non lontano dal centro cittadino.
Procedura corretta, dunque, ma la Lega ha già annunciato ricorso al Consiglio di Stato. L’iter della giustizia amministrativa non ha dunque terminato il suo corso. Nel caso, a questo punto probabile, che la moschea si faccia, arriverebbe anche un cospicuo finanziamento (poco più di un milione di euro) da parte del governo del Marocco. Un altro aspetto che ha alimentato polemiche, assieme alla scarsa sicurezza nel quartiere. Una moschea regolare potrebbe ovviare alla questione sicurezza, ma è pur vero che se finora l’amministrazione comunale non è stata in grado di gestire movimenti e flussi all’interno delle moschee improvvisate (si parla persino di spaccio di droga e vendite abusive nei locali adibiti a luoghi di preghiera, in primis in corso Giulio Cesare), non è detto che riesca a farlo con la grande moschea ufficiale.
Ma notizia di queste ultime settimane è che, assieme alla chiacchierata moschea di via Urbino, a Torino Sud ne sarà costruita un’altra. In nuovo centro di culto sorgerà in via Genova, nei pressi di piazza Bengasi, all’interno di un ex cinema. Sarà grande ben mille metri quadri. Promotore il Centro Culturale Islamico di Moncalieri, che ha già proceduto all’acquisto dei nuovi locali e avviato i lavori di sistemazione. Lo stesso centro culturale che aveva già investito centinaia di migliaia di euro in un altro fabbricato, sempre in piazza Bengasi, chiuso presto perché non a norma.
Tale moschea, che sarà intitolata al re del Marocco Mohammad IV, concentrerà i Musulmani di Torino sud, oltre che di Moncalieri e Nichelino.
Per il compromesso sono già stati versati 50mila euro, per la ristrutturazione ne sono stati messi da parte 70-80mila. Il costo totale sarà di circa un milione e mezzo di euro. Le polemiche non mancheranno.