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Crisi del commercio a Torino: chiusi 800 negozi in 3 mesi

Da Alessandro Maldera

Giugno 05, 2024

vetrine di un negozio

Il panorama commerciale di Torino sta attraversando una fase di profonda trasformazione, caratterizzata da un preoccupante calo delle attività di vendita al dettaglio. Secondo gli ultimi dati forniti dall’Ufficio Studi di Confesercenti, nei primi tre mesi del 2024, la regione Piemontese ha assistito alla chiusura di ben 786 imprese del settore commerciale, con una media allarmante di quasi 9 negozi al giorno, festivi inclusi.

Questo crollo delle attività di vicinato non è un fenomeno isolato, ma riflette una tendenza più ampia che sta interessando l’intero territorio da diversi anni. Le cause di questa crisi sono molteplici e interconnesse, e vanno dall’ascesa inarrestabile dell’e-commerce alle mutevoli abitudini di consumo dei clienti.

L’Impatto dell’E-Commerce

Uno dei fattori chiave che ha contribuito al declino delle attività commerciali tradizionali è l’inarrestabile crescita dell’e-commerce. Le stime suggeriscono che gli acquisti online aumenteranno del 13% nel corso del 2024, rappresentando una sfida significativa per i negozi fisici. Questa transizione verso il mondo digitale ha portato a una ridistribuzione delle preferenze dei consumatori, con sempre più persone che optano per la comodità degli acquisti online.

La Diminuzione delle nuove attività

Oltre alle chiusure, un altro fattore che contribuisce al calo delle attività commerciali è la diminuzione delle aperture di nuove imprese. Nel primo trimestre del 2024, in Piemonte, sono state aperte solo 594 nuove attività, un numero nettamente inferiore rispetto a dieci anni fa, quando le aperture erano più del doppio.

Questo rallentamento della “natalità” delle imprese commerciali è un segnale preoccupante, poiché indica una mancanza di investimenti e di fiducia nel settore. Le ragioni di questa frenata possono essere molteplici, come la difficoltà di accesso al credito, le incertezze economiche o le sfide legate alla concorrenza online.

Desertificazione Commerciale

Le conseguenze di questa crisi del commercio al dettaglio non si limitano solo alla scomparsa delle vetrine, ma hanno anche un impatto significativo sulle entrate fiscali. Secondo i dati forniti, la desertificazione commerciale ha portato a una perdita cumulata di 5,2 miliardi di euro di entrate fiscali negli ultimi dieci anni.

Questa erosione fiscale colpisce sia lo Stato sia gli enti locali, con ripercussioni negative su diverse voci di entrata, come l’IMU, la TARI, l’IRPEF, le addizionali regionali e comunali, l’IRAP e altri tributi comunali. Questo deficit di risorse potrebbe avere gravi conseguenze sulla capacità di fornire servizi pubblici adeguati e sulla qualità della vita nelle città.

Il Futuro delle Città Senza Negozi

Banchieri ha lanciato un monito allarmante: “Davvero vogliamo città prive di negozi e attraversate soltanto dai furgoni delle consegne a domicilio?”. Questa domanda retorica solleva interrogativi fondamentali sul ruolo dei negozi di vicinato nella vitalità urbana e nella coesione sociale delle comunità.

I negozi non sono solo luoghi di acquisto, ma anche spazi di interazione sociale, di scambio culturale e di valorizzazione dell’identità locale. La loro scomparsa potrebbe portare a un impoverimento dell’esperienza urbana, con conseguenze negative sulla vivibilità delle città e sulla qualità della vita dei residenti.

L’Importanza di Preservare l’Identità Locale

Oltre agli aspetti economici e fiscali, la crisi del commercio al dettaglio solleva anche questioni legate alla preservazione dell’identità locale e della tradizione. I negozi di vicinato sono spesso custodi di saperi artigianali, di prodotti tipici e di storie legate al territorio.

La loro scomparsa potrebbe rappresentare una perdita inestimabile per il patrimonio culturale e l’autenticità delle città, sostituendo le realtà locali con una omologazione dettata dalle grandi catene commerciali e dalle piattaforme online.

L’Impatto sulla Qualità della Vita Urbana

La crisi del commercio al dettaglio non riguarda solo gli aspetti economici e fiscali, ma ha anche un impatto significativo sulla qualità della vita urbana. I negozi di vicinato svolgono un ruolo fondamentale nel creare comunità vivaci e coese, offrendo spazi di incontro e di interazione sociale.

La loro scomparsa potrebbe portare a un impoverimento dell’esperienza urbana, con conseguenze negative sulla vivibilità delle città e sulla coesione sociale delle comunità locali. Preservare questi spazi commerciali non è solo una questione economica, ma anche un modo per salvaguardare l’anima delle città e la qualità della vita dei residenti.

Le Sfide dell’Innovazione e della Digitalizzazione

Nonostante le difficoltà, il settore del commercio al dettaglio non è immune alle opportunità offerte dall’innovazione e dalla digitalizzazione. Molte attività stanno abbracciando strategie di vendita omnicanale, combinando la presenza fisica con una forte presenza online.

Questo approccio consente di sfruttare i vantaggi dell’e-commerce, pur mantenendo il valore aggiunto dell’esperienza di acquisto in negozio e del rapporto diretto con i clienti. Tuttavia, questa transizione richiede investimenti significativi in tecnologia e formazione, rappresentando una sfida per molte piccole imprese.

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende