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La cardiochirurgia moderna: mininvasività, metodiche d’avanguardia e team multispecialistici

Da Alessandro Maldera

Marzo 21, 2022

Maria Pia Hospital di Torino, struttura di Alta Specialità, porta in campo l’innovazione in ambito cuore, con interventi su valvole, coronarie e carotidi

Secondo i dati Istat negli ultimi anni si è registrato un aumento percentuale di pazienti colpiti da patologie cardiache. Una situazione solo in parte derivante dalla pandemia ma che accende i riflettori su quelle malattie che riguardano il sistema cardiaco. Da un lato si riscontra una rinnovata attenzione verso la salute con campagne di prevenzione volte ad accrescere la consapevolezza del valore di una pronta diagnosi; dall’altro lato, grazie all’innovazione in campo chirurgico e interventistico, è possibile trattare casi considerati fino a qualche tempo fa inoperabili.

Maria Pia Hospital di Torino, ospedale di alta specialità di GVM Care & Research accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale, è un centro di riferimento per il trattamento di casi cardiochirurgici complessi che richiedono un approccio multispecialistico.

L’Heart Team, un team multidisciplinare composto da cardiochirurghi, cardiologi, emodinamisti, cardioanestesisti e perfusionisti, collabora per affrontare ogni caso, dal più semplice al più complesso, valutando le diverse opzioni cliniche per individuare l’iter terapeutico più indicato per trattare il singolo paziente, con approcci che si distinguono per metodiche innovative e procedure mininvasive a beneficio del paziente.

Condiretta dalla dott.ssa Chiara Comoglio e dal dott. Mauro del Giglio, l’Unità Operativa di Cardiochirurgia di Maria Pia Hospital si occupa di interventi su coronarie, carotidi e valvole cardiache.

La chirurgia coronarica ha lo scopo di ripristinare il corretto flusso ematico laddove vi siano dei restringimenti nelle coronarie. Effettuata a cuore battente e con un approccio che mira alla mininvasività, si occupa di trattamenti di rivascolarizzazione miocardica, con o senza l’ausilio della circolazione extracorporea, anche in urgenza.

Per quanto riguarda l’attività di chirurgia valvolare, ovvero per trattare problematiche delle valvole cardiache (mitrale, aortica, tricuspide) quali insufficienze, stenosi o malformazioni, si procede, nella maggior parte dei casi, mediante tecniche conservative e con la riparazione della valvola mitrale e della valvola aortica; quando ciò non è possibile, si effettua una sostituzione con protesi meccaniche o biologiche.

La chirurgia valvolare adotta tecniche mininvasive che, con incisioni cutanee ridotte di soli 4-6cm, permettono di eseguire tutti i procedimenti sulle valvole evitando la sternotomia, ovvero l’apertura del torace. L’approccio mininvasivo favorisce un rapido recupero post-operatorio e il ritorno alla quotidianità in breve tempo; è inoltre particolarmente indicato per la maggior parte dei pazienti e specialmente nei pazienti anziani, in quelli con patologia respiratoria associata o nei re-interventi. Risulta adeguato anche nel trattamento dei tumori cardiaci, dei difetti del setto inter-atriale o per la terapia chirurgica della fibrillazione atriale. Il risultato estetico nei pazienti giovani rappresenta infine un ulteriore vantaggio.

L’alto volume di procedure di chirurgia valvolare e coronarica effettuate ogni anno conferisce all’équipe di Maria Pia Hospital l’expertise per poter trattare anche casi particolarmente complessi. Come in un recente intervento di sostituzione della valvola aortica ad un giovane paziente di soli 32 anni: un’operazione complessa che ha visto l’utilizzo di una valvola di ultima generazione dalla durata auspicata di oltre 20 anni (studi attestano la durata del modello precedente a 17 anni).

A condurre questo intervento e altre procedure innovative è il dott. Mauro Del Giglio, cardiochirurgo specializzato nelle procedure di sostituzione della valvola aortica con approccio mininvasivo (in minitoracotomia) e nella chirurgia dell’aorta nella sua interezza (chirurgia della radice e dell’aorta ascendente e chirurgia dell’arco aortico), per trattare le principali patologie che l’affliggono come rotture aortiche e dissezioni.

Un’ulteriore innovazione portata avanti dalla struttura torinese di GVM Care & Research è legata ai protocolli anestesiologici: “A Maria Pia Hospital prestiamo molta attenzione allo sviluppo di protocolli anestesiologici con un impatto minimo sul paziente– spiega il dott. Del Giglio -. In particolare per quanto riguarda l’anestesia stiamo adottando metodiche che non richiedono l’utilizzo di oppioidi e che consentono anche il risveglio immediato del paziente senza lasciare il ricordo dell’intubazione”.

Tra le patologie più diagnosticate e trattate ci sono l’insufficienza valvolare aortica e la stenosi aortica.

Insufficienza valvolare aortica: congenita in 4 persone su 1000 sotto i 40 anni.

L’insufficienza valvolare aortica è una patologia che interessa la valvola aortica del cuore incapace di aprirsi e chiudersi correttamente e di impedire al sangue, durante la fase diastolica (ovvero quella di riposo di del cuore tra due contrazioni muscolari), di refluire dall’aorta al ventricolo sinistro. Ha un’incidenza piuttosto elevata nella popolazione, specie nella fascia di età compresa tra i 40 e i 70 anni, ma può colpire anche pazienti giovani: 4 persone su 1000 infatti ne soffrono al di sotto dei 40 anni. In questi casi l’insufficienza aortica è congenita. Invece dai 70 anni in poi la patologia è principalmente causata dall’invecchiamento e da cause di natura degenerativa.

Se non viene curata in maniera adeguata, l’insufficienza aortica può portare allo scompenso cardiaco, un afflusso insufficiente di sangue a organi e tessuti per la diminuita capacità di pompaggio del cuore.

Esistono fattori di rischio che vanno controllati per evitare le complicazioni della patologia. È importante tenere sotto controllo il peso, la dipendenza dal fumo, praticare regolare attività sportiva e seguire un’alimentazione equilibrata per mantenere bassi i valori del colesterolo, oltre a monitorare la pressione arteriosa e il diabete, che possono essere correlati allo sviluppo di cardiopatie.

Stenosi aortica: patologia cardiaca più diffusa in Italia.

La stenosi aortica è una patologia valvolare molto comune nei Paesi Occidentali, la più frequente in Italia: la fascia di età a rischio è compresa tra i 60 e i 70 anni. Se non adeguatamente trattata, l’evoluzione della malattia è causa di morte nel 50% degli individui a distanza di 3 anni dall’inizio dei sintomi.

Per stenosi aortica si intende il restringimento della valvola aortica, attraverso cui passa il sangue prima di immettersi nel sistema arterioso. A causa di tale ostruzione, il ventricolo sinistro è costretto ad aumentare la propria pressione di spinta e come conseguenza diretta si ha l’ipertrofia (ingrossamento) della parete cardiaca.

Si manifesta con un soffio al cuore quando è lieve, mentre quando è severa il paziente accusa fame d’aria (dispnea), dolore al petto (angina pectoris), sincope (svenimento improvviso).

Le cause della stenosi valvolare aortica sono molteplici. Si può parlare di stenosi aortica congenita quando è legata a malformazioni come la bicuspidia aortica. Può correlarsi a patologie di origine reumatica, dovute ad una precedente e malcurata infezione batterica. Mentre la degenerazione calcifica è in genere collegata al normale processo d’invecchiamento dell’organismo: dà i primi segnali dopo i 65 anni ed è comunque la causa più frequente.

In condizioni di stenosi aortica severa, la chirurgia è l’unica strada percorribile. Due le opzioni disponibili: la sostituzione chirurgica convenzionale e l’approccio percutaneo mininvasivo (TAVI).

Evitare le emotrasfusioni: il Protocollo Bloodless, chirurgia senza sangue

Patient Blood Management (PBM) è un protocollo che consente di ottimizzare la “risorsa” di sangue del paziente e dunque di evitare o ridurre le emotrasfusioni durante gli interventi chirurgici. Maria Pia Hospital è centro di riferimento per la medicina e la chirurgia bloodless con oltre 230 casi dall’inizio dell’attività, poco più di 24 anni fa, ed ha perfezionato negli anni un protocollo che ha dato risultati straordinari: solo 1 paziente su 3 necessita di trasfusione.

L’emorragia durante o dopo l’intervento rappresenta un importante fattore di rischio operatorio, quindi sia l’OMS che il Ministero della Salute raccomandano l’adozione di programmi che consentono di “conservare” la risorsa sangue del paziente. In particolare l’équipe lavora in quest’ottica fin dalla preparazione all’intervento per prevenire e gestire l’anemia pre-operatoria, ottimizzare successivamente la coagulazione per ridurre il rischio di sanguinamento e infine promuovere un’ottimale emoconservazione.

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende