Torino gatto salvato dopo 3 mesi chiuso in casa: la padrona era in carcere

L’animale è stato liberato grazie all’intervento del Garante dei detenuti
Torino gatto salvato dopo quasi 3 mesi chiuso in casa senza acqua nè cibo.
Una storia che ha dell’incredibile. L’animale appartiene ad una donna detenuta nella sezione femminile del carcere delle Vallette. La signora lo aveva affidato alle cure di un uomo che però ha lasciato la città all’inizio di giugno, senza avvisarla.
Giunta a conoscenza della dipartita, la donna ha prontamente avvisato i collaboratori della Garante dei detenuti, Monica Gallo, affinchè il gattino fosse messo in salvo. Pochi giorni fa dunque, recuperate le chiavi dell’appartamento, la polizia municipale ed i referenti del gattile sono intervenuti per soccorrere l’animale.
Il micio, seppur molto debilitato, era ancora vivo. Sopravvissuto senza alcun aiuto per tre mesi, è stato immediatamente portato del veterinario.

Torino gatto salvato dopo tre mesi, ora attende il ritorno della proprietaria
Ricevute le cure necessarie aspetta ora il ritorno della sua padrona. L’intervento per salvare il gatto fa parte dell’impegno alla tutela del diritto all’affettività, riconosciuto anche nelle relazioni con gli animali domestici.
La Garante ha ringraziato tutti coloro che hanno collaborato alla risoluzione della curiosa vicenda. Ha inoltre sottolineato il diffuso e sottovalutato problema del destino degli animali d’affezione dei detenuti.
In pochi riescono infatti ad occuparsi dei propri animali da compagnia prima della carcerazione trovando loro un’adeguata sistemazione. Nella maggior parte dei casi quando viene segnalata la presenza di un animale inizia un lungo iter burocratico. Spesso si ricorre alle strutture – canili e gattili – dove esiste una sezione dedicata, che costringe però gli animali ad essere detenuti come i loro i padroni.
A questo si aggiunge un altro tema molto discusso, ovvero quello dell’impossibilità per i carcerati di incontrare e mantenere la relazione affettiva con i propri animali domestici. Proprio questi ricongiungimenti sono alla base di una delle strategie per la rieducazione ed il reinserimento delle persone detenute. Un progetto che nonostante i finanziamenti non è ancora decollato.
Ilaria Di Pinto