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Emigranti, quando ad andar via erano i piemontesi

Da Alessandro Maldera

Dicembre 02, 2013

Piemonte Boero storia

Dalle Alpi verso i Monti dei Draghi. Dalle colline del Monferrato verso l’Alto Veld. Dalla campagna del torinese verso l’arido Karoo, la terra della sete. E’ lunga la storia degli emigranti piemontesi.

Sono molti gli italiani che si sono spostati nel corso dei secoli, che hanno attraversato oceani, emigranti che hanno percorso migliaia di chilometri in cerca di maggior fortuna o per spirito di scoperta e di sfida, e che si sono ambientati e integrati tra popoli e culture lontane. I piemontesi non furono da meno, no di certo.

I primi pionieri piemontesi in Sudafrica furono valdesi.

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Erano una quarantina in fuga dall’Europa, dagli odi religiosi e dalle spade cattoliche affilate ed integraliste. Vennero accolti su un vascello olandese con rotta verso il profondo sud della Terra.

Affrontarono mesi di dura navigazione lungo le coste dell’Africa Occidentale per raggiungere il Capo di Buona Speranza, il meridione estremo del Continente Nero, nel 1688. Si stabilirono nella colonia dei Paesi Bassi con altri perseguitati come famiglie di Ugonotti di Francia, e con loro, quella base navale della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, crebbe fino a diventare l’attuale Città del Capo.

Emigranti, quando ad andar via erano i piemontesi
Emigranti, quando ad andar via erano i piemontesi

Teresa Viglione era una discendente di questo piccolo nucleo valdese. Era una donna coraggiosa, su un monumento di Pretoria dedicato ai Voortrekker, (“quelli che vanno avanti”, gli avanguardisti Afrikaner, ovvero i primi Boeri d’origine olandese) c’è un fregio dedicato a lei.

Nel 1838, nel corso della Sesta Guerra della Frontiera del Capo tra afrikaner e tribù Zulu e Xhosa, fu invitata una delegazione di coloni bianchi per parlamentare con il re Zulu Dingane. Nel kraal reale, il clima sembrava amichevole e distensivo. Poi Re Dingane all’improvviso, con una truce sorpresa per i suoi ospiti, ordinò ai suoi guerrieri:

“Buladani abatagati! Uccidete gli stregoni!”

Emigranti, quando ad andar via erano i piemontesi
Emigranti, quando ad andar via erano i piemontesi

E gli stregoni bianchi furono acciuffati da tante forti mani nere, impalati sotto il cielo africano e lasciati in macabro pasto agli avvoltoi e bestie feroci.

Poi i reggimenti negri serrarono le fila e marciarono coi grandi scudi e con le zagaglie da lancio pronte a lacerare le pallide pance dell’invasore. I soldati di Dingane si scagliarono contro un accampamento boero nella provincia del Natal e trucidarono 500 tra uomini, donne e bambini in quello che in Sud Africa viene ricordato come il massacro di Weenen (in olandese weenen significa piangere).

Poco distante dallo scannatoio, dalle urla terrorizzate dei condannati e da quelle eccitate dei carnefici, una colona d’origine piemontese assistette alla scena dalla sua carovana insieme ad altri discendenti italiani. Salì subito in groppa al cavallo più veloce e corse come una furia ad avvisare gli altri insediamenti in zona.

Grazie a lei e al suo tempestivo grido d’allarme, molte famiglie si misero in salvo dalla caccia zulu. I boeri si riorganizzarono e fecero quadrato.

Nella “battaglia del fiume insanguinato” si presero la rivincita falciando intere schiere di guerrieri nemici.

Emigranti, quando ad andar via erano i piemontesi
Emigranti, quando ad andar via erano i piemontesi

La dinamite è un esplosivo inventato da Alfred Nobel. E fu proprio la dinamite a dare un nuovo impulso all’emigrazione dal Piemonte verso il Sud Africa sul finire dell’800. Già perché all’epoca il polverificio di

Avigliana attraversava difficoltà economiche per via di commesse militari mancate. Invece, molte miglia più a sud, le miniere di diamanti di Kimberley tra i fiumi Vaal e Orange avevano un gran bisogno di bei petardoni per scassare la terra in cerca di fortune luccicanti. Intere colline esplosero nella forsennata febbre dei diamanti africani grazie alla manodopera specializzata che da Avigliana si trasferì a Johannesburg, nella fabbrica di dinamite di Modderfontein. Gli artigiani sabaudi dei bei botti trovarono una nuova patria e sorse nella metropoli il quartiere di Little Italy che poi con nuovi influssi migratori specialmente dalle nostre regioni del Mezzogiorno si affollò di paisà.

Un grave incidente nello stabilimento causò la morte di dodici conterranei.

Le cronache dell’epoca dicono che forse non si trattò di un incidente ma di un’azione di sabotaggio di agenti inglesi che tramavano per il potere.

Va detto che noi piemontesi e italiani in generale ci integrammo benissimo con la storica comunità bianca e boera. Entrammo così bene in sintonia con gli afrikaner che ci arruolammo con passione armata nella guerra anglo-boera a cavallo tra il XIX e il XX secolo per difendere l’indipendenza delle regione dalle mire espansionistiche della corona britannica con l’acquolina in bocca per oro e diamanti. Nei commando della Legione Volontaria Italiana, di cui ci occuperemo con occhio avventuroso nel prossimo articolo, gli italiani dimostrarono un’eccellente inclinazione alla guerriglia nel veld, la prateria sudafricana.

Però, infine, fummo decimati in gran numero così come i nostri amici sconfitti, i boeri degli stati indipendenti della Repubblica del Transvaal e dello Stato Libero d’Orange.

 Federico Mosso

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende