Storia

Antonio Sismondi, l’impiccato resuscitato: ultimo atto

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 Il 12 marzo 1853, a Torino un impiccato è resuscitato: Antonio Sismondi, al momento di essere sepolto presso il cimitero di San Pietro in Vincoli, ha dato segni di vita ed è morto alle dieci del mattino dello stesso giorno.

Proseguono le polemiche fra i medici torinesi a proposito del miglior metodo per le esecuzioni capitali, per evitare che si ripetesse la storia di Antonio Sismondi.

I professori Secondo Berruti e Carlo Demaria, sostenitori dell’impiccagione, pubblicano un opuscolo, “Sul modo da preferirsi nell’applicazione della pena di morte”, per sottoporre al pubblico le loro idee. Costa una lira, a beneficio del Regio Ricovero di mendicità.

Rispondono i professori Luigi Battaglia e Filippo Defilippi col volumetto “Sul modo di applicare la pena della morte”, dove confermano il loro favore per la decapitazione.

In questi opuscoli, scritti “a caldo”, gli insigni medici del Regno riportano le meditate osservazioni di Pietro Pantoni che già hanno citato con considerazione, nel corso delle loro discussioni scientifiche.

Antonio Sismondi, l'impiccato resuscitato: ultimo atto
Antonio Sismondi, l’impiccato resuscitato: ultimo atto

L’anno seguente appare un terzo opuscolo, scritto dai dottori Giambattista Borelli, Chirurgo dell’Ospedale Maggiore dei SS. Maurizio e Lazzaro, e Antonio Zambianchi, intitolato “Sulla pena di morte nelle sue relazioni colla fisiologia e col diritto”. L’opuscolo è più ponderato e meglio documentato dei precedenti: Borelli si è addirittura recato a casa Pantoni per sentirne il parere.

La Medicina legale al tempo è una branca della Medicina, la si studia all’Università (Carlo Demaria è il titolare della cattedra), ma non possiede certo tutte le moderne nozioni e le informazioni “vissute” di Pantoni sono preziose.

Quando si stampa questo opuscolo, nel 1854, il clamore è ormai sopito, i documenti e i libretti dell’anno precedente hanno già iniziato il loro lungo sonno nella polvere degli archivi e delle biblioteche…

Tornando al clamore del marzo 1853, il giorno 18, si rappresenta a teatro “Il giustiziato redivivo”, forse riciclando una commedia dell’anno precedente.

Fin dal 12 marzo i giornali torinesi hanno iniziato a parlare della “resurrezione” di Sismondi, anche in prima pagina, e proseguono nei giorni successivi, con le idee più o meno rigide del Parlamento. I giornali cattolici intransigenti ribadiscono di essere favorevoli alla pena di morte.

E proprio da un giornale viene il commento più “torinese” della vicenda.

Il giornale Il Parlamento del 15 aprile 1853 riporta una lettera del signor V.G. che propone di impiegare per le esecuzioni una scossa elettrica di intensità sufficiente a rendere la morte istantanea e certa.

Peccato che la proposta di V.G. non abbia seguito: si sente spesso dire che Torino è stata la “prima” città italiana in molti campi e si poteva aggiungere la sedia elettrica!

Milo Julini

 

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