Arte

Gallerie d’arte torinesi, tra il 1950 ed il 1960

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Cosa sarebbe stata (e cosa sarebbe tuttora) l’arte contemporanea a Torino senza il lavoro difficile, controcorrente ma estremamente prezioso delle gallerie private?

È una domanda che mi pongo spesso, soprattutto quando a novembre, in occasione della ormai internazionale e rinomata Artissima, osservo esterrefatto stormi di hipster e radical chic che passeggiano, fotografano e commentano le installazioni ed i video (perché di pittura, onestamente, se ne vede ben poca) esposti all’interno degli stand, come se ogni giorno visitassero gallerie d’arte.

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Non è facile rispondere: tanto per iniziare, non ci sarebbe Artissima.

Addirittura, forse, non ci sarebbe il Museo d’Arte Contemporanea al Castello di Rivoli… Sicuramente non ci sarebbe stato un collezionismo cittadino dinamico e attivo.

Ma, soprattutto, il cittadino torinese non avrebbe potuto ammirare, in anteprima in alcuni casi rispetto alle altre città italiane, artisti che hanno fatto la storia dell’arte negli ultimi decenni.

Per parlare del sistema delle gallerie oggi attive in città occorre fare un salto indietro nel tempo e fornire una panoramica delle gallerie “storiche” che hanno permesso a Torino di acquisire un ruolo di primo piano nel sistema dell’arte contemporanea italiano.

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Veduta della mostra Arte Abitabile, Galleria Sperone, Torino, 1966. Da “Gian Enzo Sperone. Torino, Roma, New York”, hopefulmonster editore, Torino, 2000

 

Gli anni ’50 per Torino sono anni di grande fermento culturale:  il milieu artistico è legato alle figure di Felice Casorati, pittore, e Luigi Carluccio, critico e gallerista presso La Bussola, che ospita mostre volte ad esporre per la prima volta in città opere di artisti stranieri (in particolare dell’Ecole de Paris) ancora sconosciuti e ad affiancare questi ultimi alle giovani leve torinesi.

In parallelo all’attività della Bussola, alla cui guida nel 1955 subentra Giuseppe Bertasso, si sviluppa quella della Galleria Notizie di Luciano Pistoi.

A quest’ultimo va riconosciuto il merito di aver riscoperto il Secondo Futurismo torinese ma soprattutto i successi frutto della intensa collaborazione con il critico francese Michel Tapiè, grazie al quale i torinesi hanno potuto conoscere ed apprezzare le ricerche dei protagonisti dell’area informale europea ed americana, oltre a quelle dei giapponesi del gruppo Gutai (Pistoi organizza la prima collettiva del gruppo in Europa).

Siamo negli anni a cavallo tra ’50 e ’60.

Nel 1964 inaugura la galleria che più di tutte ha cambiato (in meglio) le sorti dell’arte contemporanea a Torino: Gian Enzo Sperone, studente di lettere, aspirante scrittore e direttore dell’omonima galleria rivoluziona la situazione torinese attraverso il passaggio (emblematico) da Parigi a New York, dalla stanca cultura artistica europea al nuovo e dinamico mercato americano.

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Antonio Carena e Luciano Pistoi alla Galleria Notizie 1959

Attraverso contatti diretti con Leo Castelli, influente gallerista newyorkese, e con la moglie di quest’ultimo Ileana Sonnabend, anch’essa titolare di una galleria a Parigi, Sperone è l’unico gallerista in Italia ad essere riuscito, nei primi anni ’60, ad inserirsi in un mercato internazionale e, di conseguenza, a portare Torino ad essere punto di riferimento, in Italia, per le geopolitiche legate alle nuove tendenze artistiche.

In soldoni, questo filo diretto porta a Torino i giovani e ancora poco conosciuti artisti americani del New Dada (Robert Rauschenberg espone in galleria prima di ricevere il Gran Premio alla Biennale di Venezia del 1964) e della Pop Art, da Jim Dine a Roy Lichtenstein, a Andy Warhol, che espone da Sperone nel 1965.

Nella seconda metà degli anni ’60 Sperone è deus ex machina, insieme al critico Germano Celant, della nascita e dell’affermazione sul mercato internazionale del gruppo dell’Arte Povera, che annovera tra le proprie fila molti artisti torinesi: Michelangelo Pistoletto, Mario Merz, Piero Gilardi, Giulio Paolini, Giuseppe Penone…

Sperone negli anni Settanta trasferisce la propria galleria prima a Roma, poi a New York, ed il capoluogo piemontese nella prima metà del decennio registra un periodo di appannamento e di empasse dovuta anche allo spostamento a Roma di altri protagonisti degli anni ’60 quali Pistoi ed Alighiero Boetti.

Da questa fase Torino si riprenderà egregiamente grazie all’apertura di nuove gallerie (Giorgio Persano, Tucci Russo…) ed all’inaugurazione, nel 1984, del primo museo d’arte contemporanea in Italia, ubicato presso il Castello di Rivoli.

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Invito mostra Flavin, Rosenquist, Chamberlain, Warhol, Fontana, Pistoletto, Gilardi, Piacentino, Fabro Pascali, Anselmo, Zorio, Galleria Sperone, To 1967

 

Emanuele Bussolino

 

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