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L’uomo e il Salone del Libro, un’antica rivalità

Da Alessandro Maldera

Maggio 21, 2013

Il sabato pomeriggio rappresenta gioie e dolori per il maschio italiano.

Un single si dedicherà a ciò per cui la natura lo ha creato. Riprodursi? naaa, troppa fatica. Di sabato pomeriggio un qualsiasi uomo libero da condizionamenti socio-affettivi andrà ad incerare la macchina, giocherà finalmente alla Play Station o, semplicemente, se ne starà in canotta e pantaloncini davanti alla tv, con una birra in mano e l’altra ad accarezzarsi i sudaticci gioielli di famiglia.

Ebbene sì, care donne, sappiatelo. Prima che incontraste vostro marito o il vostro fidanzato, anche loro erano così. E tutte le volte che, per una ragione o per un’altra, li lasciate a briglia sciolta per qualche ora, si sentiranno appagati e vivi ad aspirare le briciole del panettone dai tappetini della loro Punto o ad annusarsi le dita dopo essersele passate nel solco delle chiappe.
È genetica, non si scappa.

Se invece un uomo è accoppiato da un tempo sufficientemente lungo per aver capito che è inutile discutere con il fuhrer della coppia, il sabato pomeriggio verrà sballottato tra una spesa da campo profughi e una passeggiatina di 11 km per vetrine di cui non gliene frega assolutamente nulla.

Donne, sappiatelo, quando un uomo vi accompagna a fare shopping, nella sua testa si stanno alternando balle di fieno che rotolano nel deserto e gabbiani in volo su un mare leggermente mosso. Non hanno idea di dove si trovino, perchè siano lì e chi diavolo sia quella femmina che continua a chiedere pareri su un coprispalle cremisi o un jeans anni ’80.

salone del Libro di Torino 2013

Voi non esistete!
I vostri “lui” stanno solo aspettando di tornare a casa.

Tra i più lobotomizzati dal rapporto di coppia ci sono purtroppo quelli che si lasciano convincere ad andare al Salone del Libro. Appena arriva maggio, il maschio italiano, nella fattispecie torinese, trema. L’anno prima la dolce metà lo ha trascinato con l’inganno: “Amore, andiamo al Salone del Libro?”

– “Mah, non so tesoro, dovrei lavare la macchina, c’è un ecosistema nel bagagliaio…”

– “Amoruccio mio, ma oggi pomeriggio al Salone c’è pure Belen che partecipa ad una conferenza sui tanga di bacon”. Scarpe allacciate, marcia ingranata e in 1 minuto e 20 secondi stavate già comprando i biglietti.

– “Quest’anno no, dai, un po’ di amor proprio, schiena dritta, petto in fuori e vediamo chi comanda qui!” pensa il povero illuso.

– “Amoreeeeee (le vocali trascinate sono sempre foriere di guai), dopo pranzo andiamo al Salone? È l’ultimo giorno, poi chiude”

– Grande, devo resistere solo altre 18 ore e poi sarò salvo, calcola mentalmente il derelitto e prorompe in un virile “No, cara, oggi no, c’è la finale di Champion’s, io non mi muovo da casa”

“- Ok, come vuoi. Allora invito anche mamma a vedere la partita, è un secolo che non viene a trovarci”

La scelta è amletica, la posta in palio altissima: veder distrutta ogni possibilità di godersi la partita in santa pace con la suocera ammorbante che passa continuamente davanti al televisore e ciarla costantemente al volume di una cassa del Pacha oppure sorbirsi un paio d’ore di inferno dantesco al Lingotto tra scolaresche moleste e un caldo tropicale?
L’istinto di sopravvivenza ha la meglio, si va al Salone. Anche quest’anno ha vinto lei.

In realtà vostra moglie, amante o fidanzata non legge un libro dall”88 e le uniche volte in cui si sofferma per più di due minuti su delle parole scritte sono quelle in cui guarda le repliche di Masterchef America sottotitolato in italiano. Però è una donna e nel weekend si deve uscire. La spesa è già stata fatta indi per cui o si trova un mercatino dell’usato a 170 km di distanza o si va all’evento mondano della settimana.

E Salone sia.

Borbottando come una teiera, l’uomo sale in macchina pensando a cosa lo aspetta: 40 minuti di fila, tormentato da venditori ambulanti che cercano di rifilarti la sesta edizione delle fiabe africane scritte in swahili e illustrate da uno zebù; un lasso di tempo variabile tra i 35 ed i 120 minuti per prendere la piantina, studiare a memoria la posizione di ogni stand e percorrere in maniera geometricamente ineccepibile i corridoi dei padiglioni.

Guai a sbagliare bivio, lei non te lo perdonerebbe; 80 minuti allo stand delle “Edizioni ortodossoarcaicopaleozoiche” alla ricerca di un libro di cucina vegana fuori catalogo già all’epoca di Gutenberg; 80 minuti allo stand (microscopico) della “Editori poirinesi riuniti” alla ricerca di un depliant su come decorarsi le unghie col gel a casa; 80 minuti di puro terrore nello stand delle carte Magic per acquistare la bustina, serie limitata, che manca al figlio della vicina di casa; 43 secondi nello stand dedicato ai calendari di Victoria’s Secret, unica vera ragione per pagare i 10 euro del biglietto.

Perchè ogni anno pensiamo “Stavolta scarico il coupon da internet, col cavolo che pago intero. Mi faccio prestare il giornale da mio zio e lo ritaglio da lì il buono sconto, altro che spendere tutti sti soldi”. E, immancabilmente, quando si arriva alla cassa, il coupon non ce l’abbiamo mai.

Durante la visita, oltre al vento che ulula e al verso dei gabbiani sul frangiflutti, ogni uomo disperato cerca di visualizzare come sarebbe bello se questo pomeriggio culturale rispecchiasse i propri canoni, le proprie aspettative.

  • Una decisione volontaria innanzitutto, niente coercizione, niente ricatti. Solo un quarantenne che decida, in piena autonomia, di impegnare due ore del suo tempo libero per fare una cosa che gli piace. Ahh, che liberazione sarebbe!
  • Un parcheggio comodo, davanti all’entrata del Salone, gratuito e, sopra ogni cosa, senza il parcheggiatore abusivo che ti chiede una moneta. Anzi, al posto dell’inutile seccatore di turno, una modella, unta di crema abbronzante, che si offre di parcheggiarti la macchina, metterti il nero gomme e ti lascia scritto il numero di telefono sul parabrezza con il rossetto. Non mi sembra di chiedere molto…
  • Un tapis roulant che ti accoglie appena chiusa la portiera e ti accompagna dolcemente in tutti gli stand. Se ti interessa quell’editore prenoti la fermata, scendi, dai un’occhiata ai libri in vendita e poi risali alla volta di nuove ed emozionanti avventure letterarie.
  • Una temperatura mite, non il clima adatto alle zanzare tigre ed ai licaoni che sempre si trova in qeuste occasioni. Con una delicata brezza al sapore di mandorle che asciuga il sudore di chi, incauto, si azzardi a scendere dal nastro trasportatore di cui sopra.
  • 15 persone. In totale, in tutti e tre i padiglioni. Si fanno dei gruppetti di 15 visitatori alla volta, quando tutti e quindici hanno terminato il percorso entrano altri 15.
  • Senza schiamazzi, senza gente che corre, senza gente che parla al telefonino o che fa foto ad ogni pannello illustrato, ma , soprattutto, senza avvoltoi che ti offrono un volantino sui prodotti locali dell’entroterra cagliaritano o ti propongono l’iscrizione ad un club di libri marci e costosissimi.
  • Con panini e tranci di pizza gratis, alla faccia dei loro 5 €!
  • Con la possibilità, solo per i soci premium, di essere portati in giro su una portantina con baldacchino e vino a profusione.
  • Libri che costano quanto valgono. La raccolta di foto dei One Direction dovrebbe essere omaggiata insieme ad un biglietto di scuse da parte degli autori, mentre “Il nome della rosa” potrebbe essere venduto anche a 150 euro.
  • E infine un walkie talkie in dotazione ad ogni visitatore: “Pronto? Sono il sig. Parella, non trovo l’ultimo di Stephen King e mi sono rotto le balle di camminare. Portatemelo, per favore”

Uno strattone al braccio (o una gomitata tra le costole, fate voi), precipita l’ingenuo sognatore nell’incubo ben più terreno che lo circonda.
“Amooooooooore (le vocali trascinate in mezzo alle parole sono ancora peggio!), che dici? Compro il decimo libro di Cotto e Mangiato, versione Solo Rape, o prendo il compendio storico sulla ceretta inguinale?”

Un fulmine a ciel sereno, un barlume di dignità maschile, l’istinto del maschio alfa: “Cara, ti ricordo che sono un uomo, cosa cazzo me lo chiedi a fare?!?”

Seguiranno dodici domeniche dodici di shopping con suocera al seguito.

a cura di Marco Parella

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende