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Un aiuto ai più sfortunati in nome di San Vincenzo

Da Alessandro Maldera

Maggio 24, 2012

Mensa, rifugio, assistenza per poveri e bisognosi: tutto questo è il San Vincenzo di via Nizza, l’istituto delle “figlie della carità di san Vincenzo de’ Paoli” la cui sede principale è in via Nizza 24, quartiere san Salvario.
Un gruppo costituito, oltre alle suore, da 85 volontari e 10 medici, la cui attività è rivolta alla prima assistenza dei più poveri: persone e famiglie senza reddito, senza casa, con problemi di disagio personale.
Ogni anno vengono aiutate in media più di 7000 persone, suddivise in modo pressoché equivalente tra italiani e stranieri. Dai 25 ai 30 colloqui al giorno, per un totale di 10.000 all’anno, 500 persone che quotidianamente ricevono cibo, più di 2000 coperte distribuite e circa 8000 cambi d’abito o di biancheria ogni anno per 1500 persone. I medici e volontari e una suora infermiera professionale assistono in ambulatorio una media di 10-12 persone al giorno, per un totale di 3.500 visite in un anno.
Inoltre, un gruppo di 4 legali volontari assiste circa 6-8 persone alla settimana per il disbrigo di pratiche legali (permessi di soggiorno, sfratti, multe,affido minori, ecc.).
Oltre alla mensa, messa a disposizione dalla Casa Provinciale delle Figlie della Carità, si è resa necessaria pure l’apertura di due case di accoglienza destinate a ragazze e donne (sole o con bambini) in stato di necessità; inoltre, dato il crescente numero di nuclei familiari che si rivolgevano e rivolgono al centro, sono stati resi disponibili circa 15 alloggi.
Le origini delle Figlie della Carità in Italia risalgono addirittura agli inizi del XVIII secolo. Angela, Francesca e Maddalena Re, tre giovani originarie di Cortanze (Asti), sotto la guida del parroco don Fraschini, diedero vita alla comunità “Terziarie di San Francesco”, che si dedicava ad assistere a domicilio gli infermi e ad educare le fanciulle.
Sorsero ben presto due istituti religiosi femminili dedicati all’assistenza, entrambi in provincia di Torino: una a Montanaro e poco più tardi un altro a Rivarolo.
Il 22 maggio 1831 il Beato padre Durando fu nominato Superiore della Casa della Missione di Torino e Direttore delle Figlie della Carità in Italia, e ben presto pensò di aprire una casa centrale e un noviziato a Torino. In poco più di tre anni si aprirono in Piemonte 7 case: nel 1833 si contavano quindici seminariste, quarantadue suore italiane e nove francesi, per un totale di sessantasei suore, divise tra le case di Torino, Montanaro, Rivarolo, Ivrea, Sommariva del Bosco e San Benigno Canavese. Nel 1834 il numero era arrivato a novantadue, e si poté iniziare a prestare l’opera nell’Ospedale di Carignano, in quello di Castellamonte, di Oneglia, nell’Ospedale Militare di Genova, oltre che l’istruzione dei fanciulli a Castellamonte e, l’anno successivo, a Oneglia.
La comunità torinese delle Figlie della Carità si ingrandì velocemente, e presto si pose il problema di trovare una sistemazione più adeguata. Re Carlo Alberto trovò una soluzione, offrendo alle Suore il convento di San Salvario, fino ad allora di proprietà dei Padri Servi di Maria, in disuso da quando, nel 1832, essi si erano trasferiti nell’ex monastero e chiesa della Visitazione.

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende