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Da Cabinotto e Tamarro a Hipster e Mainstream

Da Alessandro Maldera

Luglio 09, 2012

Da Cabinotto e Tamarro a Hipster e Mainstream

C’erano una volta i cabinotti, fieri rappresentanti della Torino bene armati di polo rosa e di scarpe superfirmate. Loro acerrimi nemici, i tamarri, glorificati poi da show televisivi d’oltreoceano e non solo.

I due eserciti si affrontavano a distanza, strade e locali accuratamente diversificati permettevano la pacifica convivenza.

Ultimamente, però,questa categorizzazione non basta più. Certo sono sempre stati molti quelli che non rientravano in nessuno dei due stili, ma ora si sta creando un terzo blocco.

Passando per la zona delle facoltà umanistiche lo spettacolo di varia umanità che gironzola tra un’aula e l’altra annovera non pochi membri di questa cultura urbana, gli hipster. Difficile, forse impossibile non averne mai visto uno.

Sono riconoscibili da alcuni elementi che li distinguono da qualunque altra tribù urbana, primo fra tutti il peso.

Hipster e grasso corporeo non vanno d’accordo, anzi, la magrezza è requisito fondamentale per potersi vestire come loro. Scarpe basse, pantaloni taglia micro con caviglia scoperta, t shirt larghe e possibilmente a righe.

L’accessorio par excellence sono gli occhiali da vista, modello Wayfarer come i vecchi Ray-Ban tornati in voga in questi anni; nessun hipster che si rispetti può farne a meno, avesse anche i decimi di un pilota di caccia.

Il termine hipster, secondo molti, risale agli anni Quaranta. Kerouac li definì persone dotate di una sensibilità fuori dal comune, ma quelli che si vedono a Torino sono spesso dotati anche (o solo) di una reflex.

È la loro arma, la loro bacchetta magica. L’attacco consiste di solito nel postare foto su Istagram, scattate al Valentino in in Piazza Cavour (fino all’ora dell’aperitivo), oppure all’Astoria in San Salvario, dove si trovano a manciate.

Ma Torino è una città ospitale per gli hipster?

La loro comunità ha il suo habitat ideale nelle grandi metropoli, dove possono facilmente trovare angoli curiosi da fotografare. Sotto la Mole questi scorci sono facilissimi da trovare, specie per il vero hipster, quello che gira su una vecchia Graziella.

La città, però, può essere anche nemica dell’ hipster tipo, costretto a evitare quanto c’è aria di mainstream. Mainstream è un termine usato in musica per indicare i gruppi noti, più commerciali di un certo genere: leggenda vuole che gli hipster non ascoltino musicisti conosciuti da più di duecento persone.

A Torino sono mainstream: i portici, le vie dedicate a santi o membri della famiglia reale, il Museo Egizio, tifare per la Juve o per il Toro, non tifare né Juve né Toro perché il calcio è solo una macchina per soldi, la Fiat, le gelaterie artigianali, i controviali, Piazza Vittorio, l’Hiroshima Mon Amour, i Murazzi, i toret, insomma la lista sarebbe infinita.

Negli ultimi tempi l’accresciuta popolarità sta facendo diventare mainstream anche San Salvario, ma è certo che gli hipster troveranno un’altra riserva da cui tempestare Instagram di foto di bici e angoli.

G.O.

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende