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Intervista a Lorenzo Bassi: Chief Executive Officer dell’azienda Modo di Torino

Da Alessandro Maldera

Febbraio 22, 2023

Abbiamo avuto il piacere di incontrare Lorenzo Bassi, Chief Executive Officer di Modo: azienda che supporta a 360 gradi l’organizzazione di grandi eventi di cui Torino è stata protagonista negli ultimi 15 anni. Con lui, manager capace e qualificato, abbiamo cercato anche di capire quali siano le difficoltà nel realizzare un evento a Torino e quali saranno le sfide che aspettano la nostra città.

  • Modo, non una semplice azienda noleggio di allestimenti per eventi bensì un servizio integrato e composito che accompagna il cliente durante tutta la filiera, dalla progettazione alla consegna:è questo il segreto del vostro successo?

Sì, possiamo dire così, nel senso che chi organizza un evento può trovare in noi un interlocutore capace di fornire non soltanto le attrezzature a noleggio, che compongono comunque nel complesso circa il 50% del fabbisogno di un evento. Perché poi c’è un’altra parte di fabbisogno che comprende tutto ciò che è necessario produrre e realizzare ad hoc, dai palchi ai fondali, per fare qualche esempio. Inoltre c’è poi una corposa dose di servizi collaterali che offriamo, come la gestione luci, audio e video, i sistemi di accredito o anche banalmente il personale di servizio, tecnico o artistico che sia. Insomma, se un evento è composto da dieci macrosezioni che vanno seguite, noi siamo in grado di controllarne nove. Noi non siamo un’agenzia che organizza eventi, ma possiamo supportare a 360 gradi chi li organizza.

  • La lista dei partner con cui avete collaborato è strabiliante, così come eventi in ordine sparso tra i quali ATP Tennis Finals, Eurovision, Kappa Future Festival, Monte Carlo Film festival e tanti altri: quando ripensa a questi 15 anni di attività, quanto c’è di orgoglio e soddisfazione per i risultati ottenuti e quanto di ambizione per continuare a crescere perfezionando i vostri servizi?

Non nascondo ci sia un forte senso di orgoglio e mi piacerebbe lo provassero anche tutte le persone che lavorano con noi, dai magazzinieri agli architetti, dai montatori agli impiegati. Il nostro è un lavoro nel quale si vive in costante emergenza e nel quale si è spesso chiamati a gettare il cuore oltre l’ostacolo, perché il mondo degli eventi si è quasi “sclerotizzato”: è la perfetta estensione della globalizzazione, di un mondo diventato velocissimo, siamo chiamati a realizzare cose incredibili con tempi che non sono credibili. In un mercato che pretende risposte veloci, puoi soltanto rispondere essendo strutturato in termini di competenze e attrezzature che ti permettono di non dover sottostare a tempi ed esigenze altrui.

  • Argomenti all’ordine del giorno sono sostenibilità e impatto zero: in che modo sono obiettivi raggiungibili nel vostro settore?

Sempre più organizzatori di eventi superstrutturati richiedono ai fornitori di dimostrare attenzione nei fatti, con certificazioni e processi sostenibili cui noi ci siamo adeguati. In realtà, per quel che riguarda il nostro settore siamo ancora al Pleistocene delle politiche ambientali, considerando che gli eventi per definizione devono essere fantastici e scintillanti ma hanno una durata incredibilmente breve. Noi cerchiamo da sempre di differenziare il più possibile, ma per esempio spesso ci scontriamo anche con la difficoltà di dover sgomberare rapidamente le location.

  • Torino e Milano, oltreché la neonata Vicenza, sono le sedi operative: quali differenze, se ne esistono, avete riscontrato nell’organizzazione degli allestimenti tra le due grandi città?

Assolutamente sì e mi tocca scendere nel più becero dei luoghi comuni che, però, devo sottoscrivere: il milanese è un lavoratore estremamente competitivo e crudele, quasi inumano, focalizzato sull’obiettivo, mentre il torinese è decisamente più rilassato e ha una mentalità ancora troppo frenata, con quel solito timore di sembrare “cool” o ricco. Motivi per cui Milano ha certamente parecchio da insegnare e, lo ammetto, quando mi siedo a un tavolo con organizzatori e imprenditori lombardi mi tremano ancora un po’ le gambe: per loro non è ammissibile qualche cosa non venga fatta al meglio.

  • Qual è stato l’allestimento che più vi ha messo in difficoltà e perché? E quale invece vi ha regalato maggiore soddisfazione?

Certamente l’Eurovision Song Contest ha cambiato in tutti noi la percezione di quel che può essere un evento: è stato semplicemente pazzesco. Parlando di grandi manifestazioni recenti, rispetto alle ATP Tennis Finals, per cui abbiamo allestito qualcosa come 40 ristoranti, le energie profuse sono state concentrate in un luogo fisico più ridotto: 60 postazioni trucco, angoli Tik Tok e social vari, aree hospitality da favola, 150 tonnellate di tecnologia luci, audio e video appese al soffitto, palchi che ruotavano, fontane, sala stampa con 500 tavoli, giusto per fare qualche esempio. Solo per l’Eurovision abbiamo spostato 70 bilici di materiale…incredibile davvero.

  • Che valore assegnate alla comunicazione e all’attività di promozione dei vostri servizi sul territorio?

Rispetto a quel che immaginiamo sia il percorso di Modo ci sentiamo in piena pubertà e in questa fase della nostra vita abbiamo imparato una cosa importante, ovvero che comunicare è basilare. All’inizio non avevamo consapevolezza, risorse e forse nemmeno necessità, Siamo legatissimi al territorio e ci piacerebbe, un domani, avere un ruolo attivo.

  • Parliamo ora del suo rapporto con Torino: cosa le piace e cosa invece proprio non la convince della nostra città?

Torino secondo me una città straordinaria, complessa e, dal punto di vista degli eventi, una città che si sta svegliando e che sta imparando a guardare oltre i confini. Torino è una città di persone serie, sa mettersi in discussione con il suo essere umile ma costruttiva. Di fatto mi piace tutto, solo mi infastidisce come sia stata abbandonata a se stessa l’area dell’ex PalaStampa. Avrebbe potuto essere un altro polo molto invitante per gli eventi, in particolare nella fascia 5-8 mila posti di cui la città ora è sprovvista.

  • Dal punto di vista degli eventi, anche dal profilo internazionale, la nostra città vive un periodo storico di straordinaria proliferazione: crede che il trend possa continuare a essere in crescita?

Sono pronto a scommetterci, i segnali arrivano da tutte le parti e avverto sempre di più un atteggiamento di conferma da chi ci guarda da fuori sulla nuova reputazione che la nostra città si sta costruendo. A Torino iniziano a esserci poli interessanti, dal quartiere del PalaAlpitour alle OGR, con una galassia che pian piano si sta dimensionando sui grandi eventi nel suo contorno. Se riusciremo a fare “sistema”, allora la città sarà pronta per ospitare anche kermesse come il Salone del Mobile o la Settimana della Moda che richiedono decine e decine di location di ogni taglio. E in quel momento mi piacerebbe molto esserci come azienda.

  • Crede che Torino possa sentirsi sempre più una città europea, a forte respiro internazionale?

Tutto sommato noi lo siamo già, perché ci sono momenti in cui siamo invasi da stranieri, ma il torinese non sarà mai pronto a parlare bene di sé e della propria città. Insomma, quella sorta di complesso di inferiorità non credo ce lo toglieremo mai.

  • E per concludere, qual è il suo luogo torinese del cuore?

Da quando il lavoro mi ha portato sempre di più nelle zone industriali, in particolare bazzichiamo nella Torino Nord, guardo con estrema invidia coloro che possono lavorare in centro. Per me è meraviglioso, quando ci si cammina credo che per tutti quanti sia impossibile non rivolgere lo sguardo all’insù.

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende