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La Storia di Casa Savoia: la famiglia reale più antica d’Europa

Da Simone Nale

Ottobre 16, 2021

Cancellata di Palazzo Reale a Torino

La storia di Casa Savoia nasconde intrighi e colpi di scena difficilmente individuabili altrove

Una storia lunga più di mille anni che trova le sue radici non solo in Piemonte e in Italia, ma anche in tutta Europa.

La dinastia di Savoia è la più longeva casata regnante di tutto il continente europeo.

Un paradosso, soprattutto se la si mette a confronto con quelle dei Borbone di Francia e degli Asburgo d’Austria.

Eppure i primi Conti di Savoia apparirono almeno due secoli prima rispetto alle rivali e più prestigiose casate francesi e austriache.

Parliamo di una dinastia che, partendo da piccole marche sparse tra il Piemonte e i valichi alpini, riuscì a farsi un nome sulla mappa d’Europa, fino a salire sul trono di un’Italia unita.

Sala da ballo del Palazzo Reale di Torino

La millenaria storia di Casa Savoia comincia intorno all’anno Mille

La grande storia dei Savoia in Italia ha inizio, non a caso, con un matrimonio.

Nell’ XI secolo, l’espansione della Marca d’Ivrea per mano di Arduino portò a una necessaria alleanza tra i marchesi del Piemonte e quelli della Savoia.

Verso la metà del secolo, Oddone, figlio di Umberto I Biancamano, signore dei marchesati di Savoia, sposò Adelaide di Susa, figlia del conte di Torino, Olderico Manfredi II.

Era la prima volta che i marchesi sabaudi cominciavano ad affacciarsi sull’Italia, contribuendo all’espansione di un Marchesato di Torino che si estendeva in tutto il Piemonte occidentale fino a comprendere le varie contee transalpine.

Adelaide di Susa
Adelaide di Susa

A capo di questo nuovo dominio c’era proprio la marchesa arduinica Adelaide di Susa

Una figura decisamente carismatica, temuta dagli avversari e amata dal suo popolo. Che in vita riuscì a portare la pace in Piemonte e a mediare le diatribe tra il Papato e il Sacro Romano Impero.

Le nozze portarono a una relativa stabilità nella regione, ma indirizzarono la famiglia reale verso quella che sarà in futuro una sua tipica consuetudine.

Parliamo infatti di una famiglia reale “povera”, o comunque non al pari delle altre casate europee. E per questo spesso farà affidamento sui matrimoni della propria prole per assicurarsi alleanze e guerre vantaggiose.

I secoli dopo la morte di Adelaide nel 1091 portarono il Piemonte al centro delle dispute tra il Regno dei Franchi e il Sacro Romano Impero.

Ma i Conti di Savoia e il nuovo ramo cadetto dei Principi d’Acaja si trovarono proprio nel mezzo, a dover conciliare gli interessi degli uni e degli altri.

Un compito che venne portato avanti con fatica, grazie alle imprese di Amedeo VI di Savoia, riprese poi dalla storia recente.

Nonostante la fama di dongiovanni, il Conte Verde fu un grande uomo di stato garantendo crescita e splendore del futuro nuovo Ducato Savoia.

statua del Duca Emanuele Filiberto in piazza San Carlo Torino
Caval’d brons, la statua a Emanuele Filiberto in piazza San Carlo a Torino

Nel 1418 nasce il Ducato di Savoia

Con l’estinzione del ramo degli Acaja in quell’anno, a causa della morte di Ludovico I di Savoia-Racconigi, laContea di Savoia ebbe modo di inglobare il Principato di Piemonte, dando vita al Ducato di Savoia.

Tale risultato fu opera di Amedeo VIII, primo Duca di Savoia, che grazie alla benevolenza dell’Imperatore Sigismondo ottenne anche le contee di Ginevra, Aosta e Nizza e che nel 1439 venne eletto Antipapa della Chiesa Cattolica con il nome di Felice V.

Così prese forma un primo e vero Regno Sabaudo unificato, ma a quanto pare mancava ancora qualcosa. Dopo la morte di Amedeo VIII, gli succedettero in solo 50 anni 7 diversi duchi sabaudi.

Primo fu Ludovico “il Generoso”, del quale reame non si ha particolare memoria se non per l’avvenimento del miracolo eucaristico di Torino del 1453. Alla morte di Ludovico, prese posto sul trono sabaudo Beato Amedeo IX.

Un monarca vessato dalla malattia che dedicò gran parte della sua vita ad aiutare i poveri, per i quali venne poi beatificato a distanza di due secoli da Papa Innocenzo XI.

Ma nonostante l’attività caritatevole fu anche un conte dotato di un’eccellente visione politica che durante il suo reame sostenne una delle ultime crociate contro Costantinopoli.

Seguirono poi i fugaci regni di Filiberto I, Carlo I, Filippo II, Filiberto II, fino ad arrivare a Carlo II

Una seconda metà del XV secolo decisamente caotica, dove anche la breve parentesi dei Savoia-Nemours portò sì, all’acquisizione del titolo di Re di Cipro e di Gerusalemme, ma anche alla quasi totale disfatta del Ducato nelle guerre franco-spagnole.

Ciò nonostante, il disastroso reame di Carlo II durò per altri cinquant’anni, fino al 1553, quando Emanuele Filiberto gli succedette riportando l’ordine all’interno del Ducato. Sarà proprio il duca “Testa di Ferro” a spostare la capitale da Chambery a Torino nel 1563.

Da quel momento infatti, il Regno sabaudo si allontanò definitivamente dalla sfera di influenza francese preferendo Torino come centro nevralgico dell’intero Ducato.

La nuova capitale doveva quindi riflettere il benessere dell’intera Casata, tenendo il passo delle altre capitali europee. Da città-fortezza qual era prima del regno di Emanuele Filiberto, presto Torino cominciò a guadagnare sempre più prestigio. E in questo intento eccelsero i suoi successori, plasmando il capoluogo piemontese con il fascino e la raffinatezza che conosciamo oggi.

Ritratto in primo piano di Carlo Emauele II
Carlo Emanuele I

Da lì a poco Torino divenne uno dei principali poli culturali d’Europa

Forse il grande fautore di questa svolta fu proprio il figlio di Emanuele Filiberto, Carlo Emanuele I.

L’undicesimo Duca di Savoia era ambizioso, guerrafondaio ma soprattutto amava le arti, le scienze e la storia. Per questi motivi il duca ritenne necessaria una rivoluzione della planimetria della città, sul modello parigino.

Ma anche la realizzazione di un sistema di dimore regali che potessero rispecchiare al meglio il blasone della Casata.

Nel XVII nacquero così residenze, castelli, dimore e teatri di uno sfarzo mai visto prima grazie al lavoro di architetti di fama internazionale. Tra questi si ricordiamo Filippo Juvarra e Guarino Guarini.

Vennero così realizzati capolavori come il Palazzo Reale, la Palazzina di Caccia di Stupinigi, la Reggia di Venaria e la Basilica di Superga.

Ultimati in parte, con il regno di Vittorio Amedeo I e all’intervento della prima Madama Reale Cristina di Borbone.

Nonostante il Duca fosse restio alla vita mondana, sua moglie (sorella di Luigi XIII Re di Francia) portò a Torino la vivacità e il lusso delle corti parigine, trasformando la capitale in una città al pari di tutte le altre.

Alla principessa francese infatti dobbiamo la costruzione del Castello del Valentino così come anche di Piazza San Carlo insieme alle due Chiese gemelle.

Ma non dimentichiamo che tutte queste trasformazioni ebbero luogo mentre l’Europa veniva messa a ferro e fuoco da guerre di successione e dispute territoriali. Battaglie dalle quali il Piemonte non poteva certo tirarsi indietro.

Dipinto di un giovane Carlo Emanuele II a cavallo
Un giovane Carlo Emanuele II

Il Seicento e il Settecento in particolare furono i due secoli più cruenti e sanguinosi della storia della dinastia sabauda

Nell’ultimo ventennio di Carlo Emanuele I il Ducato di Savoia partecipò alla guerra di successione del Monferrato, senza però porre fine alle ostilità interne.

Con l’improvvisa morte di Vittorio Amedeo I e di Francesco Giacinto, un giovane Carlo Emanuele II si trovò a dover affrontare la guerra civile piemontese per poi scontrandosi ripetutamente con l’influenza della madre Cristina di Borbone e della moglie Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours.

Di fronte alla possibilità di sfruttare la situazione, Tommaso Francesco, capostipite della dinasta dei Savoia-Carignano, tentò un colpo di mano per appropriarsi della corona sabauda.

Nel 1636 in Piemonte scoppiò quindi la guerra civile, che si concluse con la sconfitta dei filo-spagnoli di Tommaso Francesco e la vittoria dei filo-francesi ‘madamisti’.

Il Piemonte si trovava per l’ennesima volta martoriato dalla guerre.

Il Regno di Carlo Emanuele II riuscì in qualche modo a risollevare economicamente il Piemonte, anche grazie a nuove riforme sociali e militari.

Ma il Settecento sfortunatamente metterà per l’ennesima volta il Ducato di Savoia a ferro e fuoco. Il Ducato di Vittorio Amedeo II si trovò infatti tra il 1701 e il 1714 al centro della guerra di successione al trono di Spagna.

Dopo continui voltafaccia nei confronti degli iberici e dei francesi, all’alba della guerra “la Volpe Savoiarda” si schierò definitivamente a fianco del Sacro Romano Impero.

Scatenando la furia del Regno di Francia

Il Piemonte venne invaso e presto le truppe franco-spagnole arrivarono alle porte di Torino. Nel 1706 ebbe inizio l’Assedio di Torino. Durante il quale i Savoia, grazie anche all’aiuto del leggendario Principe Eugenio di Savoia alla corte d’Asburgo, riuscirono ad avere la meglio.

Ma per quanto sofferta, la vittoria portò poi al Trattato di Utrecht del 1713, secondo il quale Filippo V di Spagna dovette cedere il Regno di Sicilia a Vittorio Amedeo II. Che in seguito, nel 1720, si insignì anche del titolo di Re di Sardegna.

Re Vittorio Amedeo II

Il piccolo Ducato di Savoia diventa Regno di Sardegna

Dopo secoli di storia aragonese e poi spagnola, il povero Regno insulare di Sardegna passò nelle mani di Casa Savoia.

Con la precedente acquisizione della Sicilia e successivamente, con lo scambio per la Sardegna, Vittorio Amedeo II divenne il primo monarca sabaudo a fregiarsi del titolo di Re.

Dando vita al Regno di Sardegna, una federazione di stati che comprendeva, la Savoia, il Principato di Piemonte, Nizza, e l’ aggiunta dei territori sardi.

La pace sembrava ristabilita, ma nel giro di settant’anni l’Europa cadde di nuovo nel caos. Esiliatosi volontariamente a Chambery, Vittorio Amedeo II abdicò in favore del figlio Carlo Emanuele III, lasciandogli la sovranità su Piemonte lanciato verso le guerre di successione polacca ed austriaca..

In entrambi i conflitti i Savoia erano riusciti a dare prova del valore politico e militare del Regno. Ma una volta salito sul trono Vittorio Amedeo III si trovarono inevitabilmente a dover fare i conti con le conseguenze della Rivoluzione francese del 1789.

Anche se in parallelo la Città di Torino si confermava come un’affascinante novità per l’epoca, con una moderna planimetria urbana e un primitivo sistema di illuminazione notturna.

Tuttavia con il Piemonte invaso e l’ascesa di Napoleone Bonaparte durante la prima Campagna d’Italia, il suo successore, Carlo Emanuele IV, venne obbligato all’esilio in Sardegna, per sfuggire alle repressioni della neo Repubblica d’oltralpa.

Una volta tornati in Piemonte nel 1815 la situazione non era più quella di prima.

La rivoluzione francese e l’Impero napoleonico ormai avevano lasciato il segno e presto anche i monarchi di Casa Savoia si trovarono a dover controllare le rivolte popolari che avevano cominciato a imperversare su tutto il continente.

Succeduto a Carlo Emanuele IV nel 1802, Vittorio Emanuele I fu incapace di controllare tali movimenti.

Quadro della prima guerra d'Indipendenza
Prima Guerra d’Indipendenza

E presto la situazione a Torino divenne ingestibile.

Nel 1821 infatti il sovrano fu costretto ad abdicare in favore del fratello Carlo Felice. Ma quest’ultimo, fuggito a Modena e senza eredi, lasciò il potere nelle mani di Carlo Alberto, il primo monarca del ramo dei Savoia-Carignano.

Il nuovo Re di Sardegna, che da sempre simpatizzante verso il mondo liberale, nel 1848 concesse lo Statuto Albertino per appoggiare la guerra contro l’Austria.

Sull’onda di un primordiale sogno risorgimentale scoppiò così la Prima Guerra d’Indipendenza che in un primo momento vide tutti gli Stati italiani alleati contro gli Asburgo.

Tuttavia, l’alleanza militare tra piemontesi, toscani, siciliani e lo stato pontificio non produsse alcun successo. Abbandonati a loro stessi dopo pochi mesi di battaglia, i Savoia vennero ricacciati nei loro confini alle spalle di Novara.

Di fronte alla sconfitta seguì poi l’abdicazione di Re Carlo Alberto a favore del figlio Vittorio Emanuele II.

Quest’ultimo, grazie anche al supporto del neo primo ministro Massimo d’Azeglio, si trovò a a dover firmare le umilianti condizioni dell’armistizio di Vignale.

Il Regno di Sardegna ebbe poi modo di riscattarsi dieci anni dopo con la Seconda Guerra d’Indipendenza.

Nel 1859 il piccolo stato sabaudo era riuscito a garantirsi i favori delle grandi potenze europee grazie all’intervento nella Guerra di Crimea.

Un’operazione fortemente voluta dal ministro Camillo Benso Conte di Cavour, che riuscì in seguito ad assicurarsi l’appoggio di Napoleone III di Francia nella Seconda guerra d’indipendenza contro gli austriaci.

Le ostilità presero piede nell’aprile dello stesso anno e nonostante le iniziali vittorie, il tradimento francese e il successivo armistizio di Villafranca fecero crollare per l’ennesima volta le aspirazioni dei piemontesi, che in cambio riuscirono ad ottenere soltanto la Lombardia.

La guerra era persa ma l’Italia si poteva ancora realizzare

Così, la Spedizione dei Mille, capitanata da Giuseppe Garibaldi per far crollare la monarchia Borbone nel Meridione, divenne il pretesto perfetto per unificare la penisola.

L’incontro a Teano tra Vittorio Emanuele II e il generale nizzardo sancì la cessione delle terre dell’ex Regno delle due Sicilie nelle mani dei piemontesi. Il 17 marzo del 1861 venne proclamata la nascita del Regno d’Italia, includendo anche le regioni centrali favorevoli all’unificazione.

Ritratto del re Vittorio Emanuele Vittorio II
Vittorio Emanuele II

La storia adesso vedeva Vittorio Emanuele II e i Savoia come i nuovi Re d’Italia. Dopo decenni di guerre e scontri contro l’Impero Austriaco erano riusciti a unificare la penisola italiana sotto un’unica bandiera.

Un risultato che verrà ulteriormente amplificato nel 1866 con la Terza Guerra d’Indipendenza. Quest’ultima portò all’annessione della città di Roma, e nel 1873, quando Amedeo I sarà proclamato Re di Spagna, sebbene in circostanze particolari.

I primi anni della monarchia videro il disagio della questione meridionale, la crisi del sistema parlamentare e il disastroso slancio coloniale in Etiopia.

Un susseguirsi di continue disgrazie che raggiunsero l’apice con l’assassinio di Re Umberto I nel 1900, messo in ombra dalla Regina Margherita e pesantemente criticato per l’insufficiente supervisione della politica italiana.

Evento che non avvenne casualmente, dato l’orientamento autocratico del Re e l’astensione dai tragici eventi dei moti di Milano.

Il tutto mentre la Regina si distingueva per la sua attività caritatevole, diventando una delle consorti reali più amate dagli italiani e della storia di Casa Savoia. Ma il XX secolo non portò solo il regicidio.

Vittorio Emanuele III permise l’ascesa del Fascismo e la partecipazione del Regno in due conflitti mondiali

La prima guerra mondiale si concluse con una vittoria, nonostante i 600mila caduti dell’esercito italiano.

La mancata concessione delle terre irridente da parte degli alleati scatenò in Italia un’ondata di malcontento generale, che dopo il biennio rosso, si tradusse nell’ascesa del movimento autocratico del fascismo.

Guidati da Benito Mussolini, i fascisti salirono al potere con la forze, eliminando ogni concorrenza politica e ottenendo il beneplacito della monarchia nel 1925.

Una scelta che probabilmente Vittorio Emanuele III fece per evitare ulteriori spargimenti di sangue.

Il Duce portò il Regno ad espandere i propri confini nell’Africa meridionale, per poi affermarsi come abile stratega con l’impegno dell’esercito italiano nella Guerra civile spagnola.

Nonostante la fama del regime, l’Italia si avvicinava all’inizio della Seconda Guerra mondiale come una nazione fortemente indebitata e priva di risorse per sostenere un conflitto moderno di vasta portata.

I primi successi furono garantiti dall’alleanza con la Germania nazista di Hitler. Ma presto la nazione dovette arrendersi allo strapotere degli anglo-americani e un popolo ormai stremato da 4 anni di guerra.

Corona Reale dei Savoia
Corona Reale dei Savoia

Con la firma dell’armistizio dell’8 settembre del 1943 la monarchia ebbe modo di mostrare tutta la sua inadeguatezza

La fuga disorganizzata verso Brindisi di Vittorio Emanuele III, con la moglie Elena di Montenegro e i funzionari reali, passò agli occhi degli italiani come un atto di codardia e d’abbandono, che avrebbe poi giocato un ruolo fondamentale negli esiti delle elezioni del 1947.

Durante la breve reggenza di Umberto II, il referendum sulla nuova forma dello stato, si concluse con la vittoria della Repubblica a sfavore della monarchia.

Non senza critiche, i Savoia vennero poi costretti all’esilio e a lasciare fino a contrarie indicazione da parte del governo italiano.

Il 2 giugno del 1946 quindi, giunse ufficialmente al termine la millenaria storia della dinastia di Casa Savoia.

A distanza di oltre settant’anni, la linea di successione dinastica vedrebbe Vittorio Emanuele (IV) di Savoia come erede al trono, seguito poi da Emanuele Filiberto di Savoia.

Ma gli eredi della dinastia più longeva d’Europa, nonostante la fine dell’esilio il 10 ottobre del 2002, oggi non possono fare altro che occupare le prime pagine di magazine e di riviste mondane e lasciare la politica italiana nella mani della Repubblica.

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Simone Nale

Laureato in Scienze Umanistiche della Comunicazione all'Università di Torino. Appassionato di storia della televisione e nuovi media