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Arduino d’Ivrea: la storia del “primo” Re d’Italia

Da Simone Nale

Maggio 03, 2021

Arduino d'Ivrea la storia del primo Re d'Italia

Il leggendario marchese eporediese che si fece incoronare contro lo strapotere della Chiesa Cattolica e dell’Impero

Come sarebbe l’Italia se fosse nata più di mille anni fa?

Una domanda per la quale purtroppo non possiamo avere una risposta, ma se si vuole fantasticare allora bisognerebbe tornare a cavallo tra la fine del 900 e gli inizi dell’anno 1000, in pieno Medioevo.

L’epoca del feudalesimo, dei giochi di potere e dei Re che dovevano costantemente tenere testa alla ricca e potente nobiltà che li aveva eletti, bramosa di potere e per nulle decisa a rinunciare ai privilegi che la carica comportava.

Ed è proprio in questo periodo che nell’alto Canavese, tra le valli del Chiusella e la Serra Morenica d’Ivrea troviamo Arduino, Marchese d’Ivrea, Re d’Italia.

Un personaggio talmente esaltato dalla storiografia eporediese che spesso è stato distorto fino a crearne un mito fatto di luci e ombre.

Al giorno d’oggi, la leggenda dietro il Carnevale d’Ivrea lo ricrea come un tiranno avido e spregevole, mentre nel Risorgimento era considerato un padre della patria, un predecessore dei Savoia che aveva difeso l’Italia dallo straniero.

Egli infatti apparteneva formalmente alla linea dinastica degli Arduinici, la stessa che non molti anni dopo la morte del marchese, diede origine alla linea italiana di Casa Savoia, tramite il matrimonio dell’arduinica Adelaide di Susa con Oddone, figlio di Umberto I Biancamano.

Come ben sappiamo, Arduino d’Ivrea, non fu solo Marchese dell’omonima Marca, ma venne anche eletto, sebbene in circostanze particolari, Re d’Italia.

Un titolo che al giorno d’oggi comprende accezioni ben diverse rispetto a quelle di un tempo.

Da un punto di vista storico infatti, sarebbe sbagliato affermare che Arduino sia stato il primo Re d’Italia in assoluto.

L’origine della carica è riconducibile a Carlo Magno, quando, una volta conquistato il Regno Longobardo ne acquisì appunto il titolo di Rex Langobardorum, che poi assegnò a suo figlio Pipino.

Pertanto un Re d’Italia doveva sottostare al potere dell’Imperatore (anche se molte spesso era proprio quest’ultimo che decideva di fregiarsi come tale), sovrano di un dominio dentro il quale potevano benissimo esserci dei regni subalterni.

Ovviamente l’Italia del tempo era molto diversa rispetto a quella di oggi, ma Arduino riuscì comunque a interrompere l’incoronazione convenzionale, facendosi eleggere come Re d’Italia da un nutrito gruppo di vassalli ostili al potere imperiale.

Ed è proprio per quest’ultima ragione che la sua storia è diventata leggenda.

Arduino d'Ivrea la storia del primo Re d'Italia 1

Arduino d’Ivrea nasce a Pombia nel 955 circa

Figlio di Dadone conte di Pombia, spesso anche indicato come Conte mediolanensis (un termine che si presta a diverse interpretazioni), la data di nascita di Arduino rimane tuttora incerta.

Ma sappiamo invece che attorno al 990 morì il Marchese d’Ivrea Anscario, discendente della dinastia degli Anscarici di origine Borgognona.

In quel periodo, il Re d’Italia era l’imperatore Ottone terzo di Sassonia, il quale incaricò Arduino di governare la Marca d’Ivrea per nomina fiduciaria e non per diritto dinastico, come si tende a pensare oggigiorno.

Pertanto, l’arrivo di Arduino ad Ivrea (al tempo Eporedia) può essere visto come l’esito di una carriera, una scelta politica voluta dalla famiglia degli Ottoni, per la fiducia e l’intraprendenza militare con cui Arduino probabilmente si era distinto.

Arduino quindi si spostò verso una zona più periferica, la curtis canava (il Canavese), dove vigeva il controllo appunto della Marca d’Ivrea.

Una circoscrizione ridotta ma pur sempre molto importante, situata in una zona di frontiera dove sbuca la strada per il San Bernardo.

Quindi chi comandava lì, controllava uno dei collegamenti cruciali fra il Regno di Germania e quello d’Italia che al tempo comprendeva solo il nord e parte del centro peninsulare.

Ma l’autorità del marchese veniva spesso messa a dura prova dal potere dei vescovi locali che cercavano in ogni modo di limitarla, e da qui le lotte con i metropoliti di Ivrea e Novara, ma soprattutto di Vercelli.

Nel 997 i contrasti col vescovo della Città sul Sesia sfociarono in guerra e, seguito dai secundi milites (i vassalli minori a servizio delle chiese che temendo la perdita dei propri feudi si allearono con Arduino) mise a ferro e fuoco la città, incendiando il e provocando la morte dell’odiato diacono Pietro.

Allarmato dalla condotta del marchese, il vescovo di Ivrea, Warmondo, inviò una lettera di monito, nella quale diffidava Arduino dall’intraprendere qualsiasi azione militare o politica, pena la scomunica.

Incurante dell’avvertimento, Arduino proseguì con le azioni militari e questo gli portò inevitabilmente l’anatema.

Malediciamo Arduino ed Amedeo suo fratello, predoni e devastatori della chiesa di Dio; malediciamo tutti i cittadini d’lvrea che loro diedero aiuto e consiglio; siano maledetti nella città, nei campi, maledetti i loro beni e le loro terre e gli armenti e tutti i loro animali, maledetti dove entrano, donde escono; mandi lddio su di essi la fame e la pestilenza: siano maledetti vigilanti, viaggianti, dormenti, riposanti. Li percuota lddio con miserie, febbri, geli, arsure, infermità fino alla morte. Li percuota il delirio, la cecità, il furore della mente in ogni tempo, i loro figli siano tosto orfani e vedove le mogli. Dio fagli come rota al vento, come fuoco che avvampa in foresta, come fiamma sprigionata dai monti. E queste maledizioni tutte, dalla pianta dei piedi al vertice dei capelli, li avviluppino per ogni dove, finché non tornino penitenti e sommessi nel seno della madre chiesa. E tutta la plebe di questa madre chiesa dica:” Cosi sia, cosi sia. Amen'”

Testo della scomunica di Arduino

Nel 999 Arduino venne poi convocato a Roma per una forte diffida papale, presenziando al processo avviato da Papa Silvestro II, che lo dichiarò come “nemico pubblico”.

Ma l’episodio non impedì ad Arduino d’Ivrea di accrescere la sua potenza, tanto che, a seguito della morte dell’Imperatore Ottone III nel gennaio 1002 e da un lungo vuoto di potere, un’assemblea segreta di pochi ma potenti signori presero la palla al balzo per proclamarlo Re d’Italia.

Arduino d'Ivrea la storia del primo Re d'Italia

Arduino d’Ivrea venne incoronato Re nella chiesa di San Michele a Pavia

Di fronte a pochi signori del Regno d’Italia, il 15 febbraio del 1002 Arduino ricevette la Corona ferrea, la stessa di Carlo Magno oggi conservata nel Duomo di Monza.

Molte famiglie reali del tempo erano dalla sua parte, come quella degli Obertenghi (che poi diventeranno gli Este), con i quali Arduino si legherà sposando Berta, ma il tanto clamore gli procurò inevitabilmente anche diversi nemici.

Il più illustre tra questi era l’arcivescovo di Milano Arnolfo d’Arsago che, temendo per il proprio potere, invocò la discesa in Italia del neo eletto Re di Germania, Enrico II.

L’Imperatore doveva essere sia Re di Germania che Re d’Italia per fregiarsi del titolo, e per questo non poté tirarsi indietro dal reclamare la corona usurpatagli dal marchese eporediese, dichiarandogli guerra.

Il primo scontro armato avvenne nel gennaio del 1003, con la Battaglia di Campo di Fabbrica tra le chiuse dell’Adige, ma Arduino riuscì a sbaragliare l’esercito germanico, ottenendo anche la Marca di Verona.

Tuttavia, malgrado la vittoria, le truppe arduiniche non resistettero all’avvento di un contingente di uomini ostili al Marchese d’Ivrea e fedeli al futuro imperatore Enrico II.

Un tradimento che molto probabilmente Arduino non vide arrivare, in quanto molti feudatari non appoggiassero l’ascesa di un uomo d’armi violento ed esponente di una politica aggressiva e anti-germanica, preferendo il potente Re di Germania.

Nel 1004, Enrico II deciso a farla finita, prese lui stesso il comando dell’esercito imperiale, valicando le Alpi e mettendo in fuga le truppe di Arduino d’Ivrea nella Valsugana, costringendolo a ripiegare nella sue marche.

La sconfitta fu pesante e in questo modo Enrico II ebbe il campo libero per farsi incoronare Re d’Italia a Pavia, condizione fondamentale per diventare Imperatore.

Il fatto causò non poche rivolte popolari nella capitale del Regno, tanto da costringere Enrico a tornare in Germania.

Arduino ovviamente non riconobbe il nuovo Re e per dieci anni, sfruttando l’assenza di quest’ultimo impegnato dall’invasione polacca, continuò a regnare come Re d’Italia, emettendo diplomi e battendo monete con le sue effigie dalla Rocca di Sparone.

Una località isolata nella Valle dell’Orco, dove era facile difendersi dalle incursioni del vescovo di Vercelli, fedele a Enrico II.

Pertanto, fino al 1014, anno del ritorno in Italia di Enrico II, Arduino d’Ivrea regnò come Re de facto, seppur non riconosciuto dai grandi feudatari che lo avevano abbandonato.

Arduino d'Ivrea la storia del primo Re d'Italia

L’ascesa di Enrico II e l’epilogo del regno di Arduino d’Ivrea

Dopo la proclamazione a imperatore, svolta a Roma da Papa Benedetto VIII, Enrico II Re dei Franchi orientali e Re d’Italia decise che era arrivato il momento di risolvere la questione una volta per tutte.

Così con il suo esercito si diresse verso il Piemonte, con l’intento di sconfiggere un Arduino che ormai aveva sempre meno potere tra la pianura e le valli del Canavese.

Persa la fiducia dei signori feudali che lo avevano eletto, dai Canossa agli stessi Obertenghi, fino agli Arduinici di Torino, la sconfitta contro l’Imperatore era tanto inevitabile quanto imminente, ragion per la quale non gli restò che deporre le armi e trattare la resa, anche a causa di una grave malattia.

Arduino d’Ivrea si ritirò in seguito nell’abbazia di Fruttuaria a San Benigno Canavese, spogliandosi dalle insegne regali e indossando il saio monacale per poi morire tra l’ottobre e il dicembre del 1015.

Le sue spoglie, dopo innumerevoli vicissitudini nel corso degli anni, sono oggi conservate nel castello di Masino, in Canavese.

In vita Arduino era riuscito a farsi amare da una base sociale scontenta ma uno dei suoi più grandi errore fu forse quello di montarsi la testa per ottenere un ampio consenso, illudendosi che questo si potesse allargare anche al di fuori dei confini della Marca d’Ivrea.

Negli anni la figura del marchese divenuto Re si è radicata fino al punto da identificare Arduino d’Ivrea come primo Re d’Italia.

Un’invenzione genealogica dei Savoia, che nel ricostruire le loro origini e il loro diritto a essere sovrani d’Italia hanno ricondotto la propria storia ad Arduino.

Ma per quanto sappiamo che il Marchese d’Ivrea non sia stato il primo a cingere la Corona Ferrea, si può dire con certezza che sia stato l’ultimo Re d’Italia solo come tale e che tuttora alimenta un mito cavalcato dal Risorgimento fino ai nostri tempi.

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Simone Nale

Laureato in Scienze Umanistiche della Comunicazione all'Università di Torino. Appassionato di storia della televisione e nuovi media