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La provincia di Torino selezionata per lo stoccaggio di rifiuti nucleari

Da Simone Nale

Gennaio 06, 2021

La provincia di Torino selezionata per lo stoccaggio di rifiuti nucleari

Negli ultimi giorni, due aree nella provincia di Torino sono state individuate per ospitare i nuovi depositi nazionali di rifiuti nucleari.

La scelta ha preso in considerazione un territorio di 165 ettari nei pressi di Carmagnola e un’area di 515 ettari inclusa tra Caluso, Mazzé e Rondissone.

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Entrambe le zone della provincia di Torino sono state di fatto dichiarate idonee dalla Sogin per la costruzione di nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti nucleari.

Al contempo, la Società per la gestione di Impianti Nucleari ha trovato altri 10 potenziali siti conformi alle caratteristiche necessarie, situati nella provincia di Alessandria e in quella di Viterbo.

Nella giornata di ieri, il Ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente e della Tutela del Territorio hanno dato il via libera per la divulgazione della Carta Nazionale delle aree abilitate.

Ciò nonostante si parla ancora di un progetto preliminare, che prevedrà il deposito di 78mila metri cubi di scorie radioattive.

50mila delle quali provengono dallo smantellamento dei vecchi Impianti nucleari per l’energia elettrica, ormai dismessi.

Mentre le altre 28 mila da centrali nucleari per la ricerca, e dai settori della medicina dell’industria nucleare e dall’industria.

La provincia di Torino selezionata per lo stoccaggio di rifiuti nucleari

La notizia non è stata certamente ben accolta dai sindaci dei comuni interessati

Nel caso di Carmagnola, i depositi andrebbero ad occupare un’area parallela alla strada provinciale 129, che congiunge la città con la Borgata Casanova, di Poirino.

Stiamo parlando di un vasto territorio agricolo di prima classe, che con l’allocazione dei rifiuti radioattivi rischia un’inevitabile contaminazione.

Ma non solo, la zona selezionata si trova a poca distanza da un’oasi naturale del WWF, protetta dall’Unione Europea.

Di fronte a questa urgenza quindi, i sindaci del territorio hanno tempestivamente richiesto un incontro con la Città Metropolitana per chiedere spiegazioni.

Dall’altra parte invece, l’area individuata nel Chivassese ospita principalmente coltivazioni di frumento e granturco, che per l’80% fanno parte del territorio del Comune di Mazzé.

La notizia non solo preoccupa gli abitanti del Basso Canavese, ma anche i primi cittadini.

Ai quali non è arrivata alcun tipo di consultazione da parte dei Ministeri e tanto meno dalla Sogin.

Al contempo, la Regione Piemonte reclama l’iniziativa di Roma.

Che senza il confronto con il consiglio regionale ha preso una decisione di una tale importanza che è ormai al centro del dibattito politico dai tempi del Referendum abrogativo del 2011.

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Simone Nale

Laureato in Scienze Umanistiche della Comunicazione all'Università di Torino. Appassionato di storia della televisione e nuovi media