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Umberto I di Savoia: il Re della Belle Époque

Da Simone Nale

Dicembre 13, 2020

Moneta regno Italia con effige Umberto I

Il Regno di Umberto I di Savoia rimane avvolto da un velo di ambiguità e controversie.

Sostenitore del disastroso slancio coloniale italiano.

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Umberto I in politica interna concesse la svolta autoritaria del governo Crispi.

E ignorò la sanguinosa repressione del generale Bava Beccaris durante i Moti di Milano.

Proprio per il suo estremismo fu vittima di tre attentati, perdendo la vita nell’ultimo.

Nonostante tutto, Umberto I passò alla storia come “Il Re Buono” per il suo carattere, a volte, onesto e gentile.

Umberto I e Vittorio Emanuele II

Umberto I di Savoia nacque a Torino il 14 marzo del 1844

Figlio di Vittorio Emanuele II e di Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena.

La sua nascita garantì la successione del trono sabaudo e del futuro Regno d’Italia, provocando il giubilo degli abitanti di Torino.

Come Principe di Piemonte, in giovane età ricevette un’educazione prettamente militare, grazie agli insegnamenti del generale Giuseppe Rossi.

Fu proprio la severa disciplina che forgiò il carattere rigoroso e a tratti autoritario del futuro Re d’Italia, al polo opposto rispetto a quello del padre.

Durante l’adolescenza, la morte prematura della madre fu un violento shock per lui .

Per questo, nel 1858, entrò nelle file dell’esercito sabaudo in qualità di Capitano di Divisione.

Fin da subito, il Principe di Piemonte dimostrò di possedere uno straordinario talento nei combattimenti all’arma bianca e nella tattica militare.

Di fatto, partecipò poi alla Seconda guerra d’Indipendenza, combattendo nella Battaglia di Solferino e San Martino.

In entrambi i casi, si distinse per le sue incredibili capacità.

Ritratto Umberto I in vestiti reali

Con l’Unificazione del Regno d’Italia nel 1861, Umberto I di Savoia divenne ufficialmente l’erede al trono d’Italia

Gli anni successivi al Risorgimento li trascorse in giro per l’Europa a svolgere attività diplomatica e rappresentativa, su richiesta del Padre Vittorio Emanuele II.

Nel 1866, venne inviato a Parigi alla corte di Napoleone III per discutere la nuova guerra all’orizzonte contro l’Impero Austriaco.

Successivamente infatti, scoppiò la Terza Guerra d’Indipendenza, alle quale Umberto I prese parte.

Combatté a Villafranca e a Custoza dove, nonostante la sconfitta, dimostrò un altra volta la sua audacia, che gli valse la medagli d’oro al valore militare.

Con la conclusione del conflitto e la completa annessione del Veneto al Regno d’Italia, Vittorio Emanuele II ritenne che fosse arrivato il momento di riconciliarsi con l’Austria.

Sulla base di questo interesse, la soluzione fu il matrimonio del figlio Umberto.

Così venne combinato il matrimonio tra Matilde d’Asburgo-Teschen e Umberto I.

Purtroppo, la futura sposa morì atrocemente durante i preparativi delle nozze, tra le fiamme del suo vestito.

Il quale prese fuoco quando quest’ultima cercò di occultare una sigaretta accesa.

Di fronte a questa tragedia, fu necessario trovare un’altra pretendente.

Così, si arrivò alla scelta di Margherita di Savoia, cugina di Umberto e figlia di Elisabetta di Sassonia, moglie di Ferdinando di Savoia-Genova.

La cerimonia nuziale del 1868 si tenne presso il Duomo di Torino e venne definita come il matrimonio del secolo, data la sfarzosità e per il fatto di essere il primo matrimonio reale dopo la nascita del Regno d’Italia.

Per celebrare l’unione spirituale, la coppia reale viaggiò per tutta la Penisola per poi giungere a Napoli nel 1869.

Matilde era incinta e fu proprio durante la strategica sosta nella città partenopea dove nacque il Principe di Napoli, Vittorio Emanuele III.

Il 9 gennaio del 1878 morì Vittorio Emanuele II

Con la morte del padre, Umberto I divenne Re d’Italia, oltre a salire sul trono sabaudo con il nome di Umberto IV.

Era giunto il momento di “fare gli italiani”, come disse Massimo D’Azeglio.

Il primo quesito che il neo-Re d’Italia si trovò ad affrontare fu la faccenda della guerra dei Balcani, per la quale ricevette l’invito a sedere alla Congresso di Berlino dal Cancelliere tedesco Otto Von Bismarck.

Per quanto riguarda l’attività diplomatica interna invece, Umberto I spinse per svolgere un giro dei più grandi centri della Nazione.

L’obbiettivo era quello di mantenere la benevolenza del popolo nei confronti della Corona lasciata da suo padre.

Ma una volta giunto a Napoli fu vittima del primo tentativo di omicidio dela sua vita.

Il Meridione da sempre si era mostrato come una delle regioni più difficili da gestire, data la fresca memoria del vecchio Regno Borbone e lo scetticismo nei confronti di Casa Savoia.

Per fortuna il Re subì un leggero graffio al braccio, mentre l’anarchico omicida venne bloccato istantaneamente da un corazziere reale.

L’evento creò scalpore in tutta la penisola ma il tour dovette continuare.

Attentato Umberto I di Savoia

In politica estera, Umberto I avvicinò l’Italia agli Imperi Centrali

Nonostante il dissenso da parte del popolo.

Umberto I, decise di proseguire la politica del padre, favorendo la firma del Trattato della Triplice Alleanza nel 1882.

Attraverso la quale, l’Italia si impegnava a difendere e/o attaccare eventuali aggressioni alle altre nazioni contraenti.

Umberto I vide questa opportunità per far uscire il Paese dall’isolamento internazionale, ma in realtà fu più utile al disegno tedesco di emarginazione della Francia.

Con il sostegno della Germania e dell’Austria-Ungheria, Umberto I decise che era arrivato il momento per l’Italia di mettersi in gioco.

Ebbe inizio la breve e deludente impresa coloniale

In un primo momento, i governi di Depretis e Crispi riuscirono ad acquistare la Somalia e l’Eritrea, ottenendo un caposaldo nel Corno d’Africa.

L’obbiettivo della missione coloniale era quello di ottenere il controllo strategico del Mar Rosso, strappandolo agli inglesi.

Fu un fallimento.

Ciascun tentativo di accordo incontrò il rifiuto della Gran Bretagna e l’Italia ben presto si trovò a mani vuote.

Per rimediare agli scarsi risultati, si prese la decisione di espandersi verso l’entroterra africano, dichiarando guerra all’Etiopia.

Ma l’esercito italiano venne vergognosamente sconfitto da un arretratissimo ma valoroso esercito etiope, che annientò il corpo di spedizione coloniale nella Battaglia di Dogali.

L’inadeguatezza dell’Italia venne schernita da tutto il panorama internazionale.

Ciò nonostante Umberto I accolse i reduci di guerra come eroi, una volta tornati nella Penisola.

Ma solo dopo la morte di Giovanni IV d’Etiopia e con la firma del trattato di Uccialli, l’Italia riuscì ad accaparrarsi l’Impero africano nel 1889.

Umberto I di Savoia  in divisa militare

Con la fine del secolo, lo Stivale venne travolto dalla crescita dei movimenti popolari

In poco tempo, Umberto I di Savoia e i suoi governi si trovarono in difficoltà nel gestire la nuova situazione.

Da sempre ammiratore del Kaiser e dell’Impero tedesco, l’ideologia conservatrice del Sovrano prese piede quando decise di appoggiare i governi pseudo-autoritari di Crispi, Rudinì e poi Pelloux.

Una decisione che accese l’odio del mondo estremista e anarchico.

Di fatto, nel 1897 un secondo tentativo di regicidio a Roma mise in pericolo la vita del Re d’Italia.

Ma anche in questa occasione il sovrano ne uscì incolume.

Su questa linea però, i tragici eventi del 1898 segnarono la vita di Umberto I.

Proprio in quel periodo, la città di Milano venne messa a ferro e fuoco dalla rivolta popolare.

Era l’anno dei tragici Moti di Milano e delle proteste “dello stomaco”.

La repressione che ne seguì fu una delle più sanguinose della recente storia italiana.

Su ordine del Generale Bava Beccaris, l’esercito regio aprì il fuoco con cannoni e fucili sui manifestanti, provando la morte di 82 persone.

Il fatto di cronaca agghiacciò l’opinione pubblica nazionale.

Ma Umberto I non sembrò avere a cuore i fatti più di tanto.

Pochi giorni dopo gli accaduti, infatti, insignì il generale Bava Beccaris di uno dei più importanti meriti militari dello stato.

Moneta fronte retro con effige Umberto I di Savoia

Questo suo atteggiamento gli si rivoltò contro due anni dopo

Umberto I il 29 luglio del 1900 non riuscì a scampare al terzo e ultimo tentativo di regicidio.

Morì per mano dell’anarchico toscano Gaetano Bresci, il quale sparò al sovrano durante un giro in carrozza nella città di Monza.

Tutti e tre i colpi della pistola andarono a segno e pochi secondi dopo, Umberto I cadde senza vita tra i piedi del Generale Ponzio Vaglia.

La salma si trova oggi nel Pantheon di Roma, e non nella Cripta delle tombe Reali di Superga come la maggior parte dei sovrani Savoia, a fianco della tomba di suo padre.

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Simone Nale

Laureato in Scienze Umanistiche della Comunicazione all'Università di Torino. Appassionato di storia della televisione e nuovi media