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“Delitti e Misteri” : l’assassinio di Valfea d’Asti

Da Alessandro Maldera

Dicembre 18, 2015

Il delitto di Valfea d’Asti

Lunedì 8 agosto 1932, nella frazione Valfea di Asti, si verifica la misteriosa scomparsa di Teresa Volpedo, vedova Magnetti, di 71 anni.

L’anziana contadina ha fama di persona danarosa, ha quattro figlie ma vive da sola in una cascina isolata e coltiva la terra, aiutata da Alessandro Boano, suo “servo di campagna” da più di vent’anni. Boano si è sposato, nel 1930, e al sabato sera raggiunge la moglie ad Asti, dove passa la domenica e talvolta anche il lunedì.

Sabato 6 agosto, Boano si è recato ad Asti. Teresa Volpedo è rimasta sola nella cascina dove, alla domenica pomeriggio, ha ricevuto la visita di diversi conoscenti. La mattina dell’8 agosto pare scomparsa.

Nel pomeriggio, arriva una delle figlie che, preoccupata, trova la persiana della camera da letto della madre spalancata, la porta della casa non chiusa a chiave e constata che sono stati staccati e fracassati i quadri dietro a cui la madre nascondeva tre libretti di risparmio, spariti come pure alcune cambiali e come tutta la biancheria.

I carabinieri di Asti, avvertiti, si recano sul posto e procedono alle prime indagini, cui assiste anche Antonio Biglia, un contadino che abita poco distante, nella cascina Masoero.

Pare plausibile che uno o più rapinatori abbiano sorpreso la Volpedo nel sonno, l’abbiano uccisa, poi, per motivi sconosciuti, ne abbiano portato via il cadavere, come si trovava, visto che tutti gli abiti della scomparsa sono ancora in casa.

Nell’idea che il delitto sia stato commesso da persone che conoscevano il luogo e le abitudini della vittima, il “servo” Boano ed un figlio naturale della Volpedo vengono fermati ma ben presto sono rilasciati perché estranei alla vicenda.

Si pensa che il corpo possa essere stato occultato nei boschi circostanti oppure gettato in qualche pozzo o cisterna e una trentina di volenterosi svolge, invano, delle ricerche.

Questo non è un crimine consueto: a Valfea suscita grandissima impressione e solleva molte voci, incontrollate e inattendibili.

Il delitto di Valfea d’Asti

Le indagini non portano risultati. La situazione di stallo si sblocca soltanto dopo vari mesi.

La mattina dell’8 gennaio 1933, una donna di Valfea avverte i carabinieri di Portacomaro d’Asti che Luigia Pavese, moglie di Antonio Biglia, ha trovato, presso il porticato della cascina Masoero, due sacchi di biancheria.

I carabinieri accorrono ed apprendono che Antonio Biglia è scomparso e che altri due sacchi di biancheria, una trapunta e due copriletto sono stati trovati in una vigna poco lontana. Le figlie della Volpedo riconoscono tutta questa biancheria come appartenente alla loro madre.

La moglie di Biglia e suo figlio Adolfo vengono quindi arrestati, come suoi complici. Il latitante Antonio Biglia, fu Lorenzo, è un agricoltore di 47 anni, nato e residente a Valfea d’Asti, alla cascina Masoero.

Il 10 gennaio arriva ai carabinieri di Asti una lettera firmata da Antonio Biglia. L’uomo dichiara di essere l’unico uccisore di Teresa Volpedo e scagliona dalle accuse i suoi familiari. Per avvalorare la sua confessione, indica il luogo dove ha sotterrato il cadavere e quello dove ha nascosto sotto terra una cassettina di latta con la refurtiva.

Biglia – sempre nella sua lettera – spiega di aver ucciso la donna per vendetta: da giovane, lui voleva sposare Lucia, figlia maggiore della Volpedo, ma, la

madre, per denaro, aveva impedito il loro matrimonio.

Biglia precisa altri motivi del suo odio: in passato ha lavorato per la Volpedo e ha dovuto litigare con lei per il compenso e, molto tempo prima, la donna ha testimoniato il falso contro di lui in una causa civile.

I carabinieri si recano nei luoghi indicati, nella cascina di Biglia, e vi trovano il cadavere della Volpedo, avvolto in un sacco, e la cassettina di latta con tre libretti di risparmio e alcune cambiali.

Il delitto di Valfea d’Asti

Si accerta che il 7 agosto 1932, giorno del delitto, Biglia è uscito verso sera, vestito da festa, dicendo che andava alla festa a Migliandolo (frazione di Portacomaro), che è rincasato alle 22 ed è andato tranquillamente a letto. La mattina seguente, sempre tranquillo, è andato a lavorare nella vigna. Ha persino assistito alle prime indagini nella cascina della sua vittima!

Per motivi indecifrabili, la mattina dell’8 gennaio 1933, Biglia ha deciso di allontanarsi di casa, facendo però trovare i sacchi pieni di biancheria che hanno provocato l’arresto dei suoi familiari e la sua successiva confessione epistolare.

Il 26 gennaio 1933, Biglia viene trovato ed arrestato in un sottoscala della sua cascina. Dice che dal giorno della fuga si è rifugiato in frazione Piana di Mombercelli, presso lontani parenti della moglie, e che è ritornato a casa sua per cambiare i vestiti: si direbbe che, dopo aver fatto luce sul suo delitto in prima persona, desiderasse farsi catturare!

Al giudice istruttore, Biglia confessa di aver strangolato la Volpedo per vendetta: ha portato via biancheria e titoli della donna per completare la vendetta e depistare le indagini, non per trarne profitto. Sostiene questa versione anche al processo, celebrato l’anno seguente alla Corte di assise di Asti: è condannato a morte, il 15 maggio 1934, per rapina aggravata e omicidio a scopo di rapina.

Su “La Stampa” del 16 maggio 1934, l’annuncio della condanna è affiancato all’annuncio della morte dell’ingegner Giacomo Mattè-Trucco, uno dei progettisti dello stabilimento FIAT del Lingotto (1921).

La sentenza è confermata dalla Cassazione, il 9 agosto, ma Antonio Biglia ottiene la Grazia Sovrana, il 17 agosto 1934, con commutazione della pena in quella dell’ergastolo.

(Clicca qui per leggere il primo appuntamento della Rubrica Delitti & Misteri: il delitto di via Porta Palatina)

(Clicca qui per leggere il secondo appuntamento della Rubrica Delitti & Misteri: il delitto di Exilles)

(Clicca qui per leggere il terzo appuntamento della Rubrica Delitti & Misteri: l’assassinio di Camandona)

(Clicca qui per leggere il quarto appuntamento della Rubrica Delitti & Misteri: l’omicidio di Vocca (Varallo Sesia))

(Clicca qui per leggere il quinto appuntamento della Rubrica Delitti & Misteri: La strage di Balocco (Vercelli))

G. T.

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende