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Torino prima della fotografia, tra vedute e ritratti

Da Alessandro Maldera

Luglio 27, 2015

Gli appellativi della fotografia come arte ormai sono di uso corrente: dal dipingere con la luce all’immortalare un frammento di vita istantaneo.

Eppure le fotografie sono cambiate moltissimo da quando è stato scoperto questo eccezionale strumento che ha rivoluzionato il nostro modo di vedere il mondo e di utilizzare la nostra memoria. Ormai il nostro cervello è abituato a ricordare un momento prima attraverso un’immagine.

Dalle polaroid agli smartphone, dalle fotografie di famiglia ai selfie. Il ritmo con cui l’umanità ha cambiato e giocato con il mezzo fotografico è stato qualcosa di eccezionalmente veloce e lontano da qualsiasi evoluzione artistica precedente.

Ma cosa succedeva prima?

Prima della fotografia, come dovremmo ricordare dai nostri libri di storia dell’arte della scuola, esisteva la pittura.

Torino prima della fotografia, tra vedute e ritratti.
Torino prima della fotografia, tra vedute e ritratti.

Una lunga tradizione artistica infatti era dedicata alla ritrattistica e all’architettura del paesaggio: era una pratica decisamente poco POP e assolutamente scomoda per la necessità di dover dipingere in luoghi precari e non molto agevoli. E poi andare in giro con cavalletto e colori era sicuramente meno comodo che con una bella reflex al collo.

Certo l’evoluzione della fotografia è stata rapida e quasi indolore: è cambiata e si è velocizzata nel giro di neanche due secoli. Nell’Ottocento per realizzare una fotografia ci volevano tante ore e molto spesso veniva anche modificata con acquerelli e tratti di pittura.

Era una via di mezzo tra pittura e fotografia.

Ma cosa succedeva prima che la macchina fotografica cambiasse l’intero modo di vedere e guardare il mondo intorno a noi?

Prima c’era la pittura: che si trattasse di paesaggi o volti di persone famose, di nature morte o ritratti di famiglia, l’arte del dipingere assolveva alla necessità di immortalare situazioni, volti e paesaggi.

Si trattava di una “non presa diretta” per ovvie ragioni tempistiche ma sicuramente oggi sappiamo tanto di quello che era il nostro mondo, grazie a moltissimi artisti del pennello che riproducevano, in modo accademico, quello che doveva essere tramandato ai posteri.

Prima della fotografia quindi c’era solo pittura: i manuali di storia dell’arte ricordano come l’evoluzione pittorica, soprattutto nella rappresentazione del paesaggio, si sia avvicinata moltissimo dal punto di vista tecnico, alla ricerca sempre più maniacale della rappresentazione dal vero.

Dalla camera oscura di Caravaggio e dalla camera ottica di Canaletto sono passati secoli, ma hanno portato a quello che oggi chiamiamo fotografia.

Ma andiamo con ordine.

Torino prima della fotografia, tra vedute e ritratti.
Torino prima della fotografia, tra vedute e ritratti.

La pittura ha sempre cercato di riprodurre quello che si vedeva: il paesaggio, le guerre, i volti, i cambiamenti delle città che riflettevano i cambiamenti storici.

Torino, da quando divenuta capitale del Regno Sabaudo, è stata oggetto di molte rappresentazioni “fotografico-pittoriche” che volevano testimoniare il passaggio da semplice accampamento romano e capitale di un regno.

Tutte le trasformazioni dovevano essere testimoniate e come farlo se non attraverso dei quadri apposta?

Ecco che quindi anche Torino, capitale e in piena espansione, è invasa di vedute che cercavano di celebrare gli ampliamenti e l’abbellimento della città.

Alcune delle più famose sono quelle di Bernardo Bellotto, veneziano e originario di una famiglia di pittori (sua madre era la sorella di Canaletto).

Nel 1745, dopo molta gavetta, il Bellotto è pronto per la prima commissione reale e proprio per il re sabaudo Carlo Emanuele III di Savoia dipinge due vedute di Torino, in grande formato. Una di queste è firmata a grandi lettere anche con il soprannome “Canaletto”, lo pseudonimo che usava anche lo zio.

È possibile vedere in particolare la grande veduta che immortala il Palazzo Reale di Torino visto da ovest; l’altra grande veduta invece rappresenta la città dal fiume Po in corrispondenza dell’attuale ponte della Gran Madre.

Ovviamente il caso Bellotto non è isolato. Anche se altre rappresentazioni possono risultare meno pompose e d’impatto, siamo circondati da disegni e opere di grafica che ci ricordano come fosse la capitale sabauda nella sua fase di massima espansione.

Bisogna solo andare a cercare questi piccoli gioielli.

Di solito le cose preziose sono nei piccoli scrigni: nel caso di Torino, nelle due sedi dell’Archivio di Stato di Torino e all’interno della Biblioteca Nazionale.

In questi luoghi, al confine tra la bellezza disarmante, la curiosità e un po’ di timore per la severità dell’ambiente, nelle sezioni dedicate, è possibile vedere da vicino i progetti dei grandi architetti che hanno lavorato alla trasformazione della città all’inizio del Settecento.

È come se fossero “fotografie” di un passato che ci circonda nel presente.

Torino prima della fotografia, tra vedute e ritratti.
Torino prima della fotografia, tra vedute e ritratti.

Ovviamente come noi fotografiamo i paesaggi e cerchiamo di immortalare i panorami che i nostri occhi vedono, facciamo decine e centinaia di fotografie a noi, ai nostri amici e alle nostre famiglie.

I Savoia non erano certo da meno: ecco quindi centinaia di ritratti che si susseguono su pareti di Palazzi Regali e gallerie museali e che immortalano nei secoli re – da adulti e da bambini – Madame reali e personaggi di corte.

Sicuramente queste fotografie settecentesche sono un pochino più monotone dei nostri contemporanei selfie e ritratti – anche solo per la staticità della posizione e la poca immediatezza del mezzo pittorico – ma fortunatamente esistono. In questo modo oggi abbiamo la possibilità non solo di immaginare ma anche di vedere com’erano Carlo Alberto o Carlo Emanuele III.

In molte occasioni consideriamo queste carrellate di ritratti come una parte della pittura con poco impatto visivo, ma pensate invece a quante mostre fotografiche andiamo a vedere che hanno al centro proprio il volto umano.

Insomma, che si tratti di paesaggi o volti, di panorami o cantieri, di trasformazioni urbane o semplici nature morte, la pittura non può che aver influenzato enormemente i nostri più semplici gesti quotidiani… come fare una foto.

Dalla prima foto in poi, tutto è cambiato.

Giulia Copersito

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende