Affetti personali. Una mostra oltre il Made in Italy.

Alzi la mano chi non ha una maglietta preferita, un cappotto che non si decide a buttare nonostante sia fuori moda?
Dopo il grande successo dei “cappellini” – nome popolare per definire l’allestimento dello scorso 2014, nella sala dei tessuti di Palazzo Madama, il cui nome vero era Chapeau Madame – è ritornata la moda al Museo d’Arte Antica di Torino.
Ancora pochi giorni per ammirare, sempre al II piano del palazzo, la mostra Affetti Personali. Fino al 18 gennaio 2015 è presentata una selezione di oltre cento oggetti ricevuti in dono da più di quarantacinque cittadini a partire da marzo 2014 – attraverso una campagna di raccolta alla quale hanno aderito moltissimi torinesi, desiderosi di partecipare a un progetto nuovo e innovativo, in cui la storia privata è al servizio del pubblico.
I donatori hanno generosamente contribuito al progetto “Torino un secolo di moda” che mira a porre i riflettori sui mestieri della moda, per approfondire la conoscenza di tutte quelle attività che hanno reso celebre Torino quale capitale dello stile prima di Firenze, Roma, Milano, e che vantano una storia di particolare eccellenza.

Viene esposta l’evoluzione del costume dagli anni Venti agli anni Novanta del Novecento: le proporzioni degli abiti, la fortuna di nuovi materiali come il nylon, amatissimo per la lingerie, e la predilezione per alcuni colori.
Insieme agli oggetti, sono preziose le testimonianze che permettono di contestualizzare e sottolineare, se mai ce ne fosse ancora bisogno, di quanto moda e costume vadano di pari passo con la storia dell’umanità, non solo dell’ultimo secolo. Ed ecco quindi, i racconti diretti di chi in quegli ambienti ha vissuto e lavorato, gli attrezzi e le fotografie di atelier e laboratori, vetrine e sfilate. Emergono nomi di sartorie torinesi – Pozzi, Badolato, Longo e Comollo – milanesi e genovesi insieme alle grandi modisterie.
Ciò che però lascia perplessi e rattristati, di tutto questo dispendio di energie e risorse, è il fatto che la maggior parte dei visitatori che si accalca a vedere cappellini e abiti del Novecento, soprattutto della metà del secolo lungo, sono coloro i quali tali abiti li hanno indossati e quei cappellini li hanno visti sulle teste di signore dell’alta società dei bei tempi andati.
E dove sono coloro che quei vestiti non sanno neanche cosa siano? E cosa fanno i ragazzi che, da quando sono nati, vestono abiti fatti in serie, tutti uguali e dai prezzi ridottissimi e che non hanno idea che una volta i vestiti si facevano a mano e non in una fabbrica dall’altra parte del mondo?
E perchè quei bambini, che ciondolanocon i genitori per le vie del centro alla ricerca dei jeans della marca preferita a un prezzo stracciato, non sanno neanche che dove ora si accalcano tra magliette fatte in Cina e maglioni cuciti in Bangladesh, una volta esisteva una sartoria dalle vetrine dal fascino senza tempo, con abiti luccicanti realizzati solo con spilli e tanta creatività.
Ma stavolta, e lo dico con piacere, non è colpa dei più giovani. Questa volta è colpa dei più grandi. Inutile accanirsi sulla scuola – vero un valoroso professore potrebbe fare un salto alla mostra, con tutta la ciurma scolastica – ma perché magari non ci pensano gli adulti vicini a questi ragazzi?
Gli abiti e gli accessori raccontano in modo discreto le storie più intime e personali delle donne che li hanno indossati: custodiscono il ricordo di un momento felice, l’emozione di un incontro importante o la memoria di una persona cara.
Anche ora succede, con meno qualità e poesia forse. Ma succede.
Siamo tanto orgogliosi del Made in Italy. Dovremmo esserlo anche quando si trova dentro un museo.
Anche e soprattutto.
Affetti personali. Storie di donne e di moda fino al 18/01/2015 a Palazzo Madama
Orari martedì – sabato 10.00 – 18.00, domenica 10.00 – 19.00, chiuso il lunedì La biglietteria chiude un’ora prima.