Il Selfie nei musei: da piaga sociale a promozione della cultura

Braccio allungato, occhi maliziosi ed ego a mille. Il selfie è la realizzazione, allo stesso tempo per eccesso e per difetto, della profezia Warholiana del quarto d’ora di celebrità.
In difetto perchè una foto di se stessi rischia di generare molta meno attenzione mediatica di 15 minuti, ma in eccesso perchè, superando le aspettative di Warhol, i modi per diventare quantomeno visibili al mondo sono ormai praticamente infiniti.
Lo fanno i ragazzini, lo fanno i vip, lo fa persino il Papa.

I selfie, quella moda che dai teenager si è espansa a tutti i bipedi del mondo moderno e che prevede di rivolgere il proprio smartphone verso di sé e scattare foto senza pretese artistiche se non quelle di immortalare un’espressione buffa o uno sfondo compiacente, i selfie, dicevamo, non sarebbero nulla senza i social network. Poco più di un respiro nell’atmosfera. Associando però la vanità fotografica alla forza tifonica di un Facebook, Twitter o Instagram, ecco che la nostra immagine con alle spalle il mare, uno stadio, o due gattini che fanno le fusa viaggerà per il mondo sulle ali di un maestrale informatico.

Il selfie ha ormai superato le barriere della guerra tra bimbiminkia, modelle assatanate e guardiani della privacy, sdoganandosi ormai come inquadratura preferita della storia. ne è un esempio la foto scattata durante la serata degli Oscar, un’immagine da record piena di celebrità ritwittata per l’inumano numero di 3.289.638 volte (ad oggi).
If only Bradley’s arm was longer. Best photo ever. #oscars pic.twitter.com/C9U5NOtGap
— Ellen DeGeneres (@TheEllenShow) 3 Marzo 2014
Ma, in certe occasioni, un selfie può davvero dimostrarsi utile a qualcosa. A promuovere l’arte, per esempio, diffondendo la bellezza di un dipinto in rete ed invogliando la gente a venire di persona (e pagare un salvifico biglietto per le casse dei musei) per vederlo. E fotografarlo. A Torino qualcuno sembra aver capito questo potere immenso e ha deciso di scendere a compromessi con la rigida morale artistica per sfruttarlo.
All’interno di Palazzo Madama ogni martedì del mese ci si può immortalare con il proprio telefonino davanti ad un’opera d’arte e addirittura il museo fornisce agli improvvisati fotografi un pollicione tipo “like” di Facebook.
Anche al Museo Egizio è permesso fotografarsi davanti alle statue degli imperatori, ma qui si chiede perlomeno di non utilizzare il flash e di tenere per sé la foto (impossibile controllare che davvero quest’ultima regola venga rispettata).
Il Museo del Cinema, complice il settore parzialmente affine, incoraggia i visitatori a scattare immagini all’interno della Mole, mentre al Museo del Risorgimento sono andati ancora oltre. Chi vuole fare foto è benvenuto, ma dovrà pagare 2 euro, 3 euro per i video e questi soldi saranno utilizzati per piccoli lavori di manutenzione e restauro delle opere esposte.
Il selfie artistico rischia di diventare il prossimo trend modaiolo sui social network, ma, se si saprà sfruttarlo a favore della cultura, è un rischio che siamo assolutamente disposti a correre.
Marco Parella