Antonio Gramsci: la storia della nascita di un italiano

Questa è la storia di un ragazzo, Antonio Gramsci, che si è trasferito a Torino per studiare.
Arriva quasi in autunno, in una città ancora agghindata a festa per l’anniversario dell’Unità d’Italia. Deve fare effetto questo fasto, per chi come Antonio Gramsci, viene da un paesino sardo, e da una vita familiare e personale molto difficile.

Già, perché Antonio è malato, sin da piccolo; talmente malato che non riesce ad iniziare (lui, bambino sveglio e brillante) nemmeno le elementari in tempo. Talmente malato da rimaner deformato da una tubercolosi ossea, che non lo farà crescere oltre il metro e 50, e gli dona un aspetto un po’ buffo, con una testa grande incastonata tra due spalle disallineate. Questo non lo scoraggia, come non lo scoraggia l’estrema povertà della famiglia, o il padre costretto alle patrie galere per reati minori: Antonio è bravo, intelligente, legge e studia di tutto, con una tenacia inconsueta.
E proprio questa sua passione lo fa familiarizzare con Raffa, un suo professore, che ne rimane colpito a tal punto da fargli visitare la redazione del giornale in cui lavora.
È l’inizio di un amore appassionato tra Antonio e la scrittura, che non lascerà mai più. Forse per questo, con una media alta di voti ottenuta al liceo di Cagliari, partecipa ad una borsa di studio per poveri meritevoli che gli consenta di andare a studiare a Torino (che conosce dai racconti del fratello, che qui aveva fatto il militare), alla facoltà di Lettere.
La vince quella borsa di studio e ora, a 20 anni e con pochi soldi in tasca, arriva nel capoluogo piemontese. Ha così pochi soldi che deve far scelte drastiche, tra mangiare, carta da scrivere e il riscaldamento e non ha nemmeno i vestiti pesanti per il rigido inverno, tanto che racconta di non riuscire a studiare, dovendo passeggiare su e giù per la stanza per scaldarsi i piedi.
Ma nemmeno questo lo fa desistere dalla sua passione: scrivere di tutto e su tutto, anche se l’argomento principale rimarrà il tema politico, che lo animerà per tutta la vita.
Collabora prima e gestisce poi la pagina piemontese di un quotidiano nazionale, ne fonda un secondo, e qualche anno dopo ne fonderà un altro, che diverrà la voce importante di una parte dell’Italia, e che molti anni dopo sarà compagno inseparabile di Achille, che non conobbe mai, ma che idealmente gli fu molto vicino.
Antonio però non lo sa, come non sa che dovrà abbandonare gli studi a Torino per i quali tanto aveva sacrificato di nuovo per via della salute. Non sa che la sua passione per la politica e per la scrittura lo porteranno in alto, fino a Roma, ma gli costeranno la persecuzione e la galera.
Non sa, e non lo può immaginare, che i suoi scritti rimarranno pietra miliare per generazioni, simbolo del pensiero “contro”, ma sempre costruttivo, a tal punto da predire (forse involontariamente, o forse per una lungimiranza innata) le dinamiche politiche dei successivi 20 anni.
Non conosce, e non può conoscere, quell’Achille, nato un anno prima della sua morte, e che sul suo giornale “l’Unità”, riverserà un pianto irrefrenabile, durante l’ultimo congresso del PCI, trasformato in PDS.
Per ora tuttavia è solo un ventenne con la passione per la scrittura che arriva in una grande città, che gli farà conoscere alcuni tra i personaggi più importanti del nostro passato, ma anche i lati più drammatici delle mobilitazioni operaie, alle quali tanto dedicherà dei suoi lavori.
Ed è solo un nome come tanti, in un registro universitario: Antonio Gramsci.
V.