Enogastronomia

Barbaresco: il fiore all’occhiello del Piemonte

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Barbaresco: il fiore all’occhiello del Piemonte

Il Barbaresco è considerato, con il Barolo e il Brunello di Montalcino, uno dei più grandi vini italiani.

Esiste un legame storico inscindibile fra il vino Barbaresco e il comune da cui prende il nome. La coltivazione della vite in questa zona risale, molto probabilmente, ai romani, i quali sottomisero gli abitanti del luogo e iniziarono a coltivare questo territorio a vite.

Di questa relazione storica tra uva e territorio, ne troviamo testimonianza nel coro ligneo del Duomo d’Alba risalente la XV secolo, sul quale uno degli stalli raffigura il borgo di Barbaresco sovrastato da una fruttiera ricolma d’uva.

Tuttavia, la vera fortuna del Barbaresco la dobbiamo al grande enologo Domizio Cavazza, che a fine Ottocento, in un momento difficile per la realtà vitivinicola in quanto gran parte dei vitigni erano stati attaccati dalla filossera, riuscì a codificare il metodo moderno per la vinificazione del Nebbiolo, prendendo spunto dai vini francesi e lanciando il Barbaresco sui mercati nazionali e internazionali.

vino Barbaresco Piemonte

Negli anni antecedenti alla Seconda Guerra Mondiale, per la precisione nel 1926, vennero delimitate le zone di produzione di questo vino e nel 1933 viene riconosciuto come “vino tipico di pregio”.

La sua qualità e prestigio possono anche essere riconosciuta dal fatto che nel 1966 fu uno dei primi vini in Italia ad essere fregiati di Denominazione d’Origine Controllata, per poi acquisire nel 1980 la Denominazione d’Origine Controllata e Garantita.

Come tutti i grandi vini piemontesi, anche il Barbaresco viene prodotto rigorosamente con uve nebbiolo. Inoltre il disciplinare impone solo una delimitata area di produzione, che comprende i comuni di Barbaresco, Neive, Treiso e la frazione di san Rocco (Alba), tutti questi luoghi sono ubicati nella provincia di Cuneo.

vino Barbaresco Piemonte

Grazie alla dedizione dei produttori e al lungo affinamento, stabilito ad un minimo di 26 mesi e 50 mesi per la tipologia “Riserva”, nasce un vino di grande struttura, dal sapore morbido e vellutato.

Inoltre le sue tonalità acquisiscono un colore che va dal granato all’aranciato, aprendosi in un bouquet dai variegati profumi, quali floreali di viola, frutti rossi, che con l’affinamento si arricchiscono di spezie come vaniglia, cannella, noce moscata e ancora liquirizia, cacao, tabacco e cuoio.

Il connubio migliore lo troviamo se abbinato a pietanze a base di carni rosse elaborate, piatti accompagnati dal tartufo bianco d’Alba, selvaggina formaggi nobili stagionati. Ma andando al di là della sua storia, caratteristiche e abbinamenti, chi sono i bevitori del “Barbaresco”?

Innanzitutto ricordiamo che il Barbaresco è “Vino che suscita e moltiplica rispetto” e i suoi bevitori sono “competenti, colti, affezionati. Specchio di uomini a loro modo elegantissimi, liberi anche nell’ampia risata, nella battuta goliardica, nel gomito consapevolmente alzato. Uno per tutti. Forse il più grande di tutti”

(Cipresso R. e Negri G., Vinosofia – Una dichiarazione d’amore in 38 bicchieri, 2008, Piemme, Casale Monferrato (AL))

a cura di Clara Lanza

 

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