Moka: 88 candeline per la tanto amata macchina per il caffè

Chiunque di noi abbia passato le vacanze all’estero avrà sentito senza dubbio la mancanza di alcune cose tipicamente italiane: le baruffe dei nostri politici, la tensione asfissiante del calciomercato estivo e soprattutto il buon caffè, quello delle moka.
Rarissimo trovare un espresso decente lontani da casa e, tra poltiglie annacquate e tisane dai gusti improponibili, inevitabilmente finiamo per rimpiangere la nostra moka.

La cara, vecchia e indistruttibile moka ha appena compiuto 87 anni e, a prescindere dalla qualità del caffé prodotto, è uno dei simboli più riconosciuti ed esportati del Made in Italy (gli altri, secondo una recente ricerca, sono la 500, la Vespa e la Nutella).
L’idea della caffettiera a pianta ottagonale venne all’operaio fonditore Alfonso Bialetti che nel 1933, nella sua piccola fabbrica di semilavorati in alluminio a Crusinallo, vicino a Omegna, inventò un nuovo metodo per preparare l’espresso.
La “cuccumella” napoletana venne presto soppiantata dalla rivoluzionaria moka che, in maniera semplice ed efficace, permetteva di ottenere “in casa un espresso come al bar”, come recitava il celeberrimo slogan che a partire dal secondo dopoguerra ne decreterà il successo planetario.
Inizialmente, infatti, le vendite non superavano le 70.000 unità l’anno, ma a partire dagli anni ’50, quando il figlio di Alfonso, Renato, prese le redini dell’azienda, la Bialetti arrivò a produrne 28.000 pezzi al giorno, per un totale di circa 300 milioni di moka vendute fino ai giorni nostri.
Tutto merito di una intensa e ante litteram campagna pubblicitaria fatta di manifesti per le strade, installazioni artistiche all’avanguardia (anche rapportandole agli anni 2000!) e spot durante Carosello.
L’omino coi baffi, caricatura dello stesso Bialetti, divenne la mascotte dell’azienda, utilizzata tuttora nel marchio e sui prodotti.
Il funzionamento della moka (che qui potete ammirare “dall’interno” grazie ad una telecamera ai neutroni) fu ispirato dal metodo con cui le donne di Omegna lavavano i panni in riva al lago: la lisciva riscaldata saliva lungo uno stretto tubo verso l’alto, dove era steso il bucato.
Seguendo lo stesso principio detto “percolazione”, Bialetti padre unì due icone dei suoi tempi, l’alluminio ed il caffè.
Negli anni del fascismo il caffè rappresentava perfettamente quel fervore attivo che la propaganda nazionalistica tentava di instillare nel popolo italiano ed era altresì un rimando alle terre esotiche da conquistare, all'”impero” etiope.
L’alluminio simboleggiava invece il mezzo principe per raggiungere, nelle menti dei gerarchi fascisti, un’utopica autarchia economico-industriale.
Il nostro Paese non aveva giacimenti di ferro o carbone a sufficienza per una piena indipendenza, ma poteva contare su un’abbondante produzione di alluminio, materiale elogiato a più riprese da Arnaldo Mussolini, fratello minore del Duce: “Così come il 19esimo è stato il secolo del ferro, dei metalli pesanti e del carbone, così il 20esimo sarà il secolo dei metalli leggeri, dell’elettricità e del petrolio. Se noi (italiani, ndr) non abbiamo il ferro, abbiamo però l’alluminio”.
Gli 80 anni compiuti dalla moka non ne hanno scalfito il prestigio (si stima che sia in quasi il 90% delle cucine italiane), ma anzi l’hanno trasformata in un oggetto culto del design made in Italy, stile Art Decò.
La vecchia caffettiera è ancora prodotta in riva al lago d’Orta, nulla è stato modificato nell’aspetto o nel funzionamento dal modello originale del ’33 che prese il nome dalla città yemenita di Mokha, patria di una delle più pregiate qualità di caffè. Di quei chicchi profumati ne parla persino Voltaire nel suo “Candide” e alcune Moka Express da collezione sono esposte presso la Triennale di Milano ed il MoMA (Musem of Modern Arts) di New York.
L’omino coi baffi, partorito dalla matita del creativo Paul Campani, ha anche portato fortuna alla caffettiera che da anni è il prodotto più venduto dell’azienda e, tra le altre curiosità, è anche riuscita ad entrare nel Guinness dei Primati: nel 2009 il famoso pasticcere Mirco Della Vecchia riuscì a far scrivere il prorio nome nel libro dei record costruendo la moka più grande del mondo.
Alta 1,2 metri, pesante 125 kg e realizzata in alluminio come la versione originale, questo esemplare unico al mondo ha stracciato la concorrenza servendo 1.000 tazze di caffè in 45 minuti, per un totale di 78 litri di acqua e 3,5 kg di miscela arabica.
Marco Parella