Musica

I Muse “schiaffeggiano” Torino

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Riduttivo chiamarlo concerto rock. Scontato definirlo evento dell’anno. Poco fantasioso tessere le lodi di Bellamy e compagnia. Già utilizzato, il termine “consacrazione”. Già spiegato, abbondantemente, come la band non inventi nulla ma sintetizzi in modo mirabile il patrimonio degli ultimi 20 anni di live show elefantiaci, dagli U2 ai Pink Floyd con sonorità prese in prestito dai Queen.

Partiamo anche da un dato di fatto: che i Muse fossero stati eletti a band numero uno degli eventi live dei prossimi 10, forse 20 anni, si è detto già dalla scorsa tournèe, quando in Italia riempirono all’orlo San Siro. Ed è facile continuare a prevedere questa china, a meno di eventi quantomeno clamorosi.

Suggestiva visione del palco torinese
Suggestiva visione del palco torinese

Quello che è accaduto il 28 e il 29 giugno allo Stadio Olimpico è andato oltre. Come recita il titolo, il trio del Devon ha letteralmente preso a schiaffi la nostra città: immaginiamoci che un’astronave, con tanto di fuochi e fiamme, sia atterrata a Santa Rita. Ecco, più o meno ci si fa un’idea. Venerdì e sabato scorso giurano di averli sentiti dal Po, visti dalla Collina. Una sorta di entità aliena che ha fatto tremare il quartiere a suon di decibel (e dire che si è temuto che fosse loro impedito).

Intendiamoci, il concerto dei Muse non è un concerto rock. Non è quella cosa che inizia, alterna ballad a pezzi muscolari, momenti acustici e lentoni da accendini. Quello è Bon Jovi, quello è Vasco (massimo rispetto a tutti). I Muse sono altra cosa: uno show concettuale, ma terribilmente concreto, la fusione di teatro, cinema, effetti speciali, musica ad altissimo volume. Ma non c’è niente da ridere, a un concerto dei Muse. C’è da godersi la voce straordinaria di Bellamy (non che i suoi compari siano meno dotati, al basso e alla batteria), farsi travolgere da luci, suoni, fiamme, regie vertiginose e dalle sonorità violente (eufemismo) della sua chitarra.

E da rimanere, semplicemente, a bocca aperta, senza possibilità di chiuderla, se non il giorno dopo. Ecco, il giorno dopo: il web 2.0 ha reagito a suo modo all’evento, con commenti di tutti i tipi, megabytes di foto postate su Instagram e Facebook (tutto postato dopo lo show poichè, in nome di non si sa quale regola, nel 2013 internet dentro uno stadio non prende. E nemmeno la rete 3g a dire il vero). #musetorino diventa trending topic su Twitter, e i commenti sono simili fra loro: pazzesco, mai visto, superiorità assoluta, come faranno a superare loro stessi, e adesso cosa vado a vedere, roba da matti. E il bello è che non sono solo commenti di fans accaniti, da tenda davanti allo stadio. E’ l’impressione che qualsiasi spettatore ha provato, chiara e netta: mai vista una roba del genere, a Torino e forse non solo.

Andrea Besenzoni

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