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Big club, la discoteca grande non solo di nome

Da Alessandro Maldera

Marzo 21, 2013

big club Torino

Torino, si sa, è famosa per cinque cose: la Sindone, il Bicerin, la Mole, il Gianduiotto. E poi il Big Club.

Il Big Club, di nome è di fatto, è stato meta di pellegrinaggio al pari del Duomo in pieno periodo di Ostensione.

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Perlo più il il sabato pomeriggio.

C’è stato un tempo in cui quotidiani locali narravano degli scontri tra giovani, in un tempo in cui il termine “Baby Gang” ancora non era stato inventato.

Truzzi e Cabinotti: erano queste le due fazioni.

Inutile ricordare che i pellegrini della discoteca più grande di Torino erano quelli del primo gruppo, puntualmente derisi da quelli del secondo.

Ma la situazione socio-politica-economica di quel tempo derivava a sua volta dal decennio prima, quando negli anni Ottanta la Torino notturna ebbe il suo picco.

Ai tempi della musica dark e della NewWaave seguirono quelli delle calze appallottolate sotto la linguetta delle scarpe da ginnastiche.

Erano i tempi di “Ai still biliv in iour ais” e simili canzoni, quando Gigi d’Agostino ancora privo del titolo di Dottor, non si era dato alla Tecno che diventerà poi folle-non-ho-le-gambe-ma-le-molle.

Big club, la discoteca grande non solo di nome
Big club, la discoteca grande non solo di nome

Poi, un giorno, anche al Big tutto finì. Fuori i truzzi dal tempio, insomma.

Vuoi il successo della musica house, vuoi un sistema economico che alla fine ha livellato tutti gli strati sociali, vuoi l’avanzare degli anni di Gigi, vuoi la nascita di altri luoghi di Movida magari, come il Quadrilatero Romano.

Poco a poco, le discoteche son sparite. E il Big con loro.

Quelle belle, meravigliose discoteche anni Ottanta/Novanta, quelle con una pista che non finisce mai e le scalinate su cui mettersi a ballare, non erano più cosa.

Arrivarono altri locali ed altri divertimenti, in microscopici seminterrati in centro sempre colmi di persone ma solo perché, ad arrivare a qualche centinaia, si fa in fretta eccome.

Addio alla Lista e benvenuta tessera ARCI; addio alla camicia bianca e benvenuta felpa con cappuccio, anche se ci sono 1.000 gradi Fahrenheit e forse ti scioglierai alla terza canzone; addio agli accendini accesi sulle ballate anni ’90 e benvenuto pogo un po’ per tutti, belli e brutti.

C’era un tempo in cui si giocava ad un videogioco chiamato Tabboz, scimmiottamento antipatico del Tamagochi. Potevi allevate al meglio il tuo piccolo truzzo, preoccupandoti che facesse tutte le lampade del caso e che il motorino avesse il pieno sufficiente per fare le pinne.

Big club, la discoteca grande non solo di nome
Big club, la discoteca grande non solo di nome

Poi, non troppi anni fa, in molti si son detti: “Chi non muore si rivede”.

Fu un evento eccezionale, con pianti e commozione. Rampanti trentenni dimentichi del tempo che fu, appresero la notizia della riapertura del loro tempio.

E il calendario tornò indietro di 10 anni, dal 2009 al precedente millennio.

Eccoli lì, con il loro bomber verde e arancione e le Silver bombate.

Qualcosa, però, è cambiato.

Il The Big Club di oggi guarda all’Europa.

Una galleria d’arte all’interno, l’offerta variegata di generi musicali, il ristorante chic e tutto il resto vogliono dire solo una cosa: non ci sono più i truzzi di una volta.

Irene Perino

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende