I mirabolanti acquisti di Urbano Cairo nel mercato di gennaio (parte 2)
IL MERCATO DI GENNAIO PARTE 1 (2009 – 2012)
Dopo quasi dieci giorni di mercato invernale, il Torino sembra essere ancora al palo: qualche cessione, “Bianchi sì-Bianchi no”, la telenovela Barreto che sembra finita una volta per tutte, i soliti nomi che girano , ma non si comprano (e in certi casi è un bene), altri che dovrebbero girare, ma non girano, il rischio di buttare via Sansone, senza dargli le possibilità meritate, diciamo che non c’è nemmeno la voglia di entrare nel rito, citato la volta scorsa, del premere f5 a ripetizione.
In attesa di ciò che ci serve, aspettandolo come Godot, continuiamo la retrospettiva sul mercato granata iniziata venerdì scorso. Tocca al triennio nella serie cadetta.
2009-2010 I PEONES CHE SFIORARONO L’IMPRESA

L’anno post-retrocessione, il Toro parte come una corazzata e, dopo i primi risultati utili, inizia a sgretolarsi, fra mille voci. Viene allontanato il tecnico (Beretta subentra a Colantuono, dopo un clamoroso 1-2 interno col Crotone, ma senza esiti apprezzabili) e ci si aspetta acquisti di qualità per riagganciare, almeno, i playoff. Il primo colpo, con rispetto parlando, è Inacio Pià, attaccante di movimento e pochi gol.
Nel frattempo, Cairo ripete la formula del doppio ds, prende Petrachi da affiancare a Foschi, e, durante la presentazione avvenuta nel solito container, c’è una durissima contestazione dei tifosi. Da lì in poi, capita di tutto: il Toro riesce nell’impresa di farsi rimontare, in casa, dal Mantova, Foschi si dimette, spunta la clamorosa notizia che stiano per aprire un fascicolo sul già citato Toro-Crotone, per una presunta combine, un nutrito gruppo di giocatori granata, mentre sta festeggiando in un noto ristorante il compleanno di Di Michele, riceve la visita tutt’altro che amichevole di alcuni tifosi, la squadra minaccia di non partire per Cittadella, poi ci và e perde in maniera rocambolesca.
A questo punto, il taglio netto.
Richiamato Colantuono, Petrachi si mette al lavoro per scovare, tra serie minori e giocatori poco utilizzati, quello che può servire per risalire la china, mentre, al tempo stesso, piazza quei giocatori che, a Torino, non sono più graditi (Calderoni, Colombo, Diana, Di Michele, Loviso, Pisano, Pratali, Zanetti. Andranno via anche Bottone, Saumel e Vantaggiato).
I primi nuovi ad arrivare sono i semisconosciuti D’Ambrosio e D’Aiello, appaiono subito carichi e il primo, proveniente dalla Juve Stabia, conquista pressoché immediatamente un posto in squadra, mentre il secondo apparirà solo nel finale di stagione, ben disimpegnandosi.
Poi tocca, in ordine alfabetico, ad Antonelli (ex-primavera granata, discreto laterale, frenato da un infortunio), Barusso (grintosissimo mediano a cui solo i problemi fisici hanno impedito la carriera che avrebbe meritato. Farà bene), Garofalo (terzino sinistro che, abituati ai traversoni di Rubin, incanta perché sa crossare), Genevier (che si pone nel solco della tradizione dei registi che fanno i passaggi di un metro, ma, pur senza far sognare, non demerita), Morello (riserva di Sereni, arrivato in forma non ottimale, lo sostituirà parando due rigori in due trasferte come biglietto da visita), Pestrin (uno di quei giocatori che sembrano fatti apposta per il Toro, guasta un’ottima stagione con una testata a Colombo nell’epico match con la Triestina, beccandosi quattro turni di squalifica in un momento cruciale), Salgado (punta che perderà, complice un infortunio, l’ultimo treno per sfondare in Italia), Scaglia (ala talentuosa del Brescia, gran protagonista della semifinale playoff) e Statella (altro esterno, che parte male, ma risulta utile nel finale).
Il mercato, a posteriori, è quasi perfetto. Ma quel “quasi” fa tutta la differenza del mondo. Questo rinnovato Toro, infatti, riporta la gente allo stadio, per grinta e impegno, risale, a un certo punto, dopo la vittoria nel recupero, in dieci, con la Triestina, per lo storico gol di Loria, sembra poter puntare alla promozione diretta, ma poi andrà ai playoff che perderà nella sfortunata (diciamo così) doppia finale col Brescia.
A cosa ci si riferisce parlando di quel “quasi”? Al fatto che non si è voluto spendere qualcosa in più per affiancare a Bianchi, che sta segnando un sacco, una seconda punta più efficace di Pià e Salgado. E per risparmiare, la promozione (diretta o no) non è arrivata. Ancora una volta, è mancata la voglia di prendere il mattoncino finale, il pezzo per completare il puzzle. E, da un possibile “sette”, ci tocca scendere di un punto. E, cosa ancor peggiore, ci tocca un altro anno di B.
VOTO: 6
2010-2011: ANTENUCCI E POCO PIU’

La frase che fa paura, arriva in estate, quando Cairo afferma che Petrachi gli ha aperto un mondo, che si possono fare squadre buone senza spendere nulla.Chi se ne importa se, l’anno prima, come detto, sarebbe bastato concentrare qualche soldino risparmiato in una seconda punta degna. No, qua o si buttano via i soldi, o non li si tira fuori, pescando gli scarti.
Non viene in mente che si può spendere, ma spendere bene (che è diverso da “troppo”) per fare mercato.
Il Toro di Lerda, quindi, si presenta ai nastri di partenza con un mix di scommesse e giocatori anche buoni, ma non adattissimi al suo modulo. Dopo un inizio disastroso, che lo allontana dalle prime posizioni, sembra, però, esserci un’altra rimonta, anche se non sontuosa come l’anno precedente, e si arriva alla sosta in zona playoff. Gennaio dovrebbe essere il mese in cui puntellare l’undici lerdiano, per ritentare l’impresa.Si prova subito a prendere un regista, il girovago Budel, che esordirà in maniera “brillante”: a Varese, subentrato per mettere ordine in una squadra sotto 2-0, perde palla e i lombardi fanno il terzo, poi, contro il Cittadella, s’inventa un retropassaggio da centrocampo, che provoca il corner del pareggio dei veneti. Per il resto, regia con passaggi di pochi metri e incisività in rarissime occasioni (es. Toro-Grosseto 1-0). Poi il colpo che avrebbe dovuto essere fatto l’anno prima: arriva la punta, Mirko Antenucci, uno che ad Ascoli ha fatto sfracelli e al Toro, soprattutto la stagione successiva, sarà determinante.Con Antenucci, arriva anche Pagano, esterno di rendimento, non demeriterà.
A metà gennaio, è il turno di Gabionetta: più che un vero acquisto, la fine di unaun intrigo internazionaleche si protrae dall’estate con il Crotone e l’Hortolandia e già il fatto che il Torino venga coinvolto in una simile tresca, stimola il canale lacrimale. Atteso come un Messia da Lerda, che l’ha avuto proprio a Crotone, il brasiliano ci mette mezzo girone di ritorno a entrare in forma e non inciderà mai. Bei momenti.
Il botto inutile dell’ultimo giorno è Cavanda della Lazio, di cui ci si ricorda più che altro per come, in Juventus-Lazio, sia stato spazzato via da Krasic nell’azione che, in pieno recupero, diede il successo ai bianconeri. Il giovanotto non è neanche così malvagio, ma, per lo scarso utilizzo, viene derubricato alla voce “oggetto misterioso”. Antenucci e, tutto sommato, Pagano esclusi, un mercato al di sotto delle attese e la squadra, dopo alcuni episodi grotteschi come l’interregno di Papadopulo e il ritorno di Lerda, non andrà nemmeno ai playoff, dopo l’ultima sconfitta interna col Padova.
VOTO: 5
2011-2012 POCHI ARRIVI E UN BRUTTO ADDIO

Il Torino di Ventura sta guidando il campionato e, nonostante qualche piccola difficoltà che gli ha fatto perdere alcuni punti di vantaggio sulle inseguitrici (se per “piccole difficoltà” si può intendere il furto di Padova), la squadra non sembra bisognosa di ritocchi. Non sembra, fino a quando Coppola s’infortuna gravemente contro il Cittadella: stagione finita per il portiere. Al suo posto, arriva Benussi: serio e regolare, tranne un paio di passaggi a vuoto, il nuovo numero uno granata darà anche un po’ di affidabilità in più del predecessore. In precedenza, era arrivato Meggiorini, pupillo di Ventura, che metterà tanta volontà e anche qualche gol pesante, soprattutto quello da terra con la Sampdoria. Questa seconda componente, però, non ha ancora avuto seguito in A.
Arriva anche il momento dell’oggetto misterioso di questa sessione: il fumantino Salvatore Masiello, ennesima vecchia conoscenza venturiana, arriva a parametro zero, che è anche il numero delle gare che disputa fino all’ultima di campionato con l’Albinoleffe, a giochi ormai fatti, dove esordisce. Si renderà, si fa per dire, utile in massima serie. Misterioso anche l’acquisto di Pasquato che, in quanto ex-primavera Juventus, spacca in due la tifoseria: il talento c’è tutto, ma era necessario prendere in prestito un giocatore dei “cugini”? Viste le presenze collezionate (tre con una rete), la domanda che sorge è un’altra: ma era davvero necessario prendere un giocatore che avrebbe fatto litigare Maratona e dintorni, per non metterlo, assenza per guai fisici escluse, quasi mai?
Ultimo appunto per la cessione di Ebagua: Giulio arriva da Varese carichissimo, perché è tifosissimo del Toro. Inizia bene, poi si perde un po’, qualcosa si rompe e viene dato al Catania, dove non sfonderà. Tornato a Varese, quest’anno, ha ripreso a fare gol (e che gol) con parte dell’ambiente ostile. Non è Drogba, non è un fenomeno, ma, ogni tanto, sarebbe bello tenersi quei pochi che, alla maglia, vogliono bene per davvero. Ma, forse, questi sono ragionamenti primari solo per quei tifosi romantici, sopravvissuti a tanto, che non vogliono arrendersi, ma che, alla resa dei conti, purtroppo non contano più.
VOTO: 5,5
di Francesco Bugnone