La galleria degli eroi sabaudi

Cammino tra lunghi corridoi di un antico palazzo un po’ in rovina ma ancora magnifico nel suo fascino trascurato. Apro l’ imponente porta di una grande sala dal pavimento a scacchi e i miei passi rimbombano solitari tra le alte pareti. Mi trovo nella galleria degli eroi sabaudi, dove i ritratti dei grandi di Torino mi scrutano, chi severo, chi altezzoso, chi con un accenno di sorriso. Uomini e ed epoche scorrono sui muri raccontando battaglie gloriose, gesti memorabili e sfide vinte. Parrucconi seicenteschi, armature possenti, divise, medaglie e cavalli da parata tentano di catturare la mia attenzione.
Potrei soffermarmi in contemplazione ai volti più celebri, agli arcinoti attori che hanno fatto grande la storia torinese, pesi massimi del calibro di Vittorio Emanuele II, Cavour, Pietro Micca e il duca Vittorio Amedeo II.
E’ questa invece l’occasione per ammirare altri dipinti, per imparare qualcosa su altre vite degne di essere raccontate.

“Paolo Federico Novarina di San Sebastiano, il duro dell’Assietta”. Così recita la prima targhetta su cui mi soffermo. La leggenda vuole che fu lui a pronunciare la frase “Nui bugiuma nen”, disobbedendo all’ordine di abbandonare coi suoi uomini la posizione sul pianoro dell’Assietta per fronteggiare ad ogni costo gli attaccanti francesi resi furiosi e feriti dalla battaglia a loro sfavore. Era il 19 luglio 1749 e quel giorno di fucilate a bruciapelo, di moschetti usati a mo di clava e di pietrate sulle zucche francesi, fu scritta la storia di nojautri bogia nen.
Guardo poi un ritratto in cui c’è raffigurato il mezzo busto di un uomo dalla gigantesca parrucca dai boccoli che cadono fino alle spalle, un vezzo alla moda d’inizio ‘700 in contrasto con l’armatura che indossa, simbolo di carriera marziale.“Virico Daun, il signore della Cittadella” è il nome di quel volto. Fu il feldmaresciallo che difese strenuamente la città dagli assalitori di Luigi XIV durante l’assedio del 1706, pagina di nostra gloria cittadina. Luogotenente di Vittorio Amedeo II e comandante della piazza di Torino, così viene ricordato dall’Arpa Discordata, poemetto piemontese che narra quei giorni di battaglia e passione: “Il generale Daun con il suo coraggio; con il suo buon cuore e la saggezza verso i torinesi ed i suoi reparti si comportava come un buon padre.”

Il mio giro non ancora finito ed è l’immagine fiera che ghigna beffarda di un condottiero risorgimentale a fermare di nuovo i miei passi nella grande galleria silenziosa.
“Giuseppe Govone, il cavaliere di Balaclava” Che tipo che fu il generale Govone. Partecipò spavaldo alla famosa carica dei 600 durante la guerra di Crimea, quando centinaia di cavalieri si lanciarono come pazzi annoiati della vita contro i cannoni russi che ruggivano a mitraglia. Fu una carneficina di uomini fatti a pezzi e cavalli a zampe all’aria ma l’ufficiale nato a Isola d’Alba riuscì a scampare alla bara.
Pluridecorato, diventò poi agente segreto del Regno di Sardegna e diede onore al suo nome nel mattatoio di Custoza dove tre volte perse e tre volte riconquistò il villaggio di Custoza in una lotta furibonda alla baionetta. Fregò la morte prima di esser vinto dalla demenza senile bruciandosi le cervella con una revolverata.

L’ultimo ritratto che ammiro in questa passeggiata tra vecchie glorie piemontesi è del novecento. E’ uno sportivo con la maglia che ha sul petto lo stemma sabaudo con fascio littorio e che alza con le mani una grande coppa d’oro, la coppa Rimet.
“Giampiero Combi, detto fusetta.” Portiere juventino che collezionò ben 5 scudetti fu soprannominato fusetta che in piemontese si traduce in lampo o petardo per la sua vivacità aerea tra i pali. Nel 1934 si disputarono i campionati del mondo di calcio in Italia, fu la prima grande vittoria della nostra Nazionale. Combi, torinese, fu scelto all’inizio come portiere di riserva ma la rottura del braccio del titolare Carlo Ceresoli cambiò le cose. Gianpiero alzò la coppa Rimet verso il cielo concludendo una grande carriera nel più eccezionale dei modi.
Altri personaggi impressi nei quadri vorrebbero essere raccontati, chissà, magari la prossima volta. Lascio la galleria degli eroi sabaudi socchiudendo la porta alle loro storie che hanno reso Torino e il Piemonte una terra ricca di avventure.
Federico Mosso@mole24.it