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Gli anatemi di Don Bosco

Da Alessandro Maldera

Aprile 13, 2012

Le tante profezie del Santo

Giovanni Melchiorre Bosco, meglio noto come don Bosco, è passato alla storia come missionario e fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Era indubbiamente un personaggio affascinante e straordinario, ma non si può certo dire che avesse un carattere facile ed accomodante.

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Nato a Castelnuovo d’Asti nel 1815 e morto a Torino nel 1888, don Bosco nel 1859 arriva addirittura a bruciare pubblicamente alcuni libri protestanti. Tra cui persino la Bibbia nell’edizione Diodati usata dai protestanti italiani.

Non era persona che andava troppo per il sottile, specialmente nel lanciare maledizione e anatemi.

Peccato che le maledizioni di don Bosco, famoso anche per il suo grande intuito e per i sogni premonitori, a quanto pare si realizzassero regolarmente.

Il più famoso “anatema” è quello lanciato contro i Savoia, rei di avere intenzione di far approvare la “legge Rattazzi” per la soppressione degli ordini religiosi e l’incameramento dei loro beni.

Sarebbero ben due le maledizioni di don Bosco, come riportate dalla tradizione. Nel dicembre 1854, mentre in Parlamento è in discussione la legge Rattazzi.

Il missionario fa un sogno così importante da sentire la necessità di informare immediatamente il re Vittorio Emanuele II, tanto da inviargli una lettera per raccontargli di aver sognato un bambino che gli annunciava un “gran funerale a corte“.

Ignorato dal re, alcuni giorni dopo don Bosco invia un’altra lettera che racconta un sogno diverso ma sempre con un annuncio dello stesso bambino: “Annunzia: non gran funerale a corte, ma grandi funerali a corte“.

Nella stessa missiva, don Bosco invita espressamente il re a “schivare i castighi di Dio“, impedendo a qualunque costo l’approvazione di quella legge.

Un ricatto? Una pressione?

Può darsi, fatto sta che la profezia del bambino apparso in sogno si avvera.

Il re non presta ascolto ai consigli “minacciosi” di don Bosco, e il 5 gennaio 1855, mentre il disegno di legge è presentato ad uno dei rami del Parlamento, si diffonde la notizia di una improvvisa malattia . Ha colpito Maria Teresa, madre del re.

Sette giorni dopo, a soli 54 anni di età, la Regina madre muore.

Il 16 gennaio, giorno del funerale, Maria Adelaide, moglie di Vittorio Emanuele II che ha partorito da appena otto giorni, subisce un improvviso e gravissimo attacco di metro-gastroenterite.

Ed in quello stesso giorno arriva un’altra lettera di don Bosco al povero re. “Persona illuminata ab alto [cioè dall’alto] ha detto. Apri l’occhio: è già morto uno. Se la legge passa, accadranno gravi disgrazie nella tua famiglia. Questo non è che il preludio dei mali. Erunt mala super mala in domo tua [saranno mali su mali in casa tua]. Se non recedi, aprirai un abisso che non potrai scandagliare”.

Detto fatto: il 20 gennaio 1855, quattro giorni dopo quest’ultima lettera, la giovane Maria Adelaide muore a soli 33 anni.

Ma l’ecatombe continua: quella stessa sera, Ferdinando, fratello del re e duca di Genova, riceve il sacramento dei morenti e muore l’11 febbraio, anch’egli all’età di 33 anni.

Vittorio Emanuele II, evidentemente ben poco superstizioso, va avanti per la sua strada: la legge viene approvata alla Camera il 2 marzo, con 117 voti a favore contro 36.

A maggio passa al Senato per la definitiva approvazione.

Ma il giorno 17, a un passo dall’approvazione, si verifica una nuova sconcertante morte nella famiglia reale: muore il piccolo Vittorio Emanuele Leopoldo, il figlio più giovane del Re.

Vittorio Emanuele II firma il 29 maggio : 334 case religiose vengono soppresse per un totale di 5456 religiosi. Da Roma arriva la “scomunica maggiore”, che può essere annullata solo dal Papa, per tutti “gli autori, i fautori, gli esecutori della legge”.

Pio IX, nel 1859, su richiesta di Vittorio Emanuele, accorderà il perdono pieno e senza condizioni.

La “maledizione delle quattro generazioni” è invece quella più conosciuta

Sempre nel 1855, in piena lotta della Chiesa contro la legge Rattazzi, don Bosco pubblica un opuscolo in cui ammonisce Vittorio Emanuele II. Scrivendo testualmente: “la famiglia di chi ruba a Dio è tribolata e non giunge alla quarta generazione“.

Una maledizione a tutti gli effetti. Che, inutile dirlo, si avvera.

Vittorio Emanuele II muore a soli 58 anni, a quanto pare di malaria. Il suo primo successore, Umberto I, è ucciso a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci.

Il secondo successore, Vittorio Emanuele III, scappa dal Quirinale di nascosto la notte dell’8 settembre del 1943, e tre anni dopo sarà costretto ad abdicare.

Il terzo e ultimo successore, Umberto II, sarà solo un reprovvisorio“, per meno di un mese: perduto il referendum popolare, dovrà accettare un esilio senza ritorno.

Soltanto coincidenze?

Chissà. Intanto anche alla perpetua che scacciava i suoi ragazzi dai prati intorno alla parrocchia di Valdocco, il burbero don Bosco disse «Lei si arrabbia tanto, e non sa neanche se arriverà a domattina».

La povera perpetua in effetti non ci arrivò: morì per ictus quella stessa notte.

La redazione di Mole24

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende