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Da Torino a Hollywood: Ferruccio Amendola, la voce delle voci

Da Alessandro Maldera

Febbraio 01, 2012

Ferruccio Amendola sosteneva che un buon doppiatore deve rinunciare all’idea di interpretare il ruolo che gli viene affidato, perché è già stato recitato da un altro.

Il suo compito è diverso, chi dà la voce ad una star del cinema deve capire quello che l’attore ha voluto dire, in qualunque lingua.

Il doppiatore deve porsi al servizio dell’attore.

Uno dei più grandi doppiatori italiani, un vero maestro in questa difficile arte di parole prestate a bocche straniere, nacque a Torino il 22 luglio 1930 da una famiglia la cui vocazione era tutta per il cinema.

Il nonno era un regista, i genitori ambedue attori e la nonna, insegnate di dizione, allevò il nipotino al doppiaggio, insegnando all’enfant prodige ad usare la lingua per far parlare i divi del grande schermo.

Il lavoro di Amendola è stato vastissimo e l’impronta lasciata è stata indelebile per gli spettatori della penisola.

Per gli amanti della pellicola, la sua voce, appena udita, fa subito scattare l’accostamento a pietre miliari di Hollywood e come per magia fa comparire nella memoria alcuni grandi: Dustin Hoffmann , Robert De Niro, Sylvester Stallone, Al Pacino e tanti altri.

Da Torino a Hollywood: la voce delle voci

I doppiaggi più celebri

Alcune frasi di certi film da lui doppiati, rappresentano un periodo importante della storia cinematografica del novecento: sono pezzetti di grande cinema. A mio parere, il miglior omaggio a questo grande artista del dietro le quinte, invisibile ma presente con le corde vocali come uno spettro buono del palcoscenico, è ritagliare qualche traccia del suo lavoro che è per noi, patiti dei buoni film, preziosa eredità orale.

  • “Con chi vi credete di fare la guerra? Io sono Tony Montana! State facendo la guerra a me! State facendo la guerra al numero uno!”

Tony Montana (Al Pacino), sfidando i nemici che lo imbottiscono di piombo, dopo essersi ingozzato con una montagna di cocaina alta come il Monviso. Scarface di Brian De Palma, 1983.

  • Ma dici a me? Ma dici a me? Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando, dici a me? Non ci sono che io qui. Di, ma chi con credi di parlare tu? Ah si?”

Travis il tassista (Robert de Niro), mentre fa pratica di violenza davanti allo specchio con le sue nuove sputafuoco. Taxi Driver di Martin Scorsese, 1976.

  • “Potevo ucciderli tutti. Potevo uccidere anche te. In città sei tu la legge. Qui sono io. Lascia perdere. Lasciami stare o scateno una guerra che non te la sogni neppure. Lasciami stare, lasciami stare.”

Il reduce furente John Rambo (Sylvester Stallone) premendo un coltellaccio sulla gola dello sceriffo di provincia, durante la battuta di caccia allo sbirro. Rambo di Ted Kotcheff, 1982.

  • “Qui contiamo le carte. Qui contiamo le carte. Qui contiamo le carte. Qui contiamo le carte. Allora il medico ti ha ordinato delle medicine?”

Raymond (Dustin Hoffman ), uomo sofferente di autismo, descrive ad una bella ragazza come si fa a saccheggiare Las Vegas. Rain Man – l’uomo della pioggia di Barry Levinson 1988.

  • “Io non sono un povero pezzo di merda, io sono meglio di tutti voi. Io imparo meglio di voi. Leggo meglio di voi. Ragiono meglio di voi e filosofeggio pure meglio di voi. E durerò più di voi. Ti credi che un pò di botte mettano fuori combattimento questo vecchio montanaro?

Max Cady (Robert De Niro), psicopatico assetato di vendetta dopo una rissa a colpi di spranghe e catene in un vicolo buio. Cape Fear – il promontorio della paura di Martin Scorsese, 1991.

  • “Loro vogliono incontrarsi con me vero? Quindi saremo io, Mc Cluskey e Sollozzo. Accettiamo l’incontro. Dì ai nostri informatori di scoprire dove lo vogliono fare. Bisogna insistere su un posto pubblico, un bar, un ristorante, qualunque posto, ovunque c’è gente, io sarò al sicuro. Quando arrivo loro due mi frugheranno, vero? Non potrò avere un’arma con me. Ma se Clemenza trova lui la maniera di farmi avere una pistola, lì, al momento giusto… io li ammazzo.”

Michael Corleone (Al Pacino) spiega ai suoi come risolvere un problema della famiglia. Il Padrino di Francis Ford Coppola, 1972.

Ferruccio Amendola doppiatore cinema italiano
Al Pacino

Ferruccio Amendola si è spento il 3 settembre del  2001 a Roma.

Oltre ad essere stato un esempio nel campo del doppiaggio, ha anche recitato in numerosi film nazionali. La tradizione di famiglia di lavorare nell’ambiente del cinema è continuata dal figlio Claudio, arcinoto attore italiano.

Ferruccio Amendola è stato senza dubbio uno dei più grandi maestri del suo campo. Con il suo talento straordinario è riuscito a dare una voce italiana alle stelle americane. Una voce sola ma dalle mille personalità differenti.

Federico Mosso

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende