Luciano De Blasi, cantautore torinese e fondatore del Collettivo “Minoranze D’Autore”

non si può rinunciare, almeno di questi tempi, anche se trattata ironicamente, come proviamo a fare. Inoltre per essere minimamente credibili, bisogna esporsi e rischiare un pò. Più semplice invece sputare invettive quando non si ha nulla da perdere.
<Dovresti dire gli errori che ci hanno segnato. Se c’è una cosa che si accumula nel curriculum delle band sono, scusami il termine, le “cazzate” che si fanno. Però sono servite parecchio. Tra gli altri momenti importanti, in primis la svolta acustica (usiamo il cajon al posto della batteria e, grazie soprattutto a quell’animale da palco che è di Frankie Pezzali, la differenza non si sente, anzi) dovuta più che altro alla strada, il nostro scoprirci zingari a poco a poco. E poi sicuramente il contatto con gli altri autori locali, il sodalizio con i Perturbazione, con Ilario Rosso. E il disco è stato un momento decisivo, con Contronatura abbiamo iniziato a far sul serio, anche se, a causa dei contenuti, non è facile farsi largo nei palinsesti radio e tv…del secondo videoclip non dico ancora niente ma sarà una bella sorpresa. Infine i progetti: continuare il contronatour, iniziato quest’estate. Ora le acque sembrano smuoversi quindi riprenderemo a girare. E poi forse, ma questa è un’esigenza più mia che della band, ritornare al teatro canzone>.

In qualità di cantautore ti farò la classica domanda: “Prima la musica o prima i testi?”
<Di solito prima viene l’idea, il desiderio di parlare di qualcosa in particolare. Da lì cerco di immaginare una frase chiave che riassuma il concetto e dargli una musicalità. Poi scrivo il testo. Infine spiego la mia idea melodica a Fabio Menegatti, mio chitarrista e coautore che, con la sua abilità compositiva, dà forma a quello che ho in testa e, spesso, lo migliora.Questa è la norma. Altre volte me ne sto sotto la doccia e di colpo, da chissà dove, arriva un ritornello pronto. Oppure, più facilmente, i troppi Fernet mi provocano delle splendide allucinazioni uditive.>
Questa grande passione per la canzone d’autore ti ha portato prima ad impegnarti in un progetto musicale con i Sui Generis e poi a confrontarti con l’esterno mi permetterei di dire trovando un terreno tanto fertile quanto arido e fondando il collettivo minoranze d’autore. Torino e la musica d’autore, quindi, nella storia ma ancora oggi!?
< E’ stata una dolce scoperta per me quando qualche anno fa mi sono affacciato alla scena cantautorale di Torino, abbandonando la tremenda provincia in cui sono cresciuto, e trovando, inaspettatamente, un calderone così vivo di artisti. Artisti giovani e interessanti, spesso davvero non banali.E allora mi è sembrato impossibile non provare a fare qualcosa tutti insieme, forse l’unico modo che un cantautore può avere di emergere dalla polvere del mercato discografico. Torino è viva più che mai: lo dimostra Minoranza d’Autore, lo dimostrano realtà come il Reset Festival o il Premio Buscaglione. Forse è arrivato il tempo di fondarla davvero una nuova scuola cantautorale torinese, un po’ come i cantacronache di più di 50 anni fa.>
Raccontaci il motivo per cui esiste il collettivo minoranze d’autore e quale sia la “mission” di questo progetto, quali possano essere i quotidiani ostacoli e quali i benefici.
< Cosa potevamo fare noi poveri cantautoracci se non cercare di aiutarci a vicenda, darci un “mutuo soccorso”? Abbiamo unito le forze per scambiare i contatti, generare collaborazioni artistiche, cercare di uscire dalle piccole realtà che ognuno si è creato. Finchè non ci si confronta con gli altri non si ha modo di capire quanto si vale, non si è critici. E solo da questo confronto possono nascere delle possibilità valide in questo periodo difficile per la canzone d’autore. Un tizio con una chitarra è solo un tizio con una chitarra. Il collettivo è qualcosa. Qualcosa che attira l’attenzione è che noi dobbiamo solo fare in modo sia degno di questa attenzione. Gli ostacoli sono generati dall’individualismo, del quale gli artisti (e mi ci butto in mezzo) sono affetti. Non è facile lavorare per gli altri anche se si sa che alla fine se ne avrà beneficio. Se questo beneficio non è immediato lo ignoriamo. Un po’ come nella politica e nell’economia d’oggi, in cui si tende al guadagno a breve termine e non si costruisce per il futuro. Però devo dire che i cantautori di Torino sono bravi e generosi e ce la faremo, giuro che non ci sarà bisogno di un governo tecnico in Minoranza d’Autore. Il cantautore è colui che scrive i propri brani, ma per i più ha ormai assunto una connotazione molto più caratteristica.. oserei dire quasi stereotipata. Quando si parla di cantautore si ha subito un’immagine ben precisa di messaggio, tipologia di stesura, immagine e stile musicale.>
<Tra i motivi più importanti che ci hanno spinto a fondare il collettivo ci sono proprio la grande varietà di stile, i differenti colori del linguaggio e del modo di porsi dei giovani musicisti torinesi. La figura del cantautore con vino e cappello ce l’abbiamo tutti ben presente, per carità. Anzi, spesso ci ricadiamo nostro malgrado, ma si cerca di buttarla in ridere. Forse l’attenzione per le parole non è propriamente un’attitudine dei nostri tempi, quindi i cantautori possono apparire un po’ retrò. Ma esistono dei trucchi. Quello che forse ci accomuna, all’interno del collettivo, è il tentativo di dare una veste nuova e brillante a testi importanti, qualcosa che li renda più fruibili, immediati, che abbagli tutti in qualche modo, già al primo ascolto. Poi chi avrà voglia approfondirà. E’ questo il cantautore del futuro?>cura di Dani C.