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1563: Torino è Capitale del Ducato Savoia al posto di Chambery

Da Simone Nale

Dicembre 18, 2020

Palazzo Madama Torino visto dall'alto

A distanza di 4 secoli ripercorriamo quelle che furono le vicende che cambiarono le sorti del Piemonte e dell’Italia stessa.

Il 7 febbraio del 1563, Torino diventava ufficialmente la capitale del rinato Ducato di Savoia.

Sotto il controllo, prima dei Franchi e poi della dinastia degli Arduini di Ivrea, la Torino del Medioevo era un libero comune.

Non a caso infatti, l’origine del ramo italiano di Casa Savoia è rintracciabile nell’unione spirituale tra Oddone, figlio di Umberto I Biancamano e Adelaide di Susa, figlia di Olderico Manfredi II, marchese di Torino e di Ivrea.

Proprio in quel frangente, nella prima metà dell’anno Mille, la città entrò sotto la sfera d’influenza dei primordiali Conti di Savoia.

I quali poi, nel XV secolo cominciarono a risiedere nella città transalpina di Chambery.

Ma Torino era ancora lontana dal diventare capitale del Ducato.

Castello di Chambery
Chambery

Il fautore della transazione del 1563 fu Emanuele Filiberto di Savoia

Figlio di Carlo Emanuele II di Savoia, detto “il Buono”, Emanuele Filiberto fu Duca di Savoia, Re di Gerusalemme e Governatore dei Paesi Bassi.

Nato nel 1528 a Chambery, dedicò tutta al sua vita al servizio militare.

Prima con il Sacro Romano Impero e poi, con la salita al trono del Ducato di Savoia, servì Filippo II di Spagna, nonostante l’inevitabile vicinanza alla Corte Francese.

In qualità di Generale dell’esercito imperiale spagnolo combatté durante le ultime fasi delle Guerre d’Italia del XVI secolo.

Da duecento anni ormai lo Stivale si era ridotto a campo di battaglia tra gli Asburgo (spagnoli e imperiali) e la Francia.

Ma con la vittoria nella Battaglia di San Quintino, Emanuele Filiberto riuscì a sconfiggere i francesi e a definire gli accordi che diedero fine ai conflitti in Italia.

Il Trattato di Cateau-Cambrésis del 1559 di fatto, impose alla Francia la restituzione del Piemonte (ad eccezione del Marchesato di Saluzzo) e della Savoia, all’omonima Casata.

Così il Ducato di Savoia era tornato alla normalità, ma bisognava voltare pagina.

Emanuele Filiberto decise che era arrivato il momento di abbandonare le aspirazioni in territorio francese, concentrando gli obbiettivi del Ducato verso l’Italia e il Piemonte.

Il primo provvedimento a dimostrazione di questa transazione, fu l‘imposizione del volgare italiano nei territori piemontesi, abolendo di fatto il francese a livello giuridico.

Ritratto Emanuele Filiberto di Savoia

Nel 1563, Emanuele Filiberto nominò Torino, capitale del Ducato sabaudo al posto di Chambery.

Il 7 febbraio di quell’anno, il Duca entrava a Torino con la popolazione in visibilio.

Si ritiene anche che lo spostamento della capitale venne festeggiato con la prima cioccolata calda della storia, a dimostrazione del legame indissolubile tra Torino e il dolce derivato dal cacao.

Comunque, al tempo Torino era una città giovane che contava poco più di ventimila abitanti.

Ma il neo Ducato di Savoia era ancora troppo debole per sfidare il Regno di Francia e gli stessi Marchesi del Monferrato.

Emanuele Filiberto si rese presto conto che, per quanto promettente fosse la Torino del tempo c’era ancora tanto su cui lavorare.

A discapito della bellezza, le prime delibere furono volte al potenziamento della difesa e dell’esercito.

Tra le prime, la costruzione della fortezza pentagonale della Cittadella insieme a nuove tasse per finanziare l’esercito.

In ambito giuridico invece, si decise di abolire l’utilizzo dei termini “guelfi” e “ghibellini” in modo da scongiurare gli scontri tra le fazioni.

Si promulgarono inoltre, nuove sanzioni pecuniarie, insieme al divieto di portare armi in città e nuove leggi contro delitti e omicidi.

Tali erano le necessità in campo militare, che Emanuele Filiberto non si preoccupò nemmeno di costruire nuovi palazzi e residenze.

Di fatto, il duca viveva e conduceva il governo sabaudo nelle stanze dell’Arcidiocesi di Torino.

Questi sacrifici aumentarono proporzionalmente la fama della città, con una notevole crescita demografica, oltre all’arrivo a corte di artisti e letterati provenienti da tutta Europa.

Torino ormai era lanciata verso il futuro.

Un futuro che l’avrebbe portata ad essere una delle città più all’avanguardia d’Europa, per poi diventare, nell’Ottocento, capitale del neo Regno d’Italia.

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Simone Nale

Laureato in Scienze Umanistiche della Comunicazione all'Università di Torino. Appassionato di storia della televisione e nuovi media