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“Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi”: il libro che gettò le basi della cucina regionale

Da Alessandro Maldera

Ottobre 06, 2018

La cucina piemontese è una delle più rinomate d’Italia. Piatti come il vitello tonnato, la cruda di fassona battuta al coltello, la bagna cauda, il fritto misto sono diffusi e amati un po’ ovunque. Ma forse non tutti sanno che la tradizione gastronomica della nostra Regione nacque da … un libro.

“Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi” venne pubblicato a Torino nel 1776, pubblicazione a cui seguirono numerose ristampe.Suddiviso in tre capitoli chiamati Doveri del maestro di Casa, Spiegazione per ordine alfabetico dei vari utensili di cucina, Istruzioni per ciascheduna stagione, è considerato il volume che pose le basi della cucina locale. Chi era il cuoco piemontese? Il suo nome non ci è pervenuto, alcuni frammenti della sua storia si: cuoco professionista, partì dall’ allora capitale del regno sabaudo alla volta di Parigi, città regina della novelle cuisine. Qui, il misterioso personaggio apprese i segreti dell’arte culinaria francese, fondata sui concetti di leggerezza, raffinatezza, equilibrio. Niente più spezie preponderanti, bando ai sapori dolci e salati insieme, a favore di gusti ben netti e meno elaborati. Meno forma, e più sostanza.

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cuoco-piemontese

Finito il periodo di formazione, il cuoco rientrò a Torino, dove iniziò a mettere in pratica i trucchi imparati in terra d’oltralpe. Per fare ciò, compì un fenomenale e a tratti faticoso lavoro di rielaborazione delle ricette francesi, eliminando quelle troppo lontane dalle usanze locali o semplicemente irrealizzabili sul posto. Sostituì, dove possibile, gli ingredienti originali con altri, facili da reperire e adatti al gusto piemontese: il vino bianco rimpiazzò lo champagne, le varietà di cipolle d’Ivrea e i cardi di Chieri furono prediletti, i tartufi neri del Périgord vennero accantonati a favore dei nostrani (e buonissimi) tartufi bianchi. Un esempio di menù dei tempi? “Due minestre: guarnita di cocomeri e minestra di coste col sugo collato di piselli verdi… quattro hors d ‘oeuvre: piedi di montone fracassati, nocetta di vitello nella cascia di carta, pasticci piccoli, melloni…”. Un modo di mangiare sicuramente lontano dalle nostre abitudini alimentari, ma dotato di un certo fascino.

Fu soprattutto l’ attenzione posta sui prodotti regionali a fare la differenza, segnando una sorta di pietra miliare nella storia della gastronomia piemontese e italiana in generale. L’accento sui particolarismi locali era una novità; si può quasi azzardare a dire che l’anonimo cuoco fu un precursore dei moderni movimenti legati alla filiera corta, Slow Food in testa.
E a proposito di Slow Food, nella sua sezione dedicata all’ editoria potete trovare anche questa antica chicca. “Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi” è infatti inserito nella collana AsSaggi (link http://www.slowfoodeditore.it/it/assaggi/il-cuoco-piemontese-perfezionato-a-parigi-.html).

Federica De Benedictis

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende