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C’era una volta il Quartiere Bertolla, con due L di Lavandai

Da Alessandro Maldera

Ottobre 29, 2014

La L, questa sconosciuta: eppure è proprio così, dovete credermi: si dice Bertolla, non Bertola.

A meno che non vi stiate esercitando con il piemontese. In quel caso siete sulla buna strada: Bërtòla.

Al nord della città, al confine con il comune di San Mauro Torinese, Bertolla con due L fa parte della Circoscrizione VI, la terza più popolosa di Torino.

A sud del quartiere Barca, si estende fino alle sponde del fiume Po che la delimita insieme al Torrente Stura di Lanzo e Strada San Mauro.

Bertolla è l’unico quartiere che vanta un’isola tutta sua. Anzi un isolone.

Nella parte meridionale del quartiere infatti, passa il canale derivatore AEM che taglia in due parti l’area formando appunto una grande isola in mezzo al Po detta Isolone di Bertolla.

C'era una volta il Quartiere Bertolla, con due L di Lavandai

L’isolone è una delle 12 aree protette del parco del Po torinese. Ed è anche una di quelle cose di cui son certa non eravate a conoscenza.

Vicino allo splendido – e ben più noto – Parco del Meisino, uno dei più grandi della città, l’Isolone Bertolla si trova, proprio come il suo quartiere, in un’ansa del fiume Po.

Sin dal 1983 sono state censite in questa zona più di 160 specie di uccelli, per lo più acquatici, che si alternano nel corso delle stagioni.

Unico esempio di garzaia urbana non solo della città ma di tutta Italia, è nota quindi come luogo in cui nidificano gli aironi cinerini, attratti dai bellissimi pioppi che colorano l’isolone.

Ma parlando del quartiere nord della città, oltre alla L, spesso ci si dimentica del suo nome antico: Borgata dei Lavandai.

Era proprio lì infatti – complice la vicinanza del fiume – che gli abitanti si guadagnavano da vivere lavando i panni per conto terzi.

La zona di Bertolla, caratterizzata da numerosi canali detti bialere che servivano d’acqua i vasti campi coltivati a mais o a foraggio per il bestiame, sfruttava la ricchezza dell’acqua e la possibilità di usare gli spazi di campagna come asciugatoi naturali

Tutto iniziò nel 1872 quando, mentre qualche chilometro più in là nascevano i Murazzi, fu distrutto il Borgo del Moschino, quello lungo le sponde del Po e vicino all’odierna piazza Vittorio, in cui lavoravano e vivevano lavandai e barcaroli.

L’abbattimento del Borgo, voluto per risolvere il problema dell’insalubrità cittadina, portò inevitabilmente al trasferimento dei lavandai nel quartiere Bertolla dove rimasero fino al 1935.

Fino al primo dopoguerra quindi, si potevano ammirare i “prati d’Bertola” cosparsi dei candidi teli, distesi al sole ad asciugarsi.

Proprio lì fu inoltre costituita la Lega dei lavandai, una cooperativa dedita alla preparazione della Fenice, un detersivo di uso comune ricavato impastando soda caustica, soda solvay ed oglina.

C’era una volta il Quartiere Bertolla con due L.

Fino a quando furono inventate le lavatrici elettriche e tutto finì.

Ma ai nostalgici che han voglia di un tuffo nelle acqua del passato ci pensa il gruppo storico “La lavandera ed ij lavandè ‘d Bertula” che dal 1997 promuove le tradizioni, i costumi e le usanze del quartiere ed ha allestito un museo, in Strada

Bertolla 113 in cui foto e materiale dell’epoca raccontano quella che fu l’attività dei lavandai.

Irene Perino

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende