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Maschera di Gianduja: la storia del Carnevale di Torino

Da Alessandro Maldera

Febbraio 26, 2014

La maschera di Gianduja rappresenta l’anima del Carnevale piemontese. La sua storia affonda le radici nel XIX secolo, quando due burattinai torinesi crearono questo personaggio così amato dal popolo. L’uomo incarna l’allegria, la generosità e l’amore per la buona tavola e il buon vino rosso del Piemonte.

Il connubio con il cioccolato Gianduja e la sua associazione con la Douja rendono questa maschera rappresentativa della cultura piemontese. Durante il Carnevale, Gianduja e Giacometta portano gioia e dolci nelle strade di Torino, mantenendo viva  l’allegria di questa festa così amata.

Chi è Gianduja?

L’enciclopedia Treccani definisce Gianduja “contadino rozzo di modi, di lingua arguta e di cuore generoso”. Mentre su Wikipedia le sue caratteristiche principali sono “allegro e godereccio, incarna lo stereotipo piemontese del galantuomo coraggioso, assennato, incline al bene e fedele alla sua inseparabile compagna Giacometta”. Dubitiamo che proprio tutti i piemontesi (quei pochi rimasti) siano come Gianduja, dei contadini rozzi di modi, con il naso rubicondo per il troppo vino. E soprattutto  con una fidanzata di nome Giacometta che va in giro con “una larga veste scura con lunghe maniche, mezzi guanti, ampia sottana, scialle di pizzo, grembiule fiorato, in testa una cuffia, ornata da un gran pizzo ovale”.

Ma siamo più che sicuri che tutti i piemontesi e coloro che si trovano a passare per Torino nel periodo di Carnevale conoscano il prode Gianduja.

Prode a ragion veduta. Perchè, se è vero che persino il suo nome deriva dall’ambiente etilico (Gioan d’la doja, Giovanni del boccale) e che le sue origini campagnole (Callianetto, nell’astigiano) non lo rendono proprio il modello del perfetto eroe romantico, il suo carattere  conquista tutti.

La nascita della maschera Gianduja

l personaggio di Gianduja è stato creato da due piemontesi, Gioacchino Bellone e Giovanni Battista Sales. I due burattinai, originari rispettivamente di Oja e Torino, ottennero un grande successo tra il popolo con le scenette interpretate dal loro burattino.

Tuttavia, a causa dei loro testi spesso polemici nei confronti delle alte cariche dell’epoca, i due creatori furono arrestati a Genova con l’accusa di ingiuria al doge ed espulsi dalla città. Anche a Torino, vennero presi di mira dal reverendo Baudissone, custode della morale cittadina. E quest’ultimo non solo li processò per lesa maestà nei confronti del fratello di Napoleone (si chiamava Gerolamo, come il primo nome dato al loro burattino, Gironi) ma li condannò anche a morte e li rinchiuse nelle Torri delle Porte Palatine.  Nonostante tutto, Sales e Bellone riuscirono a fuggire e a rifugiarsi a Callianetto, una frazione di Castell’Alfero.

Qui scrissero un nuovo copione e crearono il primo vero Gianduja, vestito con un giubbetto marrone, panciotto giallo, calzoni verdi corti, calze rosse, scarpe basse con fibbia d’ottone, parrucca con codino all’insù e la coccarda tricolore appuntata sul petto.

Da quel momento in poi, il burattino Gianduja divenne un simbolo che il potere ufficiale non poteva più ignorare. Grazie alla sua diffusione sui giornali satirici dell’epoca, Gianduja influenzò realmente i politici dell’epoca, contribuendo alla creazione di un’Italia unita.

Gianduja influenzò realmente politici del calibro di Cavour, Mazzini e Massimo d’Azeglio, promuovendo un’Italia unita a discapito dei giochi di potere del Parlamento Subalpino.

Gianduja, il contadino "ubriacone" che ha fatto l'Italia

Il carattere di Gianduja

Gianduja è un personaggio allegro, di buon umore e un po’ distratto. Si racconta che una volta abbia passato ore a cercare il suo somaro, senza rendersi conto che era seduto sopra di esso! Incarna lo spirito bonario e gioviale dei piemontesi, ed è amato per la sua generosità, ospitalità e amore per la buona tavola e il buon vino. Il suo aspetto è caratterizzato da un naso rosso, un pancione sporgente e un sorriso contagioso.

La storia di Gianduja e Giacometta

Gianduja non è mai solo, ma è sempre accompagnato dalla sua compagna Giacometta. Quest’ultima rappresenta il coraggio e la saggezza delle donne piemontesi. Il suo carattere è forte, saggio e intelligente, ma allo stesso tempo dolce e premuroso. I due personaggi formano una coppia perfetta, che si sostiene reciprocamente nelle avventure della vita.

Il costume di Gianduja

Il costume di Gianduja è una rappresentazione fedele dell’abbigliamento tipico dei piemontesi nel corso del XVIII secolo. Indossa pantaloni di fustagno marroni, calze rosse, un panciotto giallo e un cappello chiamato tricorno. In mano tiene sempre un boccale di vino, simbolo della sua passione per la bevanda. Sul petto porta una coccarda tricolore, che rappresenta il suo amore per l’Italia e l’unità nazionale.

L’eredità di Gianduja

Oggi, Gianduja e Giacometta non combattono più contro il potere politico, ma portano gioia e dolci durante le celebrazioni del Carnevale. La loro carrozza attraversa le strade di Torino, distribuendo gianduiotti, lecca-lecca e sorrisi ai bambini e a coloro che partecipano alla festa. Anche se il loro compito potrebbe sembrare meno importante rispetto al passato, Gianduja e Giacometta continuano a rappresentare la tradizione e l’allegria del Carnevale piemontese.

Il connubio tra Gianduja e il cioccolato

Non si può parlare di Gianduja senza menzionare il famoso cioccolato omonimo. Durante il Carnevale del 1865, a Torino, la maschera di Gianduja distribuì per le strade della città un cioccolatino fatto di cacao, burro di cacao, zucchero e crema di nocciola delle Langhe. Questo cioccolatino prende il nome proprio da Gianduja e diventa un simbolo della tradizione dolciaria piemontese. Ancora oggi, i gianduiotti sono molto amati e rappresentano un’eccellenza del made in Italy.

Douja d’Or: l’unione tra Gianduja e la Douja

Curiosamente, il nome Gianduja ha una connessione anche con un antico e panciuto boccale chiamato Douja. La Douja è un simbolo tradizionale del Piemonte e è entrata a far parte dell’immaginario collettivo regionale. Un esempio tangibile di questa connessione è la Douja d’Or, un concorso enologico che si tiene ogni anno ad Asti. Questo concorso, che celebra i vini piemontesi, rende omaggio sia a Gianduja che alla Douja, unendo così due importanti elementi della cultura piemontese.

Marco Parella

Articolo aggiornato il 24/12/2023

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende