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Banca Romana ed il terremoto finanziario: la storia si ripete

Da Alessandro Maldera

Settembre 02, 2013

francesco_crispi crisi finanziaria Regno d'Italia e banca Romana 1900

Politici corrotti, crack finanziari, indagini insabbiate, soldi, tantissimi soldi: sono gli elementi che hanno contraddistinto una delle pagine più lerce dell’economia nazionale.

E’ la vicenda del famigerato scandalo della Banca Romana che scosse gli assetti politici dell’Italia alla fine del XIX secolo.

LA storia della Banca Romana comincia nel 1870, quando Roma diventò la capitale del Regno d’Italia,, ma l’Urbe non era ancora adatta a fregiarsi del titolo di grande metropoli europea. La popolazione in poco tempo raddoppiò, da 200.000 anime si arrivò presto al numero di 400.000 persone. Servivano palazzi, strade più ampie, fognature decorose, strutture moderne, insomma era urgente un lavoro di radicale restyling urbanistico. Fu il terreno fertile per spregiudicate operazioni edilizie, per speculazioni, per palazzinari bulimici, per affaristi dal grande appetito, per ruberie e arraffi. Fiumi di denaro si muovevano tra gli istituti di credito; flussi che spesso erano incontrollati e sporchi.

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Ma il boom svanì come una bolla di sapone.

 Puff! Fortune che si sciolsero come neve ad agosto.

Puff! Imprese che crollarono come castelli di carte al vento.

Banca Romana ed il terremoto finanziario: la storia si ripete
Banca Romana ed il terremoto finanziario: la storia si ripete

La crisi edilizia investì tutto il giovane Regno e molte banche, direttamente coinvolte negli investimenti per la ristrutturazione delle grandi città, si ritrovarono con il sedere a terra, sofferenti di una gravissima mancanza di liquidità.

All’epoca chi poteva stampare cartamoneta erano sei banche autorizzate dal governo. Il principio dell’emissione di banconote era semplicissimo: l’istituto di credito autorizzato poteva stampare denaro in base a quanto oro possedeva nei suoi caveau secondo un preciso rapporto di sistema aureo (sistema gold standard).

Tra le sei banche che stampavano denaro c’era anche la Banca Romana, il cui governatore, Bernardo Tanlongo detto “Sor Bernà”, si distinse per una creatività finanziaria quasi comica.

La banca di Tanlongo, gottoso faccendiere romanesco, si trovò nei pasticci seri.

Banca Romana ed il terremoto finanziario: la storia si ripete

 Era un’istituzione creditizia marcia che sul finire degli anni ’80 dell’ottocento “vomitava” denaro a destra e manca: operazioni speculative, prestiti a politici e potenti, iniezioni di denaro a principi, duchi ed amanti degli stessi, regali e compensi a giornalisti, scribacchini, sbirri, questori, puttane, prelati, deputati, nel grande grasso sabba dell’avidità e delle abbuffate di abbacchio.

Burp! E con un rutto l’abbuffata finì.

La Banca Romana era stata autorizzata stampare banconote per 60 milioni di lire (238.240.000 euro circa di oggi) ma soffriva di un buco spaventoso. Tanlongo insieme al suo direttore generale, il manager dal nome molto azzeccato Barone Lazzaroni, ebbe allora il lampo di genio.

“Ahò, famone dell’artri.”

Banca Romana ed il terremoto finanziario: la storia si ripete

 60.000.000 erano le banconote ufficiali che i gentlemen della Banca Romana potevano mettere in circolazione.

Ma al termine di un’ispezione venne fuori che avevano stampato ben 113 milioni. Quasi il doppio, li “mortacci loro”.

Di notte, Sor Bernà, suo figlio e Lazzaroni, si portavano il lavoro a casa.

Sacchi di banconote realizzati in Inghiltera (sì con una sola r) che venivano autenticate con timbro e firma del governatore in cantina a lume di candela. Null’ altro che soldi falsi, una truffa da strada sfacciata e gigantesca, una valanga di carta igienica spacciata come oro.

L’entità della manovra finanziaria all’amatriciana era spaventosa: 53 milioni di soldi fasulli ovvero oltre 210 milioni di oggi, veri come la castità dei cardinali di allora.

E con grande allegria questi talleri di sughero circolarono tra le tasche bucate di alti funzionari, porporati, dame, conti e marchesi.

Banca Romana ed il terremoto finanziario: la storia si ripete
Banca Romana ed il terremoto finanziario: la storia si ripete

Lo scandalo però scoppiò nonostante gli sforzi dei governi di allora nel soffocare e nascondere la faccenda all’opinione pubblica. L’avevano fatta troppo grossa per essere occultata. Commissioni, ispezioni, gole profonde e inchieste alzarono il tappeto sotto il quale una montagna di immondizia era stata riposta.

Vennero fuori prestiti poco chiari e mai restituiti elargiti direttamente o attraverso prestanomi a statisti del calibro di Crispi e Giolitti, ambedue presidenti del consiglio che si erano alternati in quegli anni di crisi economica e sociale.

In Parlamento le sedute si accesero violente, specialmente nel gennaio 1893 dopo che le istituzioni avevano riconosciuto la palese irregolarità della gestione finanziaria della banda Tanlongo, finalmente messa dietro le sbarre.

Non si poteva più negare l’evidenza di quella cloaca maxima.

Troppi nomi eccellenti erano coinvolti, troppo denaro era impazzito, troppi documenti compromettenti erano spariti nel nulla, troppi interessi politici erano dietro quell’anarchia di carta e di avidità.

La vicenda dell’associazione a delinquere della Banca Romana ci dimostra che la storia italiana, ahinoi, ha il brutto vizio di ripetersi. Soprattutto quando si parla di denaro e di politica.

di Federico Mosso

 

 

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende