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Don Gnavi, un delitto che scosse Torino

Da Alessandro Maldera

Febbraio 17, 2012

Murazzi di Torino d'inverno

Un prete, un debito, il Po che tutto inghiotte e tutto restituisce, un giovane psicopatico e un’arguta portinaia. Sono gli ingredienti della storia che ha sconvolto Torino e che affonda le sue radici nel febbraio 1918.

In una Torino in cui arrivano gli echi della Grande Guerra un giovane di San Germano Vercellese, Pietro Balocco, affitta un appartamento al 19 di Contrada San Filippo. L’odierna via Maria Vittoria, nel centro storico della città.

Balocco viene visto più volte entrare e uscire dall’appartamento in compagnia di un sacerdote, al secolo don Guglielmo Gnavi. Un bel giorno però Balocco viene notato dalla portinaia uscire inspiegabilmente da solo.

Don Gnavi, un delitto che scosse Torino

Il prete in Contrada San Filippo non si vedrà più

Giuseppina, questo il nome della portinaia, inizia a nutrire qualche sospetto non fosse altro perché siamo in clima di guerra e anche le cose normali destano sospetti.

Il Balocco per di più viene visto uscire trainando una pesante cesta: particolare che si rivelerà decisivo solo in un secondo momento.

Manca ancora un ingrediente a questo giallo, di per sé già inquietante e questa volta è il fiume Po a fare il suo ingresso sulla scena. Un barcaiolo nota un pacco galleggiare nelle acque del fiume.

Da quell’involto spunta qualcosa che assomiglia molto ad una gamba umana. E’ l’ultimo tassello che manca nella mente di Giuseppina – una mente più da detective che da portinaia – per comporre il mosaico che è andato via via formandosi da quando quello strano giovane ha affittato l’appartamento.

Non senza una certa arguzia Giuseppina convince la proprietaria del palazzo ed un inquilino ad inscenare un finto sopralluogo nell’appartamento del giovane al quale viene raccontato di un piccolo guasto all’impianto di riscaldamento.

Entrati nell’appartamento e poi nel bagno i tre si trovano davanti uno spettacolo raccapricciante che Balocco cerca di motivare dicendo che aveva rovesciato del vino.

Ai tre improvvisati investigatori basta alzare il coperchio della cesta per trovarsi di fronte all’orrore.

Il disgusto si dipinge sui loro volti mentre il giovane si dà alla fuga.

La polizia lo bracca per settimane mentre i giornali chiamano già quel caso “L’omicidio del prete fatto a pezzi”. La fuga del giovane vercellese termina quando un passante lo riconosce grazie alle foto pubblicate sui giornali nonostante un’uniforme da militare usata come camuffamento.

L’infermità mentale è un concetto ancora poco familiare nelle aule di tribunale e Balocco viene condannato all’ergastolo. Pena da scontare all’interno del carcere Le Nuove di corso Vittorio Emanuele

Le ultime ombre vengono rischiarate proprio dal processo. Il Balocco aveva chiesto ed ottenuto dal sacerdote il prestito di circa 30 lire. Non sapendo come restituirlo aveva deciso di attirarlo in casa sua, ucciderlo e farlo a pezzi.

Solo non aveva tenuto conto dell’acume della portinaia e del fatto che il fiume Po, prima o poi, può anche decidere di parlare.

La Redazione di Mole 24

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende